breve di cronaca
Università indietro tutta
l Manifesto - 20-04-2003
Moratti cambia linea: un occhio alla laurea quinquennale e più potere al ministero


ROMA

Se qualcuno si fosse abituato al «3+2», il percorso universitario introdotto da neanche due anni dopo il varo della legge 509/99, torni indietro. Il ministro dell'istruzione Moratti ha avviato ieri le procedure per ridisegnare il volto dell'università. Si ricomincia, dunque, in nome, promette il ministro «di un'università di maggiore qualità e con maggiori opportunità nel mondo del lavoro». Il sistema proposto è quello a «Y», la parola chiave è «eccellenza». L'obiettivo è ritornare alla vecchia laurea quinquennale, con qualche passaggio selettivo in più. Questo, a grandi linee, il nuovo sistema: ci sarà un primo anno comune per ciascuna facoltà, e poi una biforcazione. Da una parte un biennio «professionalizzante», dall'altro un percorso «metodologico e di base». A orientare gli studenti, dice il comunicato del ministero, sarà l'ateneo. Ci sarà poi la laurea specialistica, ribattezzata «laurea magistralis», alla quale si potrà accedere «con il possesso della laurea sulla base di criteri definiti dagli atenei». Non c'è assicurazione, quindi, che la laurea specialistica sia aperta a tutti, come d'altronde non lo è già ora. Alla magistralis potranno accedere anche gli studenti in possesso dei diplomi universitari di durata triennale (Du). Le modifiche riguardano anche il ruolo del ministero, che torna a fare la parte da leone. Intanto, pare che le modifiche proposte saranno obbligatorie. Il ministro si premura solo di assicurare che «potranno essere recepite con tutta la gradualità necessaria». E non si tratta di un elemento da poco, visto che già la legge 509 prevedeva, a discrezione degli atenei, la possibilità di applicare un percorso a «Y». In secondo luogo verranno vincolate a livello nazionale le «attività di base e caratterizzanti» da un minimo di 50 a un massimo di 65 per cento dei crediti formativi. Ora, vengono definite a livello centrale il 50% delle attività. Adesso tocca alla Conferenza dei rettori, al Consiglio universitario, a quello degli studenti e al Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario esprimere un parere. Poi sarà la volta del Consiglio di stato e delle commissioni parlamentari. Un iter che richiede circa 180 giorni.

Bisognerà vedere, ora, come reagirà il mondo universitario dove è ancora in corso il dibattito sul «3+2». «Dopo tante voci e anticipazioni su stop o ritorni al passato, finalmente vedremo delle proposte. A prescindere del loro contenuto mi auguro che indichino una volontà di sostenere anche finanziariamente l'attuazione di una riforma estremamente impegnativa per le università e che non può essere realizzata a costo zero», osserva Cristiano Violani, componente del Consiglio universitario nazionale, che dovrà visionare le modifiche. Le reazioni non si sono fatte attendere anche sul fronte politico. I senatori dei Ds Chiara Acciarini e Luciano Modica (ex presidente della Crui) dicono: «Si tratta dell'ennesima controriforma, che avrà più l'effetto di distruggere che di costruire. Le università in questi anni hanno compiuto uno sforzo straordinario, il rischio è che alla fine sia gli studenti che i docenti concludano che è inutile impegnarsi per cambiare le cose». Bocciatura anche da parte di Rifondazione comunista: «Le modifiche si inseriscono in un quadro di controriforma complessivo, che mira a smantellare il sistema pubblico e a spingere sempre di più gli interessi dei privati all'interno dell'università», dichiara Titti De Simone. Contrari anche gli studenti dell'Unione degli universitari: «Ma di quale mercato del lavoro parla, il ministro? Una persona iperspecializzata è condannata alla precarietà, e non a un inserimento dignitoso nel mondo del lavoro».

CINZIA GUBBINI
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