La guerra, la pace, la scuola e le nuove generazioni
Vittorio Delmoro - 07-04-2003
Negli ultimi due anni ho parlato di guerra con i miei alunni di seconda e terza elementare solo due volte : la prima qualche giorno dopo l’11 settembre 2001, la seconda il 20 marzo di quest’anno (il giorno dopo l’inizio della guerra all’Iraq).

La prima volta è stata più una curiosità verso il loro modo di percepire la mostruosità dell’evento che ha lasciato tutti a bocca aperta; mentre la seconda è stata l’espressione di una mia rabbia interna, che per puro caso proprio quel giorno si coniugò col livore provocatomi dal mio Dirigente, intenzionato ad emanare una circolare con cui vietare agli alunni della mia scuola di correre liberamente.

La mia scuola, come tante, aveva naturalmente esposto (e pure costruito in proprio) le bandiere arcobaleno da mesi ed alcune classi avevano pure svolto attività specifiche sulla pace (e sulla guerra), ma io me ne ero astenuto per una duplice remora : il timore di influenzare anzitempo le loro giovani menti e sensibilità (un rischio da cui deve sempre guardarsi un estremista come me) e l’aridità di alternative da proporre loro per rendere più efficace e consistente un’educazione alla pace concreta e quotidiana.

In questa seconda occasione mi ero spinto fino a suggerire ai miei alunni di scrivere direttamente a Bush e Saddam le cose che stavano dicendomi, suscitando una scandalosa paura di essere a loro volta soggetti ai bombardamenti dell’uno e al terrorismo dell’altro.

Devo dire ancora che da quel giorno e dopo aver inviato in posta elettronica (in lingua inglese, con l’aiuto della maestra specialista) i due messaggi ai temuti leader, sono rientrato nella consegna del silenzio, astenendomi pure dal commentare le frequenti esternazioni del mio alunno più informato e brillante conoscitore di tutta la situazione, tendenti ad esaltare la forza di Bush e ad esecrare il cattivo Saddam.

Sono stato preso da una specie di sconforto, molto simile a quello generato dall’approvazione di una controriforma, osteggiata dalla stragrande maggioranza del mondo scolastico; nonostante che si metta in campo e si renda molto visibile un’opposizione sostanziale e numericamente preponderante (alla guerra, alla controriforma), lorsignori (Bush, Berlusconi) continuano imperterriti sulla strada decisa da tempo, incuranti di qualunque opposizione.

La cosa peggiore (e la causa dello sconforto) non sta tanto nella sconfitta : ho alle spalle una vita di sconfitte politiche! Quanto nel non intravedere alternative praticabili, che non siano una pura testimonianza o l’erezione di una barricata sulla quale vendere cara la pelle.

Resta, è vero, l’educazione; la possibilità di costruire insieme a queste giovani menti percorsi molto diversi da quelli che si attendono Bush e Berlusconi, ma sono progetti troppo lontani, soprattutto per me che ho davanti solo pochi anni prima della pensione (almeno spero! Non vorranno scipparmi pure quella!).

In più devo far mia quell’amara constatazione fatta da una professoressa nel corso di un’assemblea : quelli che hanno votato Berlusconi sono stati sui nostri banchi di scuola… , che se presa alla lettera indurrebbe a lasciare la professione per manifesto fallimento.

Poi si è riaccesa una luce.

Mi è giunta qualche giorno fa una e-mail di quelle che circolano a mo di catena di Sant’Antonio, senza fini di lucro però : invitava prima di tutto me e poi altri miei contatti telematici ad usare da oggi in poi solo benzina non appartenente ad alcune compagnie americane; l’effetto non sarebbe stato solo un coerente boicottaggio d’immagine, ma anche una sensibile diminuzione del prezzo di tutte le benzine, con sollievo per le tasche di tutti, se la cosa fosse stata praticata da milioni di persone.

Tutto logico e ineccepibile all’apparenza, ma di poco sollievo per me che consumo pochissima benzina ed odio usare la macchina.

Solo che quel messaggio ha messo in moto un ragionamento e questo ragionamento ha ridato vigore alle mie aspettative di educatore : la politica ha i suoi tempi (le elezioni sono lontane e forse Berlusconi recupererà tutto il terreno e i voti perduti finora); la controriforma partirà inesorabilmente e più che difendere i nostri fortini dall’assalto dei lanzichenecchi non potremo fare; la guerra prima o poi finirà e prima o poi ne comincerà un’altra (alla Siria, all’Iran, …) senza che le piazze ricolme possano fare più di tanto; il terrorismo colpirà qui e là più o meno come sta facendo da tanto tempo (non solo dopo l’11 settembre) e ogni volta dovremo chiederci in cosa abbiamo sbagliato, se ci odiano così tanto; la pace resterà un orizzonte da conquistare…

Ma in un panorama come questo, in cui la globalizzazione fa strage di diritti (oltre che di natura e di persone), noi occidentali stiamo diventando sempre di più dei consumatori, spostando la produzione dei beni nel terzo e quarto mondo, dove costa tutto di meno; con la nostra tecnologia produciamo dunque progresso e ci paghiamo il benessere sulla pelle e il lavoro degli altri; i nostri stipendi (senza esagerare, beninteso!) ci permettono l’acquisto delle famose Nike per i nostri figli a cento e più volte il prezzo pagato a chi le ha costruite, beneficiando col surplus (una volta si definiva plusvalore…) prima di tutto i proprietari (di denaro e tecnologia) e poi tutta quanta la società occidentale cui pure noi apparteniamo.

Ma se ci rifiutassimo di acquistarle, quelle Nike? E se ci rifiutassimo di acquistare un qualsiasi prodotto pagato dalla globalizzazione? Se acquistassimo (magari pagando un po’ di più) solo le merci prodotte dal commercio equo e solidale?

Un’idea non nuova, ma stimolate dal mio punto di vista di educatore.

Questo sì che lo posso fare! Far diventare i miei alunni degli effettivi consumatori di prodotti non globalizzati; far loro rifiutare le marche pubblicizzate; appiccicare a quelle attraenti etichette che fanno tendenza, amicizie, simpatie tutto il sangue di cui grondano.

I bambini sono molto sensibili a queste cose e anche molto tenaci, se convinti : potrebbero davvero incidere sui consumi di tutta la famiglia!

Da domani andrò a scuola con sulle labbra quel sorriso che da troppo tempo si era spento : i nuovi orizzonti appaiono più vicini e le nuove generazioni meritano la nostra fiducia.
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 eliana    - 13-04-2003

Ciao !

Stessi pensieri, stesso atteggiamento: che ci abbiano clonati ?

Per me, insegnante all' estero, (e se dio vuole l' anno prossimo finisco questa esperienza) un pochino più difficile: ho in classe il figlio dell' ambasciatore...... ti lascio tutte le illazioni del caso e saranno certamente quelle giuste !

Ho fatto, scherzando coi ragazzi, una scommessa: prima o poi ci faranno vedere una foto in cui la faccia di qualche ragazzino iracheno sorride contenta mentre stringe nella mano una bottiglia o una lattina di Coca Cola.

Vuoi scommettere anche tu ?

Hanno già cominciato a distribuire cioccolata (nel deserto !!!) ed i miei pensieri vanno alle immagini degli scugnizzi napoletani della seconda guerra mondiale: do you remember ?

Ci siamo cuccati da sempre l' immagine di Babbo Natale, frutto di un' imponente campagna pubblicitaria americana della Coca Cola appunto, tanto che i colori dello stesso personaggio riflettono i colori base della bevanda: io, che cattolica non sono, sono passata da anni al culto del presepe con la scusa della ricostruzione d' ambiente e territorio di un fatto storico realmente avvenuto e con il recupero delle immagini dei bellissimi presepi napoletani, tradizione italiana e blah, blah, blah.... ma è inutile, gli americani ci sanno fare con la pubblicità: e questa è un' altra guerra sottile che spesso viene persa...dai jeans......alle Nike.... alle anoressiche Barbies.....

E la mia mente ritorna a quando, prima di entrare nella scuola presa da furore didattico ed amore incondizionato ( amore che continua nonostante i tradimenti subiti nel corso di tutti questi anni che "ciò" un paio di corna alte così...), lavoravo allegramente e ben pagata in una ditta di indagini motivazionali di mercato; straordinario ed interessante lavoro in cui il grande fratello della ricerca pubblicitaria già da allora spiava le nostre mosse con l' aiuto di studiosi di chiara fama.......(alcuni di loro oggi occupano una cattedra di psicologia e/o di pedagogia in qualche nostra università, olè !).....

Ma è passata una milionata di anni e sto divagando, lasciamo perdere ......

Però lasciami divagare ancora un po': la mia mente va al Sud America, dove ho insegnato per 4 anni e dove ho avuto l' opportunità di toccare con mano la reale povera povertà di gente che vive dei nostri rifiuti, cercando nella spazzatura giorno dopo giorno, affannosamente ciò che noi buttiamo via e poi penso al costo di ognuno di quei missili che osano (osano !) chiamare intelligenti: il costo di uno solo di quei missili basterebbe per sfamare gran parte della popolazione di uno qualunque di quei paesi: si potrebbe scegliere quale, nel nome del "faro della democrazia mondiale" com' ebbe a dire Bush subito dopo il crollo delle torri gemelle, e qui potrei piantarti una concione che andrebbe avanti per le calende ma, se la pensiamo uguale, è superflua. Mi piacerebbe tanto organizzare una visita d' istruzione per i nostri alunni ma risulterebbe troppo cara, visto i costi aerei e le difficoltà che incontrerebbero i nostri alunni..........

Vabbeh, gli ultimi due pensieri sono troppo lunghi, lo ammetto, ma se fai finta che sia stato scritto da García Marquez (come dico spesso ai miei ragazzetti), andranno benissimo: non ho voglia di rileggerli, maestro !

Un carissimo saluto e, con gli stessi pensieri tuoi (che non ci scippino la pensione, ma me lo aspetto), tirem innanz....... forse, prima o poi, ci ascolteranno.......

eliana