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Non sanno
Il Manifesto - 03-04-2003
Credo o voglio sperare che buona gran parte dell'opinione pubblica americana non sappia quasi nulla degli orrori della guerra irachena, che non capisca, che sia tenuta all'oscuro come avvenne per lungo tempo con la guerra del Vietnam. Penso che si fidi dei suoi dirigenti e delle nobili motivazioni patriottiche e missionarie di cui è rivestita questa sordida impresa. Non saprà e non vedrà quel reparto di maternità sventrato a Baghdad, vive sotto censura e autocensura, non posso pensare che sia esaltata e insensibile a una simile tragedia imposta a un'intera popolazione. Nelle guerre minori che hanno preceduto questa invasione preventiva un ospedale sventrato per errore era ancora un effetto collaterale che suscitava rammarico e anche scandalo. Adesso, giorno dopo giorno, le stragi di civili si intrecciano ai combattimenti, rimbalzano da una città all'altra, la morte innocente scende nelle fosse e lastrica i pavimenti negli ospedali. Vecchi donne bambini vengono elencati in lugubre litania.
Non sono più effetti collaterali ma è il tessuto naturale di una guerra di occupazione territoriale. Non useremo mezze misure, hanno detto, ma se anche la strategia deliberata non fosse di annichilimento, per ragioni di opportunità politica, essa scivola tuttavia su un piano inclinato che non conosce freni. Il crimine è ingrediente quotidiano e diventa assuefazione.
Si avvicina con queste premesse la battaglia di Baghdad dove si concentrano 7 milioni di abitanti martoriati e esasperati. Una corrispondente locale informava ieri che sono decisi a combattere per la loro città e vita e dignità contro uno straniero che entra nelle loro case, ma se anche non fosse così che altra sorte li aspetta, se non di morire passivamente sotto il fuoco incrociato dei combattimenti?
Tremo quando leggo e ascolto i titoli dei giornali o i commenti televisivi che attendono speranzosi l'assedio e l'occupazione della capitale irachena come felice conclusione della guerra. Ma lo scenario annunciato è quello di un bagno di sangue di cui non abbiamo memoria recente. Dopo il quale già è stato detto da chi se ne intende che la guerra non finirà ma proprio da quel momento comincerà.
No, l'opinione americana non sa nulla ed è questa l'unica carta, più forte delle corazze dei carri e delle esplosioni dei cruise, che ancora permette al presidente americano questo scempio. Su tutti gli altri fronti ha già perso e l'immagine della democrazia americana ne uscirà non offuscata, che già lo è, ma squalificata, l'immagine di una democrazia molto malata e massimamente infettiva.
Se prima era odiata, cosa sarà adesso? Se prima quest'odio era immotivato e ingiusto, adesso sarà ancora immotivato? Che cosa diventerà, in che altro sentimento esacerbato si tradurrà? Non stiamo seminando vento ma morte e già raccogliamo e raccoglieremo molto più di una tempesta.

LUIGI PINTOR
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