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I Fisici contro la guerra
La Repubblica - 01-04-2003

Mobilitazione all´Università per dire no al conflitto. Niente occupazioni, ma seminari con professori.
Gli studenti: "Nel nostro Ateneo si fanno ricerche per la Nato"


«I FISICI hanno conosciuto il peccato, il nostro sapere non va in guerra». Uno striscione di otto metri, scritto a mano, lungo la cancellata dell´istituto Augusto Murri annuncia che nel dodicesimo giorno di bombardamenti sull´Iraq sono scesi in campo i futuri scienziati. L´istituto di Fisica, uno dei centri della rivolta studentesca del ´68, poi quasi scomparso per 35 anni dalle cronache studentesche, leva la sua voce contro le bombe e la guerra.
A modo suo, però. Con un´intera giornata di dibattiti in aula magna sull´uranio impoverito, le risorse energetiche, l´energia nucleare. Professori in cravatta alla cattedra, lucidi, diapositive proiettate alla lavagna, duecento studenti che prendono appunti. Qui non ci sono manifesti, lezioni sospese come è successo per qualche giorno a Scienze Politiche. Non ci sono lezioni "no stop contro la guerra" come ogni giorno in via Zamboni 38, o simboli della pace come quello che i ragazzi di Lettere hanno tracciato in piazza Verdi. Non sale in cattedra Dario Fo come accadrà domani alle 16 in Santa Lucia, quando il premio nobel porterà in scena brani dello spettacolo «Ubu Bas va alla guerra» aggiungendo una specialissima lezione di pace alle iniziative promosse dalla sinistra giovanile in diverse facoltà.
A Fisica non si fermano le lezioni. Antonino Zichichi, per esempio, legge e poi entra istituto senza neppure affacciarsi in aula magna. Dentro, in nel gran teatro della didattica, però, c´è una dozzina di docenti. E qualcuno la lezione è venuto a farla qui, per dire che è contro le bombe. Compaiono anche formule chimiche, è vero. Ma è la molecola del gas nervino mostrata solo perché è quasi identica a un pesticida. E i grafici vengono proiettati per concludere che «la scienza non deve essere asservita». Per ricordare, come fa Antonio Palazzi, docente di chimica ed esponente dell´«Unione degli scienziati per il disarmo», che «due terzi dei fondi della ricerca vengono investiti per sviluppare apparati militari». Di più: che «mezzo milione di scienziati lavora per produrre armi». O per ascoltare Marco Cervino, ricercatore del Cnr, che con una dozzina di amici ha dato vita al gruppo di scienziati e scienziate responsabili dopo che tutti quanti avevano respirato al G8 di Genova i lacrimogeni e scoperto che contenevano un gas tossico, di uso bellico, vietato. Quel giorno decisero di darsi da fare.
Anche questa, insomma, è una lezione speciale, «contro la guerra». Ci tiene a ripeterlo Simone Vecchi, dello spazio studentesco che chiede una mobilitazione generale «contro l´uso della scienza per scopi militari perché anche nel nostro Ateneo si fanno ricerche per la Nato» e propone «un tavolo contro la guerra e l´uso bellico del scienze con studenti e docenti della facoltà». Un modo serio «per dire comunque no al conflitto ingiusto e infondato in Iraq» sottolinea un altro ragazzo, Carlo Liberto.
I fisici, però, sono vaccinati. Perciò, mentre fanno sentire la loro voce accanto agli studenti delle altre facoltà, ricordano il loro "peccato". Lo stesso di cui parlò Robert Oppenheimer che guidò il progetto Manhattan per creare le atomiche sganciate sul Giappone nel ´45.

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