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Colpisci e terrorizza
Il Manifesto - 31-03-2003
questa mia breve nota, vorrei ragionare solo di parole. Ma anche le parole pesano, e contengono intenti che possono o non possono (come in questo caso mi augurerei) avverarsi. Tutti sappiamo che il nome dato dal Pentagono all'attuale guerra illecitamente intrapresa contro l'Iraq e' "Shock and Awe", tradotto in italiano con un "Colpire e Terrorizzare", che non restituisce appieno la sinistra complessita' della locuzione originaria, in tutti i suoi nessi semantici che sembrano alludere a nuove modalita' di concepire sia il dominio che gli strumenti da mettere in campo per il suo raggiungimento.
"Shock and Awe" nasce come concetto strategico elaborato nel corso di dibattiti e ricerche collettivamente condotte all'interno della Ndu, la National Defense University, per poi trasformarsi in un libro pubblicato nel dicembre 1996, pubblicizzato e raggiungibile su Internet in modi cosi' semplici che perfino un'analfabeta come la sottoscritta riesce a metterci le mani sopra. Curato da Harlan K. Ullman e James P. Wade con il contributo di vari coautori, Shock & Awe porta il seguente sottotitolo: Achieving Rapid Dominance, che tradurrei, senza alterarne il senso, come Metodo rapido per conquistare il dominio.
Almeno quanto al sottotitolo, il testo sembra dunque condividere una certa aria di famiglia con tutte quelle valanghe di manualetti che pretendono di istruire il lettore sulle vie piu' semplici e brevi per eliminare balbuzie o eiaculazioni precoci, diventare manager d'impresa, insomma: avere un successo nella vita che sia immediato e senza costi. Contiguita', travasi tra l'uno e l'altro genere sono comunque all'ordine del giorno, articolandosi all'interno di un discorso che fa della guerra senza spargimento di sangue il modello generale di riferimento. Ad esempio, persino in Italia (lo so per notizia diretta) tra i giovani manager rampanti ha furoreggiato e continua a furoreggiare il riferimento a un libretto, diventato ormai cult in questi ambienti: quell'Arte della guerra di Sun Tzu, che e' anche il pilastro su cui si sono costruite le retoriche di Shock & Awe, con i relativi tentativi di traduzione pratica nella guerra attuale. Ma quanto di "reale", e quanto di "irreale" (nel senso di ideologico) soggiace in questo nuovo Tao, che da cammino lungo e pacifico verso il dominio interiore promette di trasformarsi in cammino breve e violento verso ben altri domini? L'interrogativo e' aperto. Il dramma sta sotto i nostri occhi.
Ma veniamo alle tecniche messe a punto e suggerite per la rapida e incruenta (sic!) ottimizzazione dei risultati. Il concetto sta proprio nel titolo: Shock & Awe, che e' molto restrittivo tradurre con un "colpisci e terrorizza". Il piano di battaglia cosi' chiamato "punta sulla distruzione psicologica della volonta' del nemico piuttosto che sulla distruzione fisica delle forze militari".
Traduco sempre da Internet, Cbs News, del 27 gennaio scorso, che cosi' continua: "'Vogliamo che la piantino. Vogliamo che non combattano', dice Harlan Ullman, uno degli autori del concetto Shock & Awe che si basa sull'uso di un gran numero di armi di precisione teleguidate. In questo modo otterrete un effetto simultaneo, abbastanza simile a quello delle armi nucleari utilizzate a Hiroshima, e senza impiegare giorni o settimane, ma in pochi minuti".
Massiccio e simultaneo, l'attacco Shock si rappresenta come una forma di esercizio bellico, apparentemente nuova e inedita. Ma il suo crudo riferimento a Hiroshima ci indica anche continuita' di pratiche e di discorsi persino in una strategia bellica, come la attuale, che a parole nega la realta' degli effetti di morte per puntare invece sulle conseguenze di annientamento psicologico del nemico.
Esibizione di forza allo stato puro, lo Shock implica dunque sia l'attacco che le sue conseguenze. Terribile e sovrumano non puo' che produrre sovrumani terrori. Awe significa appunto questo: non spavento, paura, timore o terrore nelle rispettive designazioni psicologiche. Allude piuttosto ad altri concetti, e piu' precisamente a quella categoria del "numinoso" su cui, a suo tempo, Rudolph Otto scrisse pagine ormai classiche che analizzano il carattere ancipite del sacro, nelle sue correlate dimensioni di fascinans e di tremendum (R. Otto, Il sacro, Feltrinelli).
Vale la pena di riconsiderarle, per quanto attiene al nostro caso. E' proprio da un esempio bellico tratto dall'Antico Testamento - "Io mandero' davanti a te il mio terrore e mettero' in rotta ogni popolo presso il quale arriverai" (Esodo, 23, 27) - che Otto ci illustra il significato della locuzione: emat Jahveh, il "terrore di Dio".
"E' un terrore saturo di intimo raccapriccio, quale nessuna cosa creata, non la piu' minacciosa, nemmeno la piu' potente, riesce ad istillare. V'e' in esso qualcosa di spettrale". Di difficile traduzione, per restituire il senso del termine "l'inglese ha awe, che nel suo significato piu' profondo e tecnico si avvicina molto da presso al nostro significato".
Se questo e' il genere di "terrore sacro" che l'impresa Shock & Awe si prefigge di provocare, sento a questo punto la necessita' di suggerire una breve riflessione. Non mi sembra tanto stupefacente il fatto che il linguaggio bellico possa ricorrere a commistioni con quello biblico - non sarebbe certo il primo esempio nella cultura americana. Inquietante - molto inquietante - e' piuttosto la concezione del potere che si dichiara espressamente nel testo- base dell'attuale ideologia del Pentagono: una Dominance che si pretende capace di trasformare la violenza in Sacro, capace dunque di legittimarsi come Sacra Violenza che, attraverso la produzione dell'Awe, arroga a se' il diritto di ogni decisione unilaterale in fatto di guerra o di democrazia.

Clara Gallini
Antropologa
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