Oggi parliamo di guerra.
Giuliana De Tata - 25-03-2003

Sebbene ogni giorno la lezione di Geografia sia inevitabilmente condotta sul filo dell’informazione (modello giornalistico:dove, chi, quando, perché, come) che elaborata individualmente diventa formativa, in questi giorni tocca parlare di guerra ad ogni piè sospinto. Non che non ne voglia parlare, ma quanto è difficile parlarne asetticamente, in maniera impersonale, da manuale pedagogico, nel rispetto delle sensibilità individuali, tante quanti sono gli allievi, della correttezza dell’informazione ( ma quale giornale o telegiornale o comunicato stampa può avere il crisma della verdidicità?) e per giunta senza nulla togliere alla programmazione didattica in corso di svolgimento!
Del possibile conflitto e degli scenari internazionali che si andavano prospettando , avevo già parlato continuamente, trattando dell’Asia con i ragazzi di quarta (istituto tecnico commerciale), trattando di sistemi economici e di tirannidi con i ragazzi di quinta, parlando di importazioni di petrolio con i ragazzi di terza: ogni occasione( leggi tema in corso di trattazione) è buona per parlare di argomenti che afferiscono all’attualità ed inevitabilmente al vissuto personale.
Quando è scoppiata la guerra, tuttavia, non ho avuto la volontà ( o la forza?) di parlarne.
Avrei dovuto spiegare:

  • che gli adulti non si sanno mettere d’accordo, non sanno dar senso al dialogo e quando le parole segnano il passo dell’incomprensione reciproca, mostrano i muscoli e giù botte da orbi;
  • che gli organismi di cooperazione internazionale, quelli di cui avevo esaltato le funzioni tese al mantenimento della pace e degli equilibri tra i popoli, sono state esautorate dai loro compiti;
  • che ho sbagliato tutto nel delineare loro il passaggio dal bipolarismo del secondo dopoguerra al multipolarismo di cui sono (?) espressione i G8, perché di fatto oggi siamo di fronte al polarismo ,di una sola nazione emergente;
  • che le emergenze ambientali dalla dimensione globale, come l’effetto-serra, le piogge acide o il buco nell’ozono, hanno cause spesso locali e localizzabili (incendio dei pozzi petroliferi da parte di Saddam ( l’aveva già fatto alla fine della Guerra del Golfo,perché non avrebbe dovuto ripetere la bravata?);
  • che i fattori del sottosviluppo , che vado continuamente sbandierando loro come sinonimo di disparità socio-politico-economica, con l’ausilio di grafici, tabelle, carte tematiche è tutto lì concretizzato e materializzato nelle facce esaltate degli iracheni vittime del delirio dittatoriale di Saddam, nella polvere ingoiata dai marines e dai reporter,negli occhi di quel bimbo ustionato da una bomba americana, nella sterpaglia lungo le sponde dell’Eufrate, nell’equipaggiamento sbrindellone dei soldati iracheni,nel fatto di non avere né luce né acqua a disposizione a Bagdad, ma di poter bruciare petrolio per annebbiare gli occhi ai bombardieri nemici….


Che racconto: la mia angoscia?

Mi viene stranamente in mente una lezione di didattica ( o di vita?) del Professor Corradini, tanti anni fa,in cui per la prima volta sentii parlare di “edupsa”,strano arzigogolo didattico in cui sono sintetizzati i valori più alti a cui una formazione degna di questo nome dovrebbe ispirarsi : educazione alla pace,allo sviluppo,all’ambiente.
Collego il tutto alla decisione del dirigente scolastico della scuola dove insegno di non consentire agli allievi del Comitato Studentesco di esporre la bandiera della pace inviata loro dal Vescovo della Diocesi, perché il Consiglio d’Istituto è favorevole alla guerra…e l’animo si smarrisce .
Timidamente Giovanna, occhi bassi di sedicenne riflessiva, mi fa: ”Professoressa, avete visto, c’è la guerra”, poi alza gli occhi e senza dire altro, mi chiede di dar voce alle sue paure, alle ansie dei compagni, a previsioni future. L’angoscia si scioglie e comincia la lezione, non quella che avevo programmato, ma una nuova, nata all’impronta e governata dal cuore. Il racconto delle vicende belliche si muove sulle carte tematiche, il commento delle azioni umane si colora dei comportamenti dei popoli, le scelte dei politici si tingono dell’asetticità delle decisioni di chi può, la voce del pontefice si illumina della sapienza del vecchio leone, le speranze per il futuro si rafforzano della volontà delle scelte consapevoli a ricucire gli strappi ed a riconoscere a tutti i popoli della terra a tutte le culture pari dignità, e in special modo pari diritti all’autoderminazione, quale unica via per lo sviluppo. Aleggia nel dibattito acceso e partecipato, lo spettro dell’oppressione del Nord opulento sul Sud eternamente in via di sviluppo, ma la lezione è chiara : il passato insegna che errori del genere non sono più ammissibili, se c’è voglia di futuro.
San Tommaso affermava: ”la pace non è virtù, ma è frutto di virtù”.
Temevo una lezione …di guerra: i miei ragazzi hanno costruito una lezione di pace!!!:
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 francesca ianniello    - 01-04-2003
Continuiamo ad educare alla pace,nonostante tutto.....nonostante la cecità del Consiglio d'Istituto,nonostante le finestre mute,nonostante i paletti del programma e quant'altro.
I "fuori programma" dettati dalla forza dell'amore in ciò che si crede,dalla consapevolezza di essere educatori,dal saper intuire attraverso atteggiamenti o semplici affermazioni dei nostri ragazzi la volontà di capire e di discutere sono la risposta più valida all'indifferenza e all'ignavia che appantanano la vita.