Una bella sconfitta!
Francesco Di Lorenzo - 17-03-2003
La scuola, con l’approvazione di questa riforma, ha perso molto. Moltissime delle idee nelle quali abbiamo creduto, e per le quali abbiamo combattuto e poi vissuto e agito nella scuola, sono state pesantemente sconfitte. Questa è la verità, diciamocelo con franchezza. Io non credo che oggi, le persone che sono entrate nel fare scolastico con in testa le idee e le convinzioni di Don Lorenzo Milani possano gioire. (Senza contare i molti che sono diventati insegnanti proprio per onorare l’impegno del prete scomodo). Ma, forse, non è questo il problema.
In pratica questa non è una riforma. Una riforma era già in atto nelle cose da qualche anno, addirittura da qualche decennio. Qui c’è un ritorno indietro direttamente agli anni cinquanta. Si cancella il poco o molto di buono che si era fatto. Prendiamo solo un esempio, minimo, ma pur sempre significativo. In un’epoca in cui il gruppo, la dimensione duale, il pensiero e l’intelligenza collettiva hanno, o dovrebbero avere, una forte connotazione culturale (ancora di più in ambito scolastico), si deprime quello che era un timido esempio, una cauta apertura: i moduli nella scuola elementare. Bene, tre insegnanti su due classi, una dimensione collettiva senza gerarchie, viene eliminata non tenendo conto che appena qualche anno fa tutti gli insegnanti interessati sono stati chiamati a discutere gli effetti della riforma ( davvero una riforma). E i risultati, oltremodo soddisfacenti, pur evidenziando tutte le difficoltà dovute all’innovazione, stanno nelle carte ministeriali.
Qui, quindi, il problema è essenzialmente culturale. Molti di noi sono cresciuti nella convinzione che l’istruzione dovesse essere veramente di tutti, senza distinzioni. Quante discussioni sul perché anche negli istituti tecnici non si potesse e dovesse insegnare anche la filosofia. E sul perché i testi di letteratura dovessero essere facilitati per chi frequentava l’istituto professionale. E intanto anche la pedagogia istituzionale aveva, come dire, aperto le porte dell’interesse ad una scuola pluralista, non selettiva per censo e provenienza. Una scuola che si liberava dall’incubo di ratificare le disuguaglianze che la società provvedeva a fare. Io credo che sia proprio questo l’incubo di una parte della società e di chi ha messo in piedi questa riforma.

Non ho nessuna intenzione di entrare nello specifico, perché altri lo hanno fatto su Fuoriregistro meglio di me, ma risalta che in tutto l’articolo 2 della riforma, quello che spiega il “sistema educativo di istruzione e formazione con l’osservanza di principi e criteri direttivi”, in tutti segmenti di scuola, che sono quelli che ci sono ora e che c’erano negli anni cinquanta, non si parli, tra i principi che pure si dettano a piene mani, mai ma proprio mai di educazione alla diversità e alla interculturalità. È fin troppo semplice dire che siccome questi qui vivono negli anni cinquanta, il problema ancora non esiste, infatti verrà fuori con veemenza da lì a qualche anno.
Detto questo e fatte le dovute lamentazioni, che fare?
Prendere atto della sconfitta culturale è un primo passo. Dopodiché bisogna agire.
Come conclusione una storiella inventata ( sperando di non offendere nessuno).
“ Qualche anno fa un partito progressista e di sinistra dell’arco costituzionale aveva un milione e mezzo di iscritti. Un sociologo ci pensò un po’ sopra e poi scrisse che se tutti questi iscritti, oltre che andare tutte le sere nelle sezioni a parlare, discutere, litigare su quello che si dovesse fare per far avanzare la società, si fossero impegnati nelle organizzazioni lavorative, dando il proprio contributo di idee e di creatività nel senso auspicato nelle discussioni, ci sarebbe stata nella società italiana una spinta in avanti così forte e un’accelerazione della democrazia tale da far superare parecchi ostacoli”.


interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Anna Pizzuti    - 16-03-2003
La tua storia "inventata" caro Francesco, mi fa ripensare ancora una volta, dolorosamente, ai miei colleghi dell'Istruzione professionale, tutti, non solo quelli della mia scuola.
Ogni volta che ne ho conosciuti, nelle commisioni d'esame, nei corsi di aggiornamento, nelle riunioni, ero incantata dalla loro specificità, dall'entusiasmo, dalla preparazione. Naturalmente con le eccezioni che si possono immaginare. Ma l'impressione generale era quella.
Non so che tipo di sollevazione mi aspettassi, che tipo di risposta. Ma certo non mi aspettavo che non ce ne fosse nessuna, o quasi.
La mia spiegazione è che ciascuno spera di risolversi il problema a livello personale. La mia delusione è che, contrariamente a quanto avevo creduto, non c'è idea della difesa istituzionale, della difesa di un valore. Che non è solo funzione sociale, ma è proprio un valore formativo, per un tipo di ragazzi che poi saranno genitori a loro volta. E cittadini e lavoratori.
Se senti quel sociologo, chiediglielo che spiegazione dà lui di tutto questo.

 Gianni Mereghetti    - 17-03-2003
Non è la legge delega che sconfiggerà la scuola, ma se si rimarrà ancorati a posizioni ideologiche.
Sarà una bella sconfitta se un clima di scontro ideologico verrà introdotto nelle aule scolastiche, non lo sarà se invece da posizioni diverse si lavorerà perchè al centro della scuola vi sia la persona e la sua libertà: quella dello studente, quella dell'insegnante e quella del genitore!
Io è a questo che voglio lavorare!