breve di cronaca
La Riforma Moratti approfondisce le disuguaglianze sociali
Orazio Amboni - 15-03-2003
Non mi sembrano condivisibili alcuni toni eccessivamente ottimistici che hanno accompagnato sulla stampa, anche locale, l’approvazione definitiva della Riforma Moratti.

È possibile verificare anche a Bergamo quali potrebbero essere gli effetti concreti dei due principali contenuti della riforma: la più rigida divisione tra formazione professionale e il resto della scuola superiore (Licei) e l’anticipazione di quattro mesi dell’avvio alla scuola (compimento del requisito dell’età al 30 aprile invece che al 31 dicembre) che comporta la formazione di classi con bambini che avranno fino a sedici mesi di differenza.

Gli altri aspetti della riforma sono decisamente secondari o perché già oggi praticati (ad esempio la lingua straniera e l’informatica) o perché già possibili con l’autonomia scolastica.

La scelta di rendere più rigida la separazione tra il sistema dei Licei e il sistema della formazione professionale, che hanno percorsi diversi e durata diversa, non fa che confermare e approfondire le divisioni sociali già oggi largamente esistenti. Ho fatto personalmente un sondaggio tra i dirigenti scolastici di istituti professionali della nostra provincia per avere la conferma di quello che già tutti sappiamo: la stragrande maggioranza, se non totalità, di alunni dell’istruzione professionale proviene da famiglie economicamente e soprattutto culturalmente deprivate. In alcune scuole è anche stata fatta una approfondita ricerca (autovalutazione di istituto; disponibile anche in internet) su quanti libri e giornali entrano nelle case degli alunni, su quanto si legge in famiglia. Ebbene, nella quasi totalità dei casi la risposta è zero libri, zero giornali; gli unici libri entrati in famiglia sono i libri di testo scolastici. Inoltre in queste scuole sono concentrati gli alunni con gravi difficoltà di apprendimento, gli alunni disabili, gli alunni che vivono in comunità e sono stati tolti alla famiglia con provvedimento del Tribunale.

Ben diversa, lo sappiamo tutti, è la situazione all’estremo opposto, ai Licei, dove confluiscono gli alunni di famiglie più motivate culturalmente e più disponibili a sostenere le spese di un percorso di studi più lungo.

Questa realtà non è solo quella degli istituti professionali bergamaschi; la recentissima ricerca di Antonio Schizzerotto (Vite ineguali; ed. Il Mulino) conferma questi dati a livello nazionale.

Ebbene, di fronte a queste rilevanti differenze, che si ripercuoteranno in tutta la vita, anche in altri campi come il lavoro, la carriera o la scelta del coniuge (è sempre la ricerca di Schizzerotto a confermare questi sviluppi), non sarebbe più giusto pensare a modelli di organizzazione scolastica che cercassero di avvicinare le opportunità, di ridurre le distanze, di premiare il merito individuale invece che la nascita? E invece no, con l’anticipazione della scelta circa la prosecuzione degli studi non fa che confermare e rendere definitiva la traiettoria di vita decisa dalle condizioni sociali di nascita.

Ed è certamente ipocrita contrapporre a queste osservazioni (documentate e verificabili in tutte le scuole bergamasche, per non parlare dei Centri di Formazione Professionale) la possibilità, solo teorica, di passaggio da un sistema scolastico all’altro. Le “passerelle” sono solo in discesa: nel sondaggio da me realizzato tra i presidi bergamaschi ho potuto verificare che nessuno ricorda casi di passaggio verso Licei; c’è qualche caso di passaggio all’interno del settore industriale, dall’istruzione professionale a quella tecnica ma i passaggi sono comunque pochi e solo verso il basso, verso la formazione professionale regionale che in questo sistema continuerà ad essere la Cenerentola mentre una sua collocazione al termine dei percorsi di studio obbligatori o a fianco degli ultimi anni del quinquennio avrebbe consentito davvero un rilancio di questo settore di cui c’è così bisogno.

Anche per l’anticipazione della scolarità possono valere in gran parte le stesse osservazioni: se ne avvarranno soprattutto i ceti sociali medio alti facendo pagare danni psicologici ai bambini e alle bambine per cui l’ossessione genitoriale dell’adultismo infantile significa privazione del diritto di vivere con serenità la propria età.

C’è poi, meno importante ma va ricordato anche questo, il problema della mancanza di strutture. In un recente incontro con l’assessore all’istruzione del Comune di Bergamo, ci è stato fatto presente che non ci sono spazi, non ci sono aule, ci sono già oggi lunghe liste di attesa per la scuola materna. Sarà impossibile, a Bergamo, gestire l’anticipazione dell’obbligo. Almeno all’interno della scuola pubblica.


Orazio Amboni

Segreteria CGIL Bergamo

Bergamo, 13 marzo 2003.


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 Gianni Mereghetti    - 15-03-2003
Carissimi,
la vostra minaccia di guerra alla riforma Moratti è certamente legittima, ma non mi pare ragionevole. Oggi la scuola ha bisogno d’altro che di essere lacerata da un conflitto ideologico, come quello che voi intendete portare dentro i diversi contesti scolastici avvelenandone il clima. La scuola, quella reale, ha bisogno di adulti e giovani che a partire dalla loro libertà si mettano a costruire positivamente, facendo di ogni aula scolastica lo spazio di un’avventura umana e culturale.
Oggi, più che riproporre dentro ogni scuola lo scontro ideologico che ha caratterizzato il dibattito parlamentare, è urgente che siamo noi, che ogni giorno entriamo in classe, a prenderci la responsabilità di creare la scuola nuova. Se c’è una cosa che tutti insieme dovremmo chiedere è che il governo, dopo aver disegnato la riforma nei suoi elementi strutturali, ci metta ora nelle condizioni di esserne i protagonisti: noi insegnanti, assieme a genitori e studenti!
Sarebbe un grave errore una riforma della scuola di destra, come del resto di sinistra, la questione seria della scuola è che diventi l’ambito in cui tutte le identità abbiano la libertà di esprimersi, e così di istruire e di educare. A questo dobbiamo lavorare e potremmo farlo insieme, se facessimo prevalere sulla logica partitica quella del bene degli studenti.
Per questo deponete le armi di una guerra inutile e distruttiva per prendere gli arnesi della libertà e dell’educazione, così che si possa costruire una scuola al cui centro vi siano insegnanti, famiglie e studenti, e non regole che prescrivono o buoni comportamenti o teorie didattiche.
Oggi la possibilità che la scuola sia costruita dai suoi soggetti reali c’è! Buttarla a mare per una questione ideologico-politica sarebbe un gesto di grave irresponsabilità nei confronti delle speranze delle nuove generazioni.
Vi ringrazio per l’attenzione.


 ilaria ricciotti    - 16-03-2003
Non so chi sia il signore che ha scritto il commento a questo articolo, ma ho letto in altre circostanze che lui nutre un'immensa fiducia in questa riforma. Al contrario, ciò che da molte parti d' Italia si sta sostenendo in merito ad essa ne rafforzano i suoi giudizi negativi. La riforma Moratti è una con-tro-ri-for-ma, che "approfondisce le disuguaglianze sociali", non garantendo a tutti gli studenti il diritto allo studio. Essa inoltre favorisce la scuola privata e non certo quella pubblica; non è in linea con le società moderne e con l'Europa. Per non parlare poi dell'ingresso anticipato dei bambini a cinque anni e mezzo e dei numerosi tagli che verranno fatti nei confronti del personale.

Che scuola quindi sarà mai questa?
Una scuola nera,
o una scuola in festa?
Una scuola della vera autonomia,
o una scuola che tende a cacciar via?
Una scuola aperta al mondo,
o una scuola a tutto ton-to?
Una scuola della Costituzione,
o una scuola dell'inconciliazione?
Questa scuola morattiana,
è una scuola dove si suona la campana...
a morto naturalmente.