Per commentare quello che scrive giustamente e a ragion veduta Ilaria, dovrei potere sputare fuori il timballo che ho sullo stomaco. Avrei voluto cominciare io giorni fa questo discorso ma avrei dovuto raccontare così come vorrei dire a tutti, quello che c’è da sottolineare, ma specificatamente volendo rivolgermi a coloro che affermano che i giovani non hanno voglia di lavorare, che non vogliono staccarsi dalle loro radici familiari, che il lavoro devono inventarselo. Li vedo i giovani che iniziano attività lavorative in proprio e che dopo tre, quattro, sei mesi chiudono battenti dopo avere attinto alle riserve della famiglia che pazientemente aveva risparmiato qualche avere. Quale volontà può avere un giovane che è costretto a lavorare per qualche centinaio di euri al mese per dodici, quattordici ore al giorno, senza essere assicurati, senza speranza di migliorare il proprio salario. Stare a lavorare in un negozio dove si incassano anche milioni, essere costretti a rimanere anche fino a dopo l’orario di chiusura per soddisfare i clienti che proprio dopo l’orario si lasciano prendere dallo sfizio di visitare il negozio, tutto questo dal lunedì alla prima metà della domenica. Certamente non tutti i lavori sono così, ci sono quelli che non vengono retribuiti puntualmente alla scadenza del mese, o quelli che non vengono proprio pagati perché in prova. Allora si tenta di andare al nord, si cerca un posto dove abitare, ma gli appartamenti se si trovano sono inaccessibili per il costo e quando sarebbero accessibili spremendo il limone, non si riesce ad averli perché occorrono le garanzie. Quali garanzie può dare un giovane in cerca di lavoro? Si ripiega sui posti letto, 200 o 300 euri al mese senza contare magari altre spese, finalmente si trovano lavoretti da fare, fastfood? Pazienza, si però in prova, il tanto che basta per mettere il giovane nelle condizioni di abbandonare e all’azienda di non pagargli i giorni lavorati perché in prova, I lavori nelle aziende ci sarebbero ma le richieste prevedono la conoscenza di abilità ed esperienze che un giovane al primo impiego non ha. Ci sarebbe tanto da dire. La mia esperienza personale è di un figlio che lavora al nord dopo essere stato buggerato un paio di volte, di una figlia che anche lei ha lasciato la famiglia in cerca di lavoro e che anche lei è stata buggerata una volta pochi giorni fa con il lavoro in prova. Potrei raccontare tante cose avendo tre figli in età di lavoro e una studentessa, ma potrei dire altrettanto di molti conoscenti, dei nostri fallimenti, così come potrei dire di famiglie che con i legami politici fanno poker con il lavoro. Allora cortesemente mi rivolgo a chi blaterando vende fumo ai giovani e alle loro famiglie, non propagandate come abilità del governo le nuove leggi sul lavoro, sono solo espedienti per favorire le industrie e il commercio ai danni dei giovani che non sono al rimorchio del carrozzone politico. E’ per questo che si vuole mettere mano all’articolo 18, per costringere con il ricatto il lavoratore ad accettare salari più bassi e condizioni di lavoro precarie. Sono aspetti molto sottili che bisognerebbe affrontare articolando i perché e i come possono avvenire queste cose.
Allora alle condizioni che ho appena appena accennate, visto che c’è una miriade di condizioni vessatorie dei datori di lavoro verso i lavoratori che sono inimmaginabili per la gran parte dei ben pensanti, vi chiedo: come fate a dire che i giovani non hanno voglia di lavorare? Perché affermate che i giovani non vogliono lavorare fuori dal loro luogo di residenza? Quante pensate che siano le famiglie che si possono permettere il lusso di mantenere i propri figli fuori casa mentre cercano un lavoro che poi permetta di sopravvivere? Gradirei proprio che chi afferma queste cose sui giovani mi indichi la strada giusta per trovare la soluzione.
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