Mobbing: è in arrivo una legge (forse)
Grazia Perrone - 26-02-2003
Forum Mobbing
23 febbraio 2003

La Commissione tecnico scientifica guidata dal Prof. Michele Piccione, [1] istituita, sul finire dello scorso anno dal ministro della Funzione Pubblica (Frattini), per lo studio del fenomeno mobbing e per fornire una proposta di carattere normativo da sottoporre al giudizio del Parlamento, ha terminato – poche settimane fa – il suo lavoro ed ha presentato all’attuale Ministro per la Funzione Pubblica una bozza di legge che riporto, integralmente, in basso. E’ una legge importante perché - per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico – definisce il mobbing, indica i soggetti ai quali spetta la prevenzione, la vigilanza e – ultimo ma non meno importante - disciplina il percorso per riconoscere i malanni «correlati» allo stress da abuso di potere di capi e “capetti”. La bozza licenziata dalla Commissione scientifica arriva - con notevole ritardo - a colmare una lacuna già rilevata dall'Unione europea, che all'Italia aveva chiesto la formulazione di questa legge entro ottobre 2002. Il testo proposto, oltre a fornire una definizione giuridica del mobbing, ne regola l'attività di prevenzione e di controllo, individuando quattro figure di riferimento. Le prime tre sono rappresentate dagli “attori” naturali, ovvero:
- il datore di di lavoro;
- il lavoratore;
- il «medico competente» ad accertare i «disturbi correlabili a violenza morale o psichica» sul lavoro.
Il quarto soggetto “agente” individuato nella bozza di legge apporta una novità assoluta rispetto al passato poiché assegna al «rappresentante per la sicurezza», in quanto responsabile della sicurezza a 360 gradi sul posto di lavoro, l’incarico di vigilanza per prevenire le situazioni mobbizzanti e/o segnalarle alle autorità competenti. Il testo - che passerà ora all'esame del Governo – inoltre, introduce (ma questa è una prassi comune nella legislazione europea) i «centri pubblici o istituti specializzati» regionali dedicati alla diagnosi dei disturbi causati dal mobbing. Sono le strutture sanitarie che possono diagnosticare «patologie stress correlate» agli abusi, sulla base di un protocollo di valutazione unico, «uniforme a livello nazionale, valido da Udine a Palermo», come sottolinea (in una nota diffusa, nei giorni scorsi, dalla stampa nazionale) il Prof. Piccione titolare di Psichiatria all'università La Sapienza di Roma e presidente della commissione governativa voluta da Franco Frattini per redigere il testo di legge antimobbing.
Sono due gli aspetti giuridicamente rilevanti che mi preme sottolineare:

· il primo (art. 4) che stabilisce la (…)”Nullità degli atti o patti riconducibili a violenza morale o psichica in occasione di lavoro (…)”

· il secondo (art. 5, c.1), strettamente correlato al primo, che esplicita le modalità del ricorso al «giudice del lavoro» territoriale che, a cinque giorni dalla richiesta del lavoratore, con la diagnosi del centro medico regionale per il mobbing, convoca le parti e decide.

Dal sito Gilda


[1] In merito alla Commissione tecnico-scientifica istituita dal ministro Frattini consulta il link Mobbing e legislazione: eppur si muove! nella rubrica NoMobbing del sito Gilda.

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Commissione di analisi e studio sulle politiche di gestione delle risorse umane e sulle cause e le conseguenze dei comportamenti vessatori nei confronti dei lavoratori.

BOZZA di LEGGE CONTRO LA VIOLENZA MORALE O PSICHICA IN OCCASIONE DI LAVORO (MOBBING)



Art.1

Finalità e campo di applicazione

La presente legge stabilisce i principi fondamentali per la tutela di lavoratori e lavoratrici contro la violenza morale o psichica in occasione di lavoro.

Agli effetti delle disposizioni di cui alla presente legge si intende per:
a) violenza morale o psichica in occasione di lavoro: atti, atteggiamenti o comportamenti di violenza morale o psichica in occasione di lavoro, ripetuti nel tempo in modo sistematico o abituale, che portano ad un degrado delle condizioni di lavoro idoneo a compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore;
b) diagnosi di sindrome correlata: diagnosi che, in base al protocollo di cui all’allegato I, soddisfa le seguenti condizioni: riscontro di un’anamnesi positiva per violenza morale o psichica in occasione di lavoro; accertamento di disturbi fisici o psicopatologici o psicosomatici o del comportamento, diagnosticati secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità; l’essere tali disturbi conseguenza della violenza morale o psichica in occasione di lavoro, anche in presenza di patologie preesistenti.
3. Ai fini e per gli effetti della presente legge, si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modifiche, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nella presente legge.
Art.2
Attività di prevenzione
Il datore di lavoro:
a) valuta i rischi relativi alle situazioni di violenza morale o psichica in occasione di lavoro a norma dell’art. 4, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modifiche;
b) adotta, in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, le misure organizzative e gestionali necessarie ai fini della prevenzione delle situazioni di violenza morale o psichica in occasione di lavoro, ivi comprese apposite regole di comportamento, tenendo conto anche dell’esigenza di promuovere condizioni di pari opportunità; ne richiede l’osservanza da parte dei singoli lavoratori e permette ai lavoratori di verificarne l’applicazione mediante il rappresentante per la sicurezza;
c) prende, in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, per il caso di individuata situazione di violenza morale o psichica in occasione di lavoro, appropriati provvedimenti al fine di garantirne la pronta cessazione;
d) assicura che ciascun lavoratore e rappresentante per la sicurezza riceva una formazione specifica e adeguata in ordine ai rischi relativi alle situazioni di violenza morale o psichica in occasione di lavoro e alle misure adottate per la prevenzione delle predette situazioni.

2. I lavoratori osservano le misure organizzative e gestionali adottate dal datore di lavoro ai fini della prevenzione delle situazioni di violenza morale o psichica in occasione di lavoro.
3. Il medico competente, fatti salvi gli accertamenti sanitari di cui all’art. 17, comma 1, lettere b) e i), del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modifiche, effettua, su richiesta del lavoratore, in collaborazione con i medici specialisti di cui all’art. 17, comma 2, del predetto decreto, l’accertamento di disturbi correlabili a violenza morale o psichica in occasione di lavoro e ne comunica l’esito allo stesso lavoratore.
4. Il rappresentante per la sicurezza:
a) promuove l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione delle situazioni di violenza morale o psichica in occasione di lavoro;
b) segnala immediatamente al datore di lavoro le presunte situazioni di violenza morale o psichica in occasione di lavoro individuate nel corso della sua attività e, qualora ritenga che non siano presi provvedimenti idonei, può informare i centri di cui all’art. 3, se istituiti, e i servizi di prevenzione e protezione dell’Azienda Sanitaria Locale territorialmente competente.
Art. 3
Centri regionali per la diagnosi e la terapia dei disturbi correlabili a violenza morale o psichica in occasione di lavoro –
Livelli essenziali delle prestazioni
1. Per la diagnosi e la terapia dei disturbi correlabili a violenza morale o psichica in occasione di lavoro, il lavoratore interessato può rivolgersi ad appositi centri pubblici o istituti specializzati di diritto pubblico che le Regioni possono istituire o utilizzare.
2. I centri di cui al comma 1 sono interconnessi a livello nazionale; impiegano mezzi e sistemi idonei anche per i portatori di handicap; utilizzano personale specificamente formato e dedicato; prevedono adeguate figure professionali e necessariamente le seguenti: medico legale, medico del lavoro, psichiatra, psicologo clinico o del lavoro. Ai fini della formulazione della diagnosi, il centro può avvalersi di altre figure specialistiche convenzionate.
3. All’esito degli accertamenti svolti, i centri di cui al comma 1 comunicano al lavoratore interessato una delle seguenti diagnosi: sindrome correlata, sindrome non correlata o sindrome allo stato non sufficientemente correlabile.
4. In caso di diagnosi di sindrome correlata, il centro può assicurare direttamente o indirettamente la terapia al lavoratore.

Art.4
Nullità degli atti o patti riconducibili a violenza morale o psichica in occasione di lavoro
1. E’ nullo qualsiasi patto od atto riconducibile a violenza morale o psichica in occasione di lavoro.
Art. 5
Azioni in giudizio
1. Ferma restando l’azione ordinaria, il lavoratore affetto da sindrome correlata diagnosticata a norma dell’art. 3, comma 3, della presente legge, può ricorrere al tribunale in funzione di giudice del lavoro competente per territorio.
Il giudice adito, nei cinque giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, qualora ritenga fondato il ricorso, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo ordina al datore di lavoro la cessazione degli atti, atteggiamenti o comportamenti pregiudizievoli, adotta ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti e stabilisce le modalità di esecuzione della decisione. L’efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il giudice competente definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo.
2. Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti, opposizione avanti alla medesima autorità giudiziaria competente per territorio, che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni dell’art. 413 e seguenti del Codice di procedura civile.
3. Nel giudizio di opposizione il lavoratore può proporre azione di risarcimento danno conseguente a violenza morale o psichica in occasione di lavoro.
4. Il datore di lavoro che non ottempera ai decreti, di cui ai commi 1 e 5 del presente articolo, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione, è punito ai sensi dell’art. 650 del Codice penale.
5. Nel caso dei rapporti di lavoro di cui all’art. 3 del t.u. 30 marzo 2001, n. 165, il ricorso deve essere proposto al tribunale amministrativo regionale competente per territorio, che provvede in via d’urgenza con le modalità di cui al comma 1. Contro il decreto che decide su ricorso è ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti allo stesso tribunale, che decide con sentenza immediatamente esecutiva.
6. Qualora venga presentato ricorso in via d’urgenza ai sensi del presente articolo, non trovano applicazione l’art. 410 del Codice di procedura civile e l’art. 65 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Art. 6
Liquidazione equitativa e riparazione del danno
1. Il giudice liquida ogni danno conseguente a violenza morale o psichica in occasione di lavoro, ivi compresi il danno biologico e il danno esistenziale anche in modo disgiunto.
2. Nei casi in cui la pubblicità della decisione di merito può contribuire a riparare il danno, il giudice, su istanza di parte, ordina, a cura e spese del soccombente, che il provvedimento sia pubblicato, mediante inserzione per estratto, in uno o più giornali, di cui uno almeno a diffusione nazionale.

ALLEGATO I
Protocollo valutativo di patologia stress correlata a violenza morale o psichica in occasione di lavoro

1. Valutazioni cliniche:
- Anamnesi (familiare; patologica remota; patologica prossima)
- Anamnesi occupazionale
- Sintomatologia
- Anamnesi sociale (amicizia; tempo libero; eventi di vita; conciliazione vita/lavoro)
- Risorse
- Futuro
- Farmaci
- Esame obiettivo e specialistico
- Esame psichiatrico e psicologico.

2. Valutazione psicodiagnostica:
- Alterazioni dello stato di benessere indotte dalle situazioni di violenza morale o psichica in occasione di lavoro
· Alterazioni dell’equilibrio socioemotivo
· Alterazioni dell’equilibrio psicofisiologico
· Alterazioni del comportamento.
- Strumenti di rilevamento soggettivo:
· Questionario per la rilevazione della violenza morale o psichica in occasione di lavoro (R. Gilioli e collaboratori)

· Questionario sullo stress da lavoro (medicina del lavoro di Helsinki)

· Questionario di personalità – MMPI 2 (forma intera)
· Test di dinamismo mentale – Matrici progressive di Raven
· Test proiettivi – Il reattivo di disegno di Wartegg
· Questionario dei disturbi soggettivi (M.G. Cassitto e coll.)
· Questionario del tono dell’umore – Mood scale.
L’esecuzione del protocollo non può avvenire in meno di tre giorni e deve effettuarsi preferibilmente in regime di day hospital.







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