Gli storici ed il poeta
Anna Pizzuti - 24-02-2003
Venerdì 21 febbario il Corriere della Sera, in uno speciale, intitolato “Le lezioni della storia” ha posto a dieci storici – cinque statunitensi e cinque europei - questa domanda: “L’attacco a Saddam libererà il mondo da un dittatore come la guerra mondiale del 39 contro Hitler o scatenerà i nazionalismi arabi, come la crisi di Suez del 56?”

E’ una lettura interessante, per molti aspetti anche curiosa. Intanto perché la differenza di continente non implica differenze nelle posizioni. E poi, perché la maggioranza degli intervistati rifiuta paragoni tra la situazione attuale e gli avvenimenti storici che vengono richiamati. Come a negare, implicitamente e dall’interno, da chi la conosce bene, i luoghi comuni della storia che si ripete o che è “magistra vitae”.

Come a dare ragione al poeta.

Cominciamo dai paragoni che si sono sentiti più di frequente negli ultimi tempi: Saddam come Hitler e i pacifisti come Francia ed Inghilterra a Monaco

Il segretario agli Esteri. Jack Straw, è tra coloro che guardano agli errori del passato per giustitcare l’attuale atteggiamento contro l’ lraq. Si ripeterebbe, dice, la disastrosa politica della pacificazione degli anni 30 se non dovessimo agire ora contro SaddamQuesta non è che un’interpretazione tendenziosa della Storia.
A sostenerlo è Ian Kershaw, professore di Storia moderna presso la SheffiheId University (leggi)

Sono appeasers, arrendevoli pacificatori, alla maniera dell’ex primo ministro britannicoNeville Chamberlain, coloro i quali oggi mettono in guardia da una guerra in Iraq? Saddam Hussein è un tiranno crudele, non un secondo Hitler ? - si chiede Heinrich Winkler che insegna Storia contemporanea alla Humboldt-Universitat di Berlino – e rispondeNel 1991, nella seconda guerra del Golfo, ha dovuto subire una sconfitta, che ne ha ridimensionato la capacità di aggressione.A differenza di Hitler, non è «programmato» al suicidio. Se non verrà aggredito, le armi di distruzione di massa difficilmente verranno usate. (leggi)

Dello stesso parere sembra essere Nicola Tranfaglia, professore ordinario di Storia contemporanea all’Università di Torino
E’ difficile paragonare lo stallo attuale con altre crisi che hanno scosso il secolo scorso.E’ accaduto di sentir parlare del pericolo di una nuova Monaco o ancora di una sconfitta delle potenze europee (in quel caso furonò la Francia e la Gran Bretagna) paragonabile a quella che si verificò nel 1956 subito dopo la nazionalizzazione del canale di Suez da parte dell’Egitto di Nasser. Ma, nell’uno come nell’altro caso, ci troviamo di fronte a ordinamenti internazionali profondamente diversi dall’attuale (leggi)

E Paul Kennedy professore di Storia e direttore degli studi sulla sicurezza internazionale presso I’Università di Yale conferma.
Non è il 1939. Allora, una nazione che aveva già fatto attraversare alle proprie forze armate I confini Internazionali per tre volte (la Renania nel 1936, l’Austria nel 1938 e Praga nel 1939) commise un’ulterioreinfrazione al danni della Polonia, facendo sì che l’impero Britannico e la Francia onorassero i propri obblighi sanciti dalla Società delle Nazioni e dalla loro alleanza militare con la Polonia. La guerra venne dichiarata formalmente. Nessuno affermò che l’azione franco-britannica fosse sbagliata; la critica è sempre stata che avrebbero dovuto prendere posizione prima. Nessuno degli elementi di cui sopra corrisponderebbe, se gli StatiUniti e il Regno Unito andassero in guerra senza risoluzione dell’Onu.Questa volta non tira aria di un’aggressione transnazionale da parte di Saddam Hussein. Non ci sono alleanze militari da onorare. E i falchi della Casa Bianca danno l’impressione di essere assetati di guerra. (leggi)

Eric Hobsbawm, professore emerito di Storia al Birkbeck College è ancora più sbrigativo
La guerra che probabilmente scoppierà entro breve non è come la seconda guerra mondiale. Ogni paragone con la conferenza di Monaco (che in nome della pace favori l’annessione della Cecoslovacchia da parte di Hitler, ndr) è aria fritta: serve solo a giustificare l’inizio della guerra. Nessuno storico potrebbe crederci per un istante. (leggi)

Lo scenario di questi giorni – afferma Aldo Mola, storico e saggista - è totalmente diverso rispetto alla vigilia della seconda guerra mondiale (1939) e a quel complesso 1956 che ratificò la fine degli imperi coloniali europei.L’Europa continentale infatti sia nelle sue componenti politiche sia in quelle religiose mostra di rifiutare la guerra quale strumento di soluzione di uno fra i tantissimi nodi di conflitto esistenti nel mondo contemporaneo.(leggi)

Ci sono naturalmente, tra gli storici intervistati, quelli che riconoscono le analogie.
La situazione è assai più simile al tardi anni 30, quando un dittatore fascista si era procurato dl nascosto armi per la distruzione di massa, le bombe della Luftwaffe, e aveva anche tentato dl dotarsi di armi nucleari. Quel dittatore totalitarlo più tardi invase i propri vicini (come ha fatto Saddam), uccise col gas i suoi nemici politici e razziali
(Saddam l’ha fatto) e trattava brutalmente e torturava la sua stessa gente (come fa Saddam)
sostiene Andrew Roberts, autore del libro: “Hitler e Churchill, i segreti di due leadership” (leggi)

Max Gallo, storico, politologo e scrittore francese l’analogia la differisce.
Non mi pare che i due paragoni proposti, il 1939 e il 1956, siano adatti a esprimere la situazione attuale. Io penso piuttosto che il precedente legittimo sia il 1914: c’è una potenza, gli Stati Uniti, colpita al cuore l’11 settembre, paragonabile all'Austrla-Ungheria subito
dopo l’attentato di Sarajevo all’arciduca Francesco Ferdinando. Come in quella occasione
l'Impero dl Vienna, gli Stati Uniti hanno subito una ferita, simbolica profonda
(leggi)

E proprio pensando a questo, Victor Zaslavsky, professore di Sociologia alla Luiss di Roma, ricorda:
Il mondo è radicalmente cambiato dopo l’il settembre 2001, dopo l’emergere del fenomeno del terrorismo suicida contro cui sinora il mondo sviluppato non ha trovato nessuna difesa.(leggi)

Ho tenuto per ultima l’affermazione che mi ha fatto tornare in mente la poesia di Montale. E’ di Simon Shama, professore di Storia dell’arte e archeologia alla Columbia University che scrive:
Non penso che si possano fare similitudini nè con il 1939 né con il 1956. Sono allergico ai paralleli storici oziosi. La storia non ripete se stessa, mai. Qui sta il suo fascino assassino. Il poeta Joseph Brodsky, nel suo immenso saggio A profile of Clio, scrisse che la storia, quando arriva, prende sempre dl sorpresa ed è quello che credo anch’io.

La Storia

La storia non si snoda
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.
La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi l'ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a paco, non procede
né recede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell'orario.
La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.

La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C'è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.

La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s'incontra l'ectoplasma
d'uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n'ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui.



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