Dalla scuola di massa alla cittadinanza educativa
Giovanni Fioravanti - 07-02-2003


Il passato presente


Le professioni di fede che durante il Novecento hanno graziato le sorti meravigliose e progressive della scienza e della tecnica, lo Stato-Nazione, unità etnica ed etica, il determinismo della rivoluzione socialista, l’inesauribilità delle risorse naturali, hanno da tempo lasciato il campo a inquietudini più autenticamente figlie del pensiero e della cultura del nostro tempo, con un mix di razionale e di irrazionale che meglio sembra corrispondere al naturale cammino degli uomini.
Pare, dunque, essersi esaurita la funzione che le principali correnti del pensiero ottocentesco hanno avuto nel determinare le sorti del secolo appena tramontato, per cui non ritengo che si debba considerare un puro esercizio accademico avanzare l’urgente necessità di un ripensamento radicale delle categorie e dei principi che, sebbene da tempo ampiamente devitalizzati o disattivati, pure hanno costituito e ancora costituiscono le fondazioni del nostro sistema educativo secondo un principio di deweyana memoria per il quale non vi sarebbe pedagogia senza filosofia, o meglio diremmo oggi che ogni educazione è figlia della weltanschauung del proprio tempo.
Senza sottovalutare i rischi di una eccessiva schematizzazione, credo che si possa affermare a proposito del caso italiano che valori e fini hanno segnato le dominanti del discorso intorno alla scuola per tutta la prima metà e oltre del Novecento, risentendo in massima parte dell’asfissia dottrinale ottocentesca, con un marcato prevalere delle istanze educazionali su quelle inerenti all’istruzione.
Ad un’inversione sia pure faticosa si assiste dopo gli anni sessanta tanto che a venire ad oggi è il binomio, di per sé programmatico, dell’insegnamento-apprendimento ad emergere nell’ambito di ciò che da discorso si è andato sempre più problematicamente facendo ricerca educativa.
Ciò nonostante l’accento sull’istruzione scivola ancora via per ricadere innanzitutto sui suoi contenitori ed è sufficiente per rendersene conto pensare alle riforme compiute e a quelle mancate.
E’ il sistema scuola nei suoi diversi gradi a divenire il soggetto con riscritture di programmi, con leggi che ne investono l’organizzazione e l’uso delle risorse, senza per altro riuscire a capitalizzare risultati da ritenersi apprezzabili al vaglio di un attento esame critico. L’unico obiettivo segnato pare essere quello della scolarizzazione di massa ben presto contraddetto dal fatto che alla sua dimensione formale non ne corrisponde una altrettanto sostanziale, vale a dire che la qualità ogni giorno smentisce la quantità .
Almeno in apparenza, ogni velleità sulle finalità ultime della scuola è stata abbandonata, al di là del generico comeniano tutto a tutti la cui versione contemporanea sarebbe un diritto allo studio affermato a parole ma poi ancora ampiamente negato nei fatti.
Incapaci di formulare una comune visione intorno ai fini e soprattutto un’organica e condivisa politica scolastica, ogni intervento ha solo sfiorato gli aspetti sostanziali della formazione per incentrarsi sull’organizzazione e sugli strumenti senza per altro riuscire a scalfire in modo significativo la struttura burocratica della amministrazione scolastica.
La nostra scuola, per come si esprime quotidianamente, pare destinata a non divenire mai né autenticamente democratica né mai culturalmente emancipatrice e ciò fino a quando innovazioni organizzative e strumentali continueranno a servire indifferentemente il vecchio e il nuovo, quando non fini tra loro nettamente contradditori con la conseguenza che è sotto gli occhi di tutti di snaturare anche quello che di positivo si sarebbe potuto ricavare.
Sullo sfondo o dietro le quinte non mancano d’agitarsi ancora gli assiologisti o i teleocrati dell’educazione, spoglie persistenti d’altre epoche, fantasmi dei loro fantasmi che non cessano d’agitarsi e mi pare ragionevole pensare che sia giunto il momento di stanare anche loro, di cessare di fingere un inutile rimpiattino, di affrontarli invece e nuovamente in campo aperto.




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