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IL JAZZ
BOTTA E RISPOSTA
Otto domande (e otto risposte da scoprire!) su temi e tematiche culturali.
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IL JAZZ


Quali sono le caratteristiche della musica Jazz?
[ risposta ]
Il Jazz è il genere musicale conosciuto e diffuso in tutto il mondo che nasce come ramo della musica afroamericana verso il 1895.
L’improvvisazione è l’elemento fondamentale del jazz. Il ritmo è caratterizzato dall'uso del sincopato (accenti musicali in posizioni impreviste) e dallo swing (effetto prodotto dal jazzista in cui la melodia viene sfasata rispetto alla scansione attesa e produce una sensazione di spinta strisciante).
Il principio base del jazz è costituito dalla progressione degli accordi di una canzone adattabile ad un numero infinito di melodie. Il musicista improvvisa nuove melodie in risposta a quel giro armonico, che viene riproposto a ogni intervento di un nuovo solista. Le partiture scritte, non sempre esistenti, fungono più che altro da guida e forniscono la struttura in cui inserire l'improvvisazione.
La strumentazione tipica del jazz è costituita da una sezione ritmica con pianoforte, contrabbasso, batteria e a volte chitarra. Su questa base ritmica si appoggia una grande varietà di strumenti melodici: da quelli più jazzisticamente consolidati, come il sassofono e la tromba, a quelli non sempre presenti come il violino o il flauto.
Comunque, nessun mezzo sonoro è escluso nel jazz così come è variabile il numero degli esecutori: ci sono formazioni con il solo solista e grandi orchestre complete.
Com’è nato il Jazz e quali sono stati i suoi primi passi?
[ risposta ]
In America la tratta degli schiavi neri iniziò nel 1500: essi venivano comprati in Africa occidentale presso i mercanti indigeni. Naturalmente i neri portarono nel Nuovo Mondo una ricca varietà di musiche, danze, strumenti, vocaboli, riti e tradizioni.
Ma nel periodo in cui la schiavitù fu regolata da leggi (praticamente dal 1619 e fino al all’abolizione nel 1865) ai neri fu proibito di suonare la loro musica. Molti impararono la musica bianca e solo nelle campagne le tradizioni africane sopravvissero, trasformate in canti popolari, di lavoro o religiosi (spirituals) o di svago.
Fu verso il 1830 che i bianchi scoprirono la musica nera: divenne di moda il “minstrel show” ( si trattava di uno spettacolo in cui bianchi truccati da negri snocciolavano in modo grottesco scenette, canzoni e balli). Fu questo il primo influsso nero nella musica dei bianchi.
Dopo l’abolizione della schiavitù, nel 1865, ci fu l’esplosione della musica nera: gli artisti di colore fecero la loro comparsa nel “minstrel show”, si costituirono corali nere e ci furono i primi compositori e concertisti di pelle scura. In questo periodo si cristallizzò una forma musicale di grande spessore: il blues ( vedi Botta e Risposta precedente).
Ma a questo punto si scatenò la reazione razzista che ricacciò i neri, borghesi e proletari, con tutta la loro musica, nel ghetto. I neri non potevano essere artisti liberi.
La loro musica poté così circolare solo in bettole, bordelli, o in ambiti "minori" come, ad esempio, nelle bande.
Verso il 1895 la fusione tra musica nera colta e popolare generò a Saint Louis il ragtime, una sorta di marcia sincopata ballabile. Il ragtime dominò l'America per trent'anni, diffuso essenzialmente dall'industria della canzonetta (ma nelle sue forme genuine con Scott Joplin, raggiunse i vertici dell'arte).
A New Orleans (e forse altrove), un ulteriore incrocio produsse il “JAZZ”, che in origine era ragtime per banda con abbellimenti improvvisati. Sugli albori del jazz a New Orleans, cioè dal 1895 al 1917, sono nate molte leggende ma non c’è nessun documento sonoro.
Comunque, il primo disco di jazz che è datato 1917 e venne inciso da un quintetto di bianchi, l'Original Dixieland Jazz Band.
Dal 1923 la discografia jazz si fa più ricca e articolata, il jazz si espande in città come Chicago, New York, Kansas City. New Orleans, ormai abbandonata dai suoi eroi, musicalmente si impoverisce pian piano.
Quale importanza hanno avuto, per il Jazz, le città di “New Orleans”, “Chicago” e “New York”?
[ risposta ]
Le prime manifestazioni del Jazz risalgono, come si è detto, all'inizio del Novecento. L'epicentro del nuovo genere musicale fu New Orleans, in Louisiana. Nel Jazz di New Orleans, la cornetta o la tromba presentavano la melodia, il clarinetto sosteneva il controcanto e il trombone eseguiva il fraseggio ritmico. A questo trio di base, si aggiunsero la tuba o il contrabbasso e la batteria, quest’ultima per l'accompagnamento ritmico.
I primi dischi di Jazz risalgono al 1917 e si devono a un'orchestra bianca di New Orleans, The Original Dixieland Jazz Band, che ebbe un successo immediato non solo negli Stati Uniti ma anche all'estero. Fu tale la sua popolarità che il termine "dixieland" finì per indicare lo stile di New Orleans suonato dai bianchi.
Ma il maggior musicista formatosi a New Orleans fu Louis Armstrong.
Straordinario improvvisatore, "Satchmo" (letteralmente "bocca a sacco") Armstrong modificò la scena del Jazz portando in primo piano la figura del solista. Con le sue orchestre, gli Hot Five e gli Hot Seven, dimostrò che l'improvvisazione nel jazz poteva andare ben al di là della semplice funzione di contorno all’accompagnamento e arrivare a creare nuove melodie basate sulla successione armonica del motivo iniziale. Armstrong divenne inoltre un modello per tutti i cantanti jazz, per il modo di alterare parole e melodie, ma anche per il suo peculiare scat, tecnica vocale che consiste nell'utilizzare la voce come uno strumento intonando sillabe prive di senso.
Gli anni Venti furono per il Jazz un decennio di sperimentazione e scoperte. Molti musicisti di New Orleans, tra cui lo stesso Armstrong, si trasferirono a Chicago. Tra i nomi maggiori di questo periodo si ricordano il trombonista Jack Teagarden, il banjoista Eddie Condon, il batterista Gene Krupa e il clarinettista Benny Goodman. Attivo a Chicago era anche Bix Beiderbeck, il cui approccio lirico alla cornetta rappresentava un'alternativa allo stile di Armstrong. Molti musicisti di Chicago si insediarono in seguito a New York, altro centro nevralgico del jazz degli anni Venti.
La Crisi del 1929 spazzò via tutto, ma il jazz sopravvisse, quasi di nascosto: durante la Depressione, negli anni 1930-1934, emerse Duke Ellington, il più grande compositore jazz.
La ripresa economica aprì le porte alla rinascita del Jazz, che ora si chiamerà swing ( dal 1935 al 1945).
Qual è stato il rapporto del Jazz con la musica classica?
[ risposta ]
È grazie all'opera di pionieri come Armstrong, Ellington, Henderson, che il jazz era entrato a far parte delle forme di musica più diffuse nell'America degli anni Venti e Trenta. Alcuni musicisti, come il direttore d'orchestra Paul Whiteman, fusero il jazz sia con la tradizione della musica classica che della musica leggera. L'orchestra di Whiteman fu la prima a eseguire i brani di George Gershwin.
I compositori di jazz avevano sempre provato grande ammirazione per la musica classica, fin dai tempi del ragtime. Ma è con l'era dello swing, grazie anche all'eccezionale fiorire di talenti, che si assiste alla diffusione della tendenza di "jazzare" i classici: nacquero così capolavori come Bach Goes to Town (Benny Goodman) ed Ebony Rhapsody (Ellington e altri). D’altra parte, anche i compositori di musica classica pagarono il loro tributo al jazz, e anche in questo caso, con risultati spesso di altissimo livello, come Contrasts scritto da Béla Bartók nel 1938 per il clarinetto di Benny Goodman o Ebony Concerto di Igor Stravinskij nel 1945, commissionato dall'orchestra diretta da Woody Herman. Oltre a Gershwin, altri compositori come Aaron Copland , Darius Milhaud e Dmitrij Šostakoviè accolsero nelle loro opere lo spirito del Jazz.
Quale fu la tendenza del Jazz negli anni 40 e 60 ?
[ risposta ]
Sicuramente il musicista che negli anni quaranta dominò e influenzò il panorama jazzistico fu Charlie Parker: era in grado con il suo sassofono di eseguire ogni brano, in qualsiasi tempo e tonalità. Egli si circondò di un gruppo di talenti eccezionali, come il trombettista Dizzy Gillespie, noto per la sua velocità e per il senso armonico, il pianista Earl "Bud" Powell e il batterista Max Roach
Verso la fine degli anni Quaranta si assistette a un'esplosione di sperimentazioni.
Il clima era straordinario e i frutti non tardarono ad arrivare. Di altissimo rilievo furono le incisioni realizzate nel 1949-50 da un'insolita formazione, il nonetto diretto da Miles Davis, un giovane trombettista allievo di Charlie Parker. Davis, che di lì a poco si sarebbe rivelato uno dei più grandi talenti del jazz, colpì subito pubblico e critica con la sua naturale capacità di coniugare un tono molto morbido a un'estrema complessità: nacque così il "cool" Jazz ( propriamente jazz calmo).
Gli anni attorno al 1960 sono stati , con gli anni Venti e Quaranta, tra i periodi più fertili della storia del Jazz.
Intanto, nel 1955 Miles Davis organizzò un quintetto che vedeva al sassofono John Coltrane, il cui stile produceva un forte contrasto con le linee melodiche ricche, pacate ed espressive di Davis. Con un eccezionale senso della forma e del ritmo, Coltrane esplorò ogni possibilità armonica, con uno stile caratterizzato dai lunghissimi assolo di note brevissime (sheets of sound) eseguite con estrema velocità. Nel 1959 partecipò all'incisione di Kind of Blue di Davis, un disco che rappresenta una vera e propria pietra miliare del Jazz. Insieme al pianista Bill Evans, Davis creò per questo album una serie di pezzi che mantenevano la stessa tonalità e modalità anche per sedici battute di seguito (da qui la definizione di "Jazz modale"), lasciando la massima libertà di improvvisazione.

Che cos’è la Fusion?
[ risposta ]
Il Jazz conobbe, dopo gli anni sessanta, un periodo di profonda crisi. Il pubblico dei più giovani preferiva altri tipi di musica, mentre i vecchi appassionati si sentivano respinti dall'astrattezza del Jazz contemporaneo. I musicisti capirono che per riconquistare l'attenzione del pubblico dovevano prendere ispirazione dalla musica leggera.
Gli esempi iniziali di questa nuova "fusion" ( commistione di generi musicali) non furono incoraggianti. Ma nel 1969, Miles Davis incise Bitches Brew, un capolavoro che combinava in modo perfetto ritmi soul e strumenti amplificati elettronicamente con un Jazz rigoroso e fortemente dissonante. Non sorprende che elementi dei gruppi di Davis abbiano in seguito dato vita ai dischi fusion più significativi e di maggior successo degli anni Settanta: Herbie Hancock, il sassofonista Wayne Shorter e il tastierista Joe Zawinul (fondatori dei Weather Report), il chitarrista John McLaughlin e il pianista Chick Corea. La musica rock, a sua volta, cominciò ad adottare fraseggi e assolo jazzistici sui propri ritmi. Oltre ai Weather Report, tra i gruppi più celebri si ricordano i Manhattan Transfer e i Blood Sweat and Tears.
In questo stesso periodo un altro ex collaboratore di Davis, il pianista Keith Jarrett, raggiunse il successo commerciale pur rifiutando gli strumenti elettronici e gli stili popolari. Le sue esecuzioni di standard famosi e di pezzi originali, lo segnalano come uno dei più interessanti pianisti contemporanei insieme a Chick Corea.
Quali sono le ultime tendenze del Jazz?
[ risposta ]
Un rinnovato interesse per il Jazz si è avuto dalla metà degli anni ottanta. Anche se il Jazz resta un genere musicale essenzialmente statunitense, il vasto pubblico internazionale ha fatto sì che si formassero musicisti e scuole molto interessanti anche al di fuori degli Stati Uniti: particolarmente significative sono state le esperienze del pianista francese Michel Petrucciani (scomparso di recente) e quella della scuola scandinava, dalla quale sono usciti raffinati musicisti come il sassofonista norvegese Jan Garbarek o il chitarrista David Torn. In questi anni, lo sviluppo del Jazz in Europa è stato possibile grazie anche a manifestazioni come il Festival Jazz di Montreux, in Svizzera, e soprattutto Umbria Jazz, una delle più importanti manifestazioni a livello mondiale.
Il Jazz degli ultimi quindici anni presenta un panorama frastagliato. Alcuni musicisti, come il chitarrista Pat Metheny, perseguono un'elegante commistione tra linguaggio jazzistico e musica di consumo; altri, come il sax tenore Michael Brecker, riprendono l'esperienza del Jazz elettronico degli anni Settanta e Ottanta; altri ancora, come Garbarek, hanno sviluppato uno stile molto lirico che fonde jazz, tradizioni nordiche e atmosfere new age; infine i pianisti Hilton Ruiz e Chico Valdes attingono dal patrimonio delle ritmiche afrolatine.
Ormai nel terzo millennio, una delle difficoltà principali di questo genere musicale è quella di ritrovare un'identità resa problematica dal mutare delle condizioni storiche e sociali della cultura che l’ha generata. Da idioma specifico dei neri afroamericani, specchio di una cultura dell’alterità (se non dell'estraneità) rispetto a un ordine sociale consolidato, il Jazz ha subito trasformazioni che ne hanno mutato profondamente l’aspetto. Ha conosciuto l'alfabetizzazione, con l'introduzione di partiture scritte; l'europeizzazione e l'apporto della tradizione "bianca"; infine, il contatto con la musica colta e le pressioni del mercato discografico. Oggi il Jazz è un linguaggio internazionale, aperto a molte influenze e carico di potenzialità, ma anche esposto ai rischi soffocanti di una tradizione diventata storia.
Quale genesi e sviluppo ha avuto il Jazz in Italia?
[ risposta ]
Il Jazz in Italia si è diffuso molto lentamente e non ha avuto un mercato fiorente, sia a livello concertistico che discografico. Nonostante questo, presenta oggi una notevole fioritura. Oltre a Umbria Jazz, che offre la possibilità di assistere ai concerti dal vivo delle più grandi personalità del genere, un'istituzione stabile in Italia è costituita dai seminari di Siena Jazz, veri e propri punti di incontro per docenti e allievi di qualsiasi livello.
In effetti l’Italia ha conosciuto una regolare e diffusa vita musicale jazzistica solo a partire dagli anni Cinquanta. Gli esordi pionieristici sono legati al nome del fisarmonicista Gorni Kramer, attivo tra le due guerre,
Un apporto fondamentale alla diffusione del Jazz è venuto da teorici come Massimo Mila, Giancarlo Testoni (cofondatore nel 1945 di "Musica Jazz", la più importante rivista italiana) e da Arrigo Polillo (1919-1984), autore di un testo importante come Jazz (1975).
Poi, una generazione italiana di musicisti “Jazz” maturata tra gli anni cinquanta e settanta si è affermata sulla scena internazionale. Tra questi, il pianista Giorgio Gaslini, attivo sperimentatore di tecniche e linguaggi diversi. Franco D'Andrea ed Enrico Pieranunzi si sono attestati sulla linea eclettica di altissimo livello, in equilibrio tra tradizione pianistica e ricerca. Il chitarrista Franco Cerri che ha sviluppato un raffinato approccio cameristico ed è riuscito sempre a mantenere una certa distanza rispetto ai modelli prestabiliti.
Moltissimi i musicisti provenienti da esperienze molto diverse che hanno contribuito allo sviluppo del Jazz italiano: Enrico Rava (tromba), Gianluigi Trovesi (sax), Enrico Intra (pianoforte), Armando Trovajoli (pianoforte) e tantissimi altri..
Tra i più giovani, il trombettista Paolo Fresu e il pianista Stefano Battaglia.

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