Inadeguatezza della lingua
Bruna Bassi - 12-01-2003
Quando si manifesta un fenomeno nuovo o quando una nuova invenzione raggiunge i mercati, la lingua si trova impreparata a descriverli nella sua interezza con un solo vocabolo.

E’ quello che sta succedendo oggi con la serie di complessi sentimenti suscitati dalla presenza, dall’agire, dal vivere quotidiano degli extracomunitari nel nostro Paese.

Già il termine extracomunitari è di per sé inadatto a definire con esattezza la provenienza delle persone che si intendono denominare. Extracomunitari sono in realtà tutti coloro che non risiedono nella Comunità Economica Europea, quindi anche americani o svizzeri. Eppure, quando parliamo di extracomunitari, normalmente, intendiamo: magrebini, albanesi, slavi, ecc.

C’è una sensibilità particolare nei confronti di questi ultimi ed è legata al crimine.
Il crimine extracomunitario offende, ferisce, indigna in modo maggiore rispetto al crimine “autoctono”. Provoca reazioni violente di rifiuto esasperato, probabilmente non prive di ragioni.
Ecco che l’italiano indignato diventa “razzista” e questo termine è inadeguato ad esprimere il sentimento di rabbia esasperata.
Se da una parte è vero che la richiesta più frequente che viene dalla gente è quello dell’espulsione dal nostro Paese, dall’altro bisogna tener conto che essa non è indirizzata a tutti gli individui di etnia diversa da quella italica, ma solo a coloro che si sono macchiati di reati.
Non sono infrequenti i casi di cittadini stranieri, onesti lavoratori, che si sono inseriti nel tessuto sociale, ma sono assai frequenti i casi di individui che nel nostro Paese vivono sfruttando la prostituzione, riducendo in schiavitù ragazze più o meno inermi, commerciando in droga o borseggiando, rubando, rapinando con una ferocia che ha surclassato i metodi mafiosi.
Mi si consenta di porre l’accento sul concetto di “nostro territorio” che certo qualche buonista globalizzato contesterà.
L’Italia è il nostro territorio.
Lo è perché le generazioni passate, ma assai vicine a noi, lo hanno liberato dagli invasori ed hanno pagato con la vita la loro idea nazionale; lo è perché le infrastrutture sono state costruite con la nostra fatica, con il nostro lavoro, con il nostro denaro; lo è perché abbiamo lottato per dare agli anziani ed ai disabili di che vivere; lo è perché abbiamo pagato tanto ( e non solo in denaro) per avere quello che abbiamo.

E’ insopportabile l’idea che persone che non hanno mai contribuito al benessere della collettività, né che intendono farlo per il futuro, possano sfruttare i sacrifici di tanti.
E’ sotto gli occhi di chiunque il costo esagerato della lotta alla criminalità extracomunitaria; costo che continuiamo a pagare ( e questa volta anche in termini di denaro) ogni momento.
Vorremmo poter destinare questi soldi ad attività più nobili.
Ben vengano uomini e donne, in difficoltà nel loro paese, a lavorare e vivere in Italia se credono che qui la vita possa migliorare; ma che il miglioramento sia per tutti, anche per noi.
La repulsione che certi parassiti della società provoca non può essere chiamata razzismo, al massimo ascelestismo ( da scelestus ossia delinquente).
Mi spiace per i buonisti di tutte le tendenze: il razzismo è un’altra cosa.

Razzista era il nazismo che ha mandato a morte uomini, donne, bambini, vecchi innocenti ed inermi. Razzista è il KKK che colpisce famiglie intere nelle loro case, colpevoli solo di esistere con una pelle più scura di quella dei loro persecutori.
Non è razzismo chiedere l’espulsione di parte di una etnia che vive parassitariamente o facendo del male.
Cerchiamo di adeguare la lingua: forse riusciremo a capirci meglio.


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 Lino Milita    - 12-01-2003
La signora non sarà razzista ma è sicuramente un’ elettrice di Borghezio! Quello che cosparge di urina le Moschee!

Non sarà razzista ma sicuramente è molto “ignorante”! Nel senso etimologico del termine!

Provate ad analizzare questa sua frase:



“Non sono infrequenti i casi di cittadini stranieri, onesti lavoratori, che si sono inseriti nel tessuto sociale, ma sono assai frequenti i casi di individui che nel nostro Paese vivono sfruttando la prostituzione, riducendo in schiavitù ragazze più o meno inermi, commerciando in droga o borseggiando, rubando, rapinando con una ferocia che ha surclassato i metodi mafiosi.”



Ma come: non sono infrequenti i casi di cittadini onesti lavoratori? Ma cosa dice? Non lo sa che la stragrande maggioranza degli immigrati, cioè svariate centinaia di migliaia, lavora onestamente, è indispensabile per le sue fabbrichette del Nord-est, versa i contributi Inps spesso a fondo perduto per pagare la sua pensione?



Per l’onesta signora dunque il milione, circa, di cittadini immigrati si divide grossomodo equamente fra onesti lavoratori inseriti e malavitosi incalliti. In base a questa onesta contabilità ritiene di non essere razzista? Rifaccia bene i conti e la prossima volta dica: a fronte di centinaia di migliaia di onesti lavoratori esistono casi non infrequenti di delinquenti.

Non vi sembra più onesto e più vero?




 Caelli Dario    - 19-01-2003
Commento il commento.
Quando leggo "casi non infrequenti" penso che sia giunti alle capriole carpiate all'indietro per non far capire nessuno. Non è più semplice dire "casi frequenti"? Allora ecco che come d'incanto si chiarisce il concetto. Di frequente la presenza di extracomunitari può essere correlata alla criminalità. Su questo bisogna essere severi e implacabili. Nessuno che pretenda di commettere reati e di restare impunito deve poter godere dei benefici della permanenza nel nostro paese. Per tutti gli altri un caloroso benvenuto, un augurio di trovare in Italia quello che nel loro paese non c'è, un augurio di poter in futuro ritornare al loro paese, se lo vorranno, così da contribuire alla crescita e al rinsaldarsi delle loro radici etniche e culturali. Se invece decidono liberamente di restare e di essere italiania tutti gli effetti, ben venga.
Ma diciamolo con chiarezza, per favore!

 Rina Rossi    - 19-01-2003
Finalmente qualcuno che ha il coraggio di affermare pubblicamente che l'italia è il "nostro" paese.
Dalla cronaca degli ultimi tempi sembra che ci sia più spazio ed indulgenza verso i fannulloni extracomunitari che verso i cittadini che pagano le tasse.
Prima o poi ci stuferemo di mantenerli ed allora vedremo cosa succede.

 Patrizia    - 19-01-2003
Bruna,
sei un mito. Conosco poche persone che hanno il coraggio di dire quello che pensano (e che a mio giudizio) pensa la maggior parte della gente, ma che è assai impopolare. Vediamo quotidianamente sforzi immani di integrazione diretti a persone che non hanno nessuna voglia di integrasi. E questi tentativi ci costano davvero tanto. Anch'io la penso come te. Felicissima di convivere con persone di altre razze, anzi di un'unica razza, quella umana, ma rispettose delle leggi e delle consuetudini di un paese che abbiamo costruito nei secoli.
Pat

 rita lugaresi    - 20-01-2003
Gentile signora,
sarebbe opportuno, prima di parlare di lingua (si riferiva al lessico, suppongo), approfondire i concetti sottesi all'uso che lei fa di parecchi termini, per es. etnia, da lei usata evidentemente a sproposito.
E, al volo:
cita il nazismo, quale espressione di razzismo. D'accordo. E secondo lei, in quale terreno culturale il nazismo ha trovato modo di perpetrare tutte le atrocità che sappiamo? I cittadini tedeschi erano tutti brutti e cattivi?
La mia opinione è che abbiano contribuito anche:
l'ignoranza,
i luoghi comuni,
il bisogno di semplificazione,
di identificare un nemico che attenta alla nostra tranquillità, benessere,
ecc...