Serena ha iniziato a seguirti. Che male c'è?
Chiara Anna Montesardoa - 08-08-2020


Fine luglio. Precaria, ergo disoccupata. Scorro distratta e svogliata le storie Instagram dal mio
smartphone, seduta sul dondolo della casa al mare dei miei e incappo in una storia fighissima
di Serena, una mia studentessa che ha iniziato a seguirmi sui social alla fine dell'anno
scolastico. Non si fa! Direbbero i ben pensanti, ma la scuola è finita, chissà se lì ci tornerò più
e la didattica a distanza ha scombussolato tutto. Ma poi, alla fine, che male c'è?
È una serata estiva qualunque e mi annoio, ma mi accorgo che la mia noia adulta è una dolce
compagnia, che consola una giornata particolarmente faticosa, non è un'inquietante mancanza
di qualcosa. Quindi, mi gusto le storie di Serena con tenerezza e penso a come possano
sentirsi gli adolescenti, che l'inquietudine ce l'hanno sempre a portata di mano, così come la
costante mancanza di qualcosa. Se anche loro ora sono sdraiati su un dondolo, di certo
chattano, guardano video, condividono contenuti dal loro smartphone. Poi assistono
all'ostentazione del bello e della perfezione sui i social, scorrono tante storie fighissime su
Instagram, proprio come quelle di Serena, o dell'ultima influencer di turno, fatte di vacanze,
serate, spiagge, stili di vita spinti spesso oltre le reali possibilità economiche: locali, alcolici,
vestiti sempre diversi ogni sera. Il tutto in barba al social distancing, ma questa è un'altra
storia. Empatizzo con loro e con la piccola me, pensando a come si sarebbe sentita la me
adolescente, isolata e annoiata nel giardino della casa al mare dei suoi che però lei,
insofferente, aveva soprannominato "Casa nella prateria", a causa di un certo pruriginoso
isolamento estivo.
Sono giovane e mi considero abbastanza social, ma capisco che è tutto cambiato: i ragazzi
cercano attenzioni e approvazione, ma necessitano intento di estremo e silenziosissimo
controllo, hanno bisogno di essere accompagnati da guide esperte e non giudicanti. Da qui
l'urgenza tutta nuova di vedere i social network da una nuova prospettiva, tutta educativa.
Queste cose inutili sono roba seria! Una questione che da giovani insegnanti dovremmo
affrontare in maniera sempre più massiva e consapevole.
È importante che i ragazzi abbiano una concreta e reale competenza digitale, sì, proprio
come quella che gli adulti non hanno. Non si tratta solo di imparare ad accendere e spegnere
un PC o copiare e incollare da Wikipedia un articolo sulla barbabietola da zucchero per poi
spacciarlo al professore come ricerca. Si tratta di avere la piena consapevolezza delle
potenzialità e dei pericoli legati all'uso di una connessione Internet: il diritto a proteggere la
propria privacy, il rischio di essere adescati in chat, il revenge porn, il cyberbullismo.
Non scandalizziamoci: per capire un problema, bisogna conoscerlo. E per insegnare o meglio
guidare i nostri studenti verso l'acquisizione di una competenza è necessario prima di ogni
cosa verificare i prerequisiti, e quindi osservare, osservare tanto.
Dunque, che male c'è se Serena ha iniziato a seguirmi su Instagram? La seguo anch'io, così la
osservo meglio e capisco tanto di lei, del suo mondo, del tipo di attenzione che vuole attirare.
Internet e i social network sono una realtà ormai imprescindibile che non possiamo più
demonizzare, dobbiamo conviverci, usarli insieme ai nostri ragazzi, scoprirne le diverse
funzionalità. Infine, dovremmo spiegare loro "la differenza, se c'è, tra la vita reale e la vita al
cellulare", come dice il cantautore Brunori SAS in Lamezia Milano.Dovremmo conoscere il linguaggio persuasivo dei social e la struttura del loro fascino così programmato, ma non prima di aver conosciuto i nostri ragazzi, capire ciò che vedono e cosa potrebbero provare nel vederlo. Più che indignarci per la loro condotta e dire che i tempi sono cambiati, spieghiamo come essere pienamente padroni dello strumento digitale, come si può giocare coi social, senza subirli. Spieghiamo che è sempre tutto così artificiale, tutto molto più vuoto di quanto credano, che la vita sarà anche fatta dalle storie Instagram di Serena, ma che quella più bella è fatta di gioie che nascono dagli incontri reali e da piccoli sacrifici quotidiani che ripagano molto di più di un centinaio di visualizzazioni. 

Ecco, se io non avessi seguito Serena su Instagram, sicuramente non avrei visto le sue storie
fighissime e non avrei scritto delle righe da giovane insegnante super-social che si interroga
su questa nuova responsabilità educativa. Quindi adesso che Serena ha iniziato a seguirmi,
che male c'è?


Tags: scuola social socialnetwork educazione osservare ascoltoattivo


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