La storia. Ma c’è poi da fidarsi?
Giuseppe Aragno - 14-12-2002
Alessio Butti, che è notoriamente un buontempone, giovedì scorso, 10 dicembre, era in una di quelle giornate di grazia in cui come parla suscita un riso sgangherato e chi lo ascolta stupito si chiede costernato come mai sia finito in Parlamento, nelle seriose riunioni della Commissione Cultura e non al Bagaglino con Pippo Franco e Leo Gullotta. E’ vero, ognuno ha il suo destino e questo è il mondo, ma una comicità così brillante meriterebbe ben altre platee.
E’ accaduto, a credere a verbali e resoconti – fanno spesso la storia, ma c’è da fidarsi? – in un quarto d’ora.
Il tempo giusto per passare alla storia.
Di storia d’altra parte si parlava e l’irresistibile Butti ci ha tenuto a chiarire: “il gruppo di Alleanza Nazionale non intende” – bontà sua – “riscrivere la storia, ma solo offrire un contributo affinché essa sia conosciuta nella sua interezza, con maggiore obiettività almeno sulle date e i fatti, se non proprio nelle valutazioni”.
Cose da far impallidire il principe De Curtis e un intero esercito di avanspettacolisti, macchiettisti e cabarettisti. Gli teneva però botta – occorre dirlo – un collega, comico rivale, in grado di dare l’imbeccata in maniera magistrale. L’avete mai sentito Garagnini? No? Ma non sapete cosa vi perdete! Garagnini, certo, quello dell’insegnamento della storia nelle scuole d’ogni ordine e grado (l’università non c’entra, beninteso, perché all’illustre comico onorevole non risulta che vi si insegni anche la storia); Garagnini, appunto – vi sarà giunta notizia – quello che, per regalare un po’ di svago agli stanchi e stressati rappresentanti del popolo sovrano, s’è inventato la più comica delle proposte mai avanzate nell’aula “sorda e grigia” di mussoliniana memoria: un’indagine conoscitiva sull’insegnamento della storia nelle scuole di ogni ordine e grado.
La battuta più comica, in verità, “sfuggita” al verbale per questione di opportunità politica, pare l’abbia fatta alla fine uno dei commessi del palazzo, che uscendo dai locali sordi e grigi, che Garagnini e Butti stanno sognando di trasformare in bivacco di manipoli (ci pensò già un loro miserabile predecessore, ma i due probabilmente lo ignorano); un commesso certo, che con aria tutt’altro che scherzosa ha mormorato ad un collega preoccupato: ma come faranno, si metteranno a studiare?
D’accordo. I tempi sono quelli che sono. Ma consentite signori: voi credete davvero che cambiando i libri, cambierete la storia?






Da La scuola fascista



Analizzando più specificamente il mondo della scuola, ci soffermiamo sulle materie d’insegnamento. Confrontandole con le odierne, ritroviamo materie particolari quali "Storia e cultura fascista", "Bella scrittura" e "Igiene e cura della persona", come emerge dalle pagelle di quegli anni.
Per creare "l’italiano nuovo" la scuola fascista proponeva testi scolastici, quaderni, diari e pagelle in cui si esaltava il fascismo sia attraverso le immagini, strumento rapido ed efficace, che attraverso i contenuti. Prendendo ad esempio in esame il Libro della Seconda Classe Elementare, si trovano brani, filastrocche e storie in cui la vita militare e in particolare la figura del Duce e la storia del fascismo ricoprono grande spazio. Dal Libro della Terza classe emergono brani sempre più complessi sotto l’aspetto grammaticale, che hanno però lo stesso sfondo propagandistico. Passando alla Quinta Classe, risaltano per originalità problemi geometrici e aritmetici davvero singolari: calcolare la superficie complessiva delle province italiane della Libia o calcolare le bombe sganciate da un aereo da guerra per esempio. In meccanica il moto uniforme era spiegato con l’esempio del passo dell’oca.
La grammatica veniva insegnata proponendo l’analisi logica di frasi come "Io ho lavorato con piacere tutto il giorno" o "I nemici si affrontano con coraggio". Le letture infine trattavano svariati temi d’attualità, come "La razza latina", "Gli ebrei", "Parla il Duce" o "L’emigrazione"
E’ estremamente interessante e divertente l’analisi ironica condotta nel suo libro I fiori italiani dallo scrittore di Malo Luigi Meneghello sulla trasmissione della cultura fascista nella scuola elementare
E’ opportuno rilevare e confrontare il ruolo fondamentale affidato all’educazione scolastica nelle dittature fra le due guerre per la diffusione delle idee e dei principi dei partiti di regime e la creazione del consenso. Anche in Germania infatti il partito nazista riformò profondamente la scuola, incentrando l’istruzione sulla storia del regime e puntando ad influenzare atteggiamenti e sentimenti dei ragazzi, per assicurarsi futuri combattenti e fedeli sostenitori del regime. Un esplicito esempio di questa politica è fornito dalle direttive imposte dal partito e dai testi contenuti nei libri imposti dal regime






Da Le veline

Ecco alcuni "ordini di stampa" (detti anche "veline" o, ancora, "note di servizio") con i quali, durante il ventennio, s’impartivano precise disposizioni circa il contenuto degli articoli, l’importanza dei titoli e la loro grandezza.


Non si dica che la disgrazia al figlio di Agnelli avvenne allo scalo Mussolini, ma si dica che avvenne nel mare di Genova (18.7.1935).

Non pubblicare delle corrispondenze dei nostri bombardamenti nell’Africa Orientale (7/12/1935).

Non occuparsi del processo che si tiene al Tribunale militare di Roma per l’ammutinamento di cinque militari (18/12/1935).

Pubblicare un articolo consigliante un limitato consumo di carne durante l’estate (18/6/1936).

Non pubblicare fotografie in cui il Duce è riprodotto insieme ai frati, fotografie fatte oggi durante la visita al Santuario di Montevergine (26.8.1936).

Non interessarsi mai di qualsiasi cosa che riguardi Einstein (26.12.1936).

Non si parli del cuore del Duce (28.12.1936).

Non dare notizia di bombardamenti di centri abitati per opera di Nazionali in Ispagna, e soprattutto escludere si tratti di aviatori italiani o tedeschi. (16.1.1937).

Senza dare una precisa smentita, accennare, parlando della malattia del Papa, che la notizia del prossimo arrivo di un medico inglese è falsa (2.2.1937).

Rivedere le corrispondenze dalla Sicilia, perché non si deve pubblicare che il Duce ha ballato (14.8.1937).

Riservata: Ignorare completamente tutto quanto si riferisce all’inchiesta per l’uccisione dei fratelli Rosselli (15.1.1938).

I libri d’autori Israeliti tedeschi non debbono essere mai recensiti (20.5.1938).

Notare inoltre come il Duce non fosse affatto stanco dopo quattro ore di trebbiatura (4.7.1938).

Tutti i giornali debbono riprendere le fotografie Luce pubblicate stamane dal Popolo di Roma in prima pagina: il Duce si prepara a salire sulla trebbiatrice (5.7.1938).

Dare con rilievo e commentare il comunicato sull’aumento di statura in Italia, dimostrando come detto aumento sia il risultato di sedici anni di politica razziale, manifestatasi attraverso le provvidenze per la maternità e l’infanzia, l’incremento dato dal fascismo alla vita sportiva e alla ginnastica, le colonie marine e montane, il miglioramento della nutrizione, delle condizioni di lavoro ecc. (16.8.1938)

Non dare notizia di un incidente aviatorio avvenuto a Tripoli, sul campo Roma. (30/09/1938)

Nella cronaca delle partite di calcio e nei commenti sul “Campionato” non “sfottere” gli arbitri (6.1.1939)

Nella cronaca della inaugurazione della Camera notare che la Regina ha salutato col saluto romano e non inchinando la testa (23.3.1939)

Dire che il Duce è stato chiamato dieci volte al balcone (19.5.1939).

Si riconferma la disposizione di non pubblicare più fotografie di donne in costume da bagno (13.7.1939).

Non pubblicare fotografie e disegni di donne raffigurate con la cosiddetta vita di vespa. Disegni e fotografie debbono rappresentare donne floride e sane (17.7.1939).

Come è noto Il Duce non gradisce in alcun modo che la stampa si occupi del suo compleanno. Non farne quindi alcun cenno, neppure dalle corrispondenze dall’estero (28.7.1939).

Dare il nome del redattore che completamente spesato dalla Confederazione dei Lavoratori dell’Agricoltura si troverà a Predappio il 29 luglio alle ore 10 per il pellegrinaggio alla tomba dei genitori del Duce di diecimila dirigenti della Confederazione stessa (24.7.1939).

E’ fatto assoluto divieto ai giornali di uscire senza il discorso del Duce e la cronaca Stefani del rapporto a Palazzo Venezia, pena il sequestro (23.9.1939).

Minimizzare quanto più è possibile, sia per quanto riguarda estensione, sia per i titoli, gli avvenimenti internazionali, soprattutto per ciò che si riferisce alla Russia. La disposizione di minimizzare vale anche per le fotografie. (28/09/1939).

Si riconferma la disposizione concernente l’assoluto divieto di abbinare altri nomi alle acclamazioni all’indirizzo del Duce (6.11.1939).

Non pubblicare più, anche se Luce, foto di saluti in sfilata o in parata, ripresi da tergo (14.11.1939).

Recensire il volume Italia mia di Papini (1.12.1939).

Non occuparsi in alcun modo degli alberi di Natale, né accennare in articoli o nella pubblicità alla ricorrenza di Capodanno (14.12.1939).

Togliere le acclamazioni nel testo del discorso di Ciano a Milano ed aggiungere invece al testo il seguente periodo, come finale: “Il discorso del conte Ciano, continuamente interrotto da fervide acclamazioni, è stato alla fine salutato da altissime e reiterate invocazioni al Duce in una manifestazione di entusiasmo protrattasi a lungo” (20.05.1940).

Tutta la prima pagina deve essere così intitolata: “Il bollettino n. 14: la guerra continuerà contro la Gran Bretagna e continuerà fino alla vittoria” (26/5/1940)

Ignorare la pellicola propagandistica dell’ebreo Chaplin (17.10.1940).

E’ fatto assoluto divieto di pubblicare notizie sulla premiazione del figlio del conte Ciano che ha avuto luogo al collegio San Gabriele (12.11.1940).

Non toccare l’argomento delle cosiddette code davanti ai negozi (13.12.1941).

Non dare notizia del ritorno in Italia delle salme degli operai italiani vittime di una sciagura sul lavoro in Germania (20.1.1941).

Non occuparsi di Moravia e delle sue pubblicazioni (13.2.1941).

E’ fatto divieto di pubblicare fotografie, articoli e notizie riguardanti i seguenti attori stranieri: Charlie Chaplin, Erich von Stroheim, Bette Davis, Douglas Fairbanks junior, Mirna Loy, Fred Astaire e la Casa Cinematografica americana “Metro Goldwin Mayer” (1.3.1941).

Non parlare di un lieve investimento automobilistico subito ieri sera dal Presidente del Tribunale Speciale, Trincali Casanova (24.6.1941).

I quotidiani, i periodici e le riviste non devono più occuparsi, in modo assoluto, dei dialetti (22/9/1941).

Recensire d’obbligo il libro di Evola Sintesi di dottrina della razza (20.10.1941).

E’ istituito presso il Ministero, Direzione della Stampa Italiana, un ufficio, al quale bisogna sottoporre preventivamente tutti gli articoli economici, finanziari, che contengono proposte, che riecheggiano provvedimenti presi da altri, che possono dare la sensazione al pubblico che provvedimenti simili possono essere presi anche in Italia. Tale disposizione è tassativa (8.12.1941).

Si segnala la seguente sfasatura: il giornale Autarchia e Commercio molto inopportunamente ha pubblicato una statistica di quanto gli italiani sono dimagriti in seguito alle restrizioni (4.5.1942).

Non occuparsi del libro di Luigi Russo La critica letteraria contemporanea, edito da Laterza (29.8.1942).

Non riprendere la proposta di Regime fascista per la immunità degli squadristi silenziatori dei disfattisti, ovviamente troppo sfruttabile fuori. I ceffoni vanno dati, non detti, o almeno non stampati (26.11.1942).

Il tema della dieta parca come disciplina di guerra non va trattato (5.4.1943)



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