Stelle
Naila - 13-12-2002
A Mizar e Alcor...
...le stelle più luminose dell’universo di Naila.






Prefazione


Era stata, forse, quella sensazione di smarrimento che provava da un tempo ormai indefinito a farle aprire gli occhi davanti a se stessa.
Le sembrava che nulla l’avesse spinta da lui, nulla le diceva cosa dire o cosa fare, nulla aveva logica nei suoi pensieri.
In quel periodo era proprio il nulla a confortarla ed a permetterle di sentirsi meno sola, poiché esso cancellava i crucci e le angosce, prendendo posto nella sua mente e padroneggiando tra i suoi più sottili desideri.
E cos’era un desiderio, adesso, per lei? Un tempo sarebbe stato qualcosa per cui lottare, ma ora in lei ogni cosa si era spenta.
Forse per scelta, forse per caso, aveva preso la strada sbagliata, abbandonando il proprio mondo di certezze e semplicità per affidarsi ad una vita infelice, squallida, malvagia.
Se solo queste fossero state unicamente parole, se solo queste immagini fossero scaturite dall’inconscio di un audace lettore, se solo tutto ciò fosse stato finzione e tale racconto motivo di svago, allora nessuna storia simile a questa sarebbe stata scritta, poiché nessun dolore avrebbe frantumato l’animo di una ragazza, la cui purezza rimarrà, ora, oscurata per sempre.



Introduzione


Tornava a casa, senza comprenderne il motivo e senza ricordare l’esatta direzione. Lasciava che lo sguardo vagasse libero, consapevole di poter raramente assaporare la sincerità di un momento privo di costrizioni, di pericolosi angoli bui.
Ma quando viveva quegli attimi in cui, libera da altre presenze, si sarebbe potuta permettere di gioire, di riposare o di soffrire il proprio male alla luce del sole, ogni pena riaffiorava, con il suo sapore amaro e meschino, segnando l’arrivo delle più inquiete lacrime, che avrebbero inondato quegli occhi tanto profondi quanto impauriti, tanto coraggiosi quanto teneri, per poi solcare il giovane volto e disperdersi nel debole candore della sua pelle.
Aveva una storia alle spalle che non poteva ricordare ed una svolta d’innanzi che, pur avendo spesso sognato, non era in grado di immaginare.
Non ricordava il suo vero nome, ma conosceva quello con cui si sentiva chiamare nel misterioso luogo oscuro, quel posto in cui trovare rifugio era come volersi incatenare a terra, dimenticandosi di avere le ali. E lei, purtroppo, aveva dimenticato le ali.
Così, al Circolo, lei era per tutti “Occhi Belli”, vulnerabile spiraglio di luce in mezzo a tanta crudele tristezza.
Sulla strada di casa, ad ogni lacrima ghiacciata sul suo viso, sperava che il gelo di quella notte strana ed incerta paralizzasse ogni arto del suo corpo ed ogni emozione della sua mente.
E così le sembrò accadere: si sentì vuota, scivolata in un sonno sottile e continuamente disturbato da mille lamenti, pianti di cui quel sopore ovattava l’acuta freddezza, ma allo stesso tempo ne lasciava trasparire ogni più fievole sfumatura d’ansia, d’afflizione, di smarrimento.
Chiuse gli occhi all’improvviso, invasa da un’impercettibile sensazione d’attesa. Aveva la pelle arida, secca, gelata, le mani tremanti per una paura che ancora non aveva inquadrato.
La sua mente, in quell’attimo, si trovò improvvisamente svuotata da ogni azione o frase o sentimento, e le sembrò retrocedere velocemente, in una corsa spietata attraverso il tempo. Fu un viaggio così immediato che non le diede possibilità di catalogarne i passaggi, com’era stata abituata a fare dalla sua ultima nuova vita, quella vita che la stava lentamente cancellando e che le aveva insegnato a registrare, assimilare e razionalizzare ogni evento.
Nel mezzo di quello spasmodico inseguimento di qualcosa che apparteneva alla sua vita dimenticata, un’immagine si faceva sempre più nitida e chiara, soave e tagliente allo stesso tempo. Era l’immagine di un giorno che le sembrava tremendamente lontano; rappresentava la sua stessa figura, dolce e tenera, interamente immersa in un sorriso che irradiava felicità e amore.
Accanto a lei, nel cuore di un sogno, vi era Mizar.




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