La libertà d’insegnamento non si tocca
Cgilscuola no censura - 13-12-2002
“La storia siamo noi..” (1985 - Scacchi e Tarocchi) è il titolo di una splendida canzone di un cantautore italiano che certo non poteva immaginare all’epoca che la storia sarebbe diventata “loro”.


La nostra Carta Costituzionale si è preoccupata di sancire la libertà di insegnamento, affermando che l’insegnamento di arte e scienza, per definizione libere, non può che essere libero. Con questa scelta il Costituente volle inserire nella Costituzione non solo principi democratici ma anche elementi di garanzia e di baluardo contro possibili, futuri ritorni ad un passato che non doveva più ripetersi. Il ventennio che aveva preceduto l’emanazione della Costituzione non a caso aveva individuato nella scuola il veicolo principale per favorire il sonno delle coscienze.

L’esercizio di questa libertà, che è assunzione di responsabilità da parte dei docenti del ruolo che il paese attribuisce a questa funzione, è, invece, considerata ora dal nostro Parlamento ideologia.

……” È indubbio che negli ultimi anni nella scuola italiana è prevalsa una visione ideologica che ha sovente alterato fatti storici incontrovertibili”, leggiamo dal testo della risoluzione approvata ieri dalla VII Commissione Cultura della Camera.

E di conseguenza viene messa in discussione una delle espressioni di questa libertà …..“si pensi, ad esempio, ad un momento particolarmente significativo dell'attività della scuola come quello dell'adozione dei libri di testo (….) .possiamo, dunque, lasciare che un manuale di storia venga scelto ignorando quei criteri di trasparenza e di «laicità» che lo rendono un viatico prezioso per lo studente che voglia acquisire una cultura davvero completa?”, recita sempre la risoluzione.

In questo modo si nega e si getta fango su anni di ricerca pedagogica e didattica e di esercizio responsabile di una professione che ha reso possibile la pacifica convivenza e il rispetto di tutte le culture, laica e cattolica, nel nostro paese.

E certamente non è questo un incidente di percorso di una maggioranza di governo che dell’attacco ai diritti fondamentali e delle libertà di espressione ha fatto il suo riferimento più forte (Art. 18 statuto dei lavoratori, legge sugli immigrati, Cirami, Rai, per non citare lo spirito ed il contenuto di una proposta di legge, della precedente legislatura, dell’allora capo dell’opposizione, on. Berlusconi, che prevedeva il reclutamento dei docenti in coerenza con il progetto educativo della scuola!).


In qualche modo, con questa risoluzione il cerchio si chiude!


Per questo pensiamo che la coscienza civile, democratica non possa rimanere indifferente rispetto a questi preoccupanti messaggi che provengono dalla istituzione più importante del Paese, il Parlamento, la Sede in cui la democrazia si esercita, vive.

Sottovalutare o addirittura negare autorevolezza a quella sede e alle sue risoluzioni, come in queste ore sta tentando di fare una parte della stessa maggioranza, crediamo sia un atteggiamento irresponsabile, che cerca di sottrarre se stessi e il proprio ruolo alla dovuta responsabilità istituzionale.

Non possiamo consentire che si giochi con le regole e i principi fondamentali del nostro stato di diritto, non si può ridurre tutto ad un gioco delle parti, che può diventare pericoloso.

Occorre che si alzi alta e forte la voce di quanti, al di là degli schieramenti politici, richiamandosi anche a valori liberali, ispira pensiero e azione ai principi di democrazia e di libertà.

Lo stesso Osservatore Romano di qualche giorno fa esprimeva preoccupazione per “gli scricchiolii della democrazia” che cominciano a manifestarsi nel paese.

E’ la storia del nostro paese a richiedere maggiore rigore e serietà da parte dei nostri rappresentanti. Le vicende storiche, spesso dolorose e drammatiche, attraverso cui i nostri padri fondatori ci hanno consegnato questo stato democratico, stanno lì a ricordarci che con la storia non si scherza!


Roma, 12 dicembre 2002


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 Caelli Dario    - 16-12-2002
Mi pare quantomeno strano e poco rispondente ai fatti negare che la storiografia in Italia abbia assunto nel corso degli ultimi trent'anni una visione ideologica di sinistra, un po' come tutta la cultura che conta. Dire che questo è un male sarebbe nocivo perché in realtà la mistificazione dei fatti non è avvenuta e la storiografia è andata via via affinandosi e producendo riletture anche importanti deigli stessi fatti pur senza cambiare coloritura politico-ideologica. Resta da appurare quali garanzie aggiuntive potrebbero derivare da provvedimenti di controllo dei libri di testo.
Certamente il problema della storia e della memoria sono fondamentali, anche per comprendere meglio il presente. Chi oggi parla del ventennio fascista come di un avvenimento che si riproduce nel presente, o non conosce bene la storia, o rende un pessimo servizio al presente.