Bisogna agire. Da qualunque punto di vista si guardino le cose, davvero è impossibile minimizzare
Lavorando in una segreteria scolastica, mi ha colpito particolarmente questo ultimo atto, la riduzione da un giorno all'altro delle risorse assegnate alle scuole per il funzionamento, riduzione riferita all'anno finanziario 2002, la cui gestione è di fatto chiusa da pochi giorni, essendo scaduto al 30.11 il termine per le variazioni di bilancio.
E' evidente che i soldi tagliati sono soldi già spesi o almeno impegni già assunti, e solo una parte delle scuole vi potranno sopperire con risorse proprie. Per le altre questo è lo strangolamento.
So bene che non è l'aspetto più grave dal punto di vista ideale o moraledelle nefandezze di questo governo, ma questa evidente noncuranza o incapacità di affrontare aspetti di normale corretta amministrazione mi sembra un segnale non minore di altri.
La voglia di opporsi esiste, nella scuola e non solo.
L'abbiamo vista nella partecipazione agli scioperi della cgil e alle diverse manifestazioni, l'abbiamo vista nella partecipazione solidale di tanti alla lotta degli operai Fiat, l'abbiamo vista nelle manifestazioni per la pace e nell'incontro sulle piazze del movimento dei lavoratori con quello dei new global...
Eppure, non possiamo negarlo, esiste anche strisciante un certo disorientamento.
Il fatto che le cose vadano comunque avanti, che provvedimenti sempre più pesanti vengano assunti malgrado l'opposizione, danno un senso di scoramento e di sfiducia.
Si aggiunga la gravità delle prospettive economiche che si appalesa ormai sempre di più, il terrorismo che si riaffaccia e la minaccia incombente della guerra...
Ce n'è abbastanza per generare timore, quando non addirittura disperazione,o almeno chiusura in sè stessi, nella difesa del proprio particolare, o anche - nei casi migliori - nello svolgimento del proprio lavoro, anche quello nella scuola, nell'illusione di poter restare estranei a tanto stravolgimento.
A questo punto diventa essenziale definire il *che fare* e anche il *come* farlo.
Vedo fatti politici importanti, come la mobilitazione promossa unitariamente dai sindacati della scuola. Non era affatto scontato, e mi pare un dato sottovalutato da molti.
Vedo una rinnovata attenzione attorno ai temi della scuola da parte del resto del mondo del lavoro, basti leggere il documento approvato dall'ultimo direttivo confederale della cgil, dovrebbero prenderne atto coloro che vedevano la scuola come cenerentola fra gli impegni del sindacato.
Eppure, bisogna fare anche altro. Bisogna trovare soprattutto il modo perché la discussione, la riflessione, la protesta, si allarghino e coinvolgano un arco sempre più ampio di persone e di forze.
Mi ha colpito – e credo non solo me – la protesta dei rettori.Le dimissioni di massa. Un gesto di assunzione di responsabilità personale ma possibile solo in un contesto di solidarietà totale. Le dimissioni di *tutti* non di alcuni.
Al di là dell’analisi del singolo gesto e delle sue conseguenze, mi interessano questi due aspetti:
- l’importanza di arrivare a muovere non solo i più convinti, i più arrabbiati, quelli con le idee più chiare, insomma *i nostri*…a questo punto non occorre davvero essere dei rivoluzionari, e forse neppure essere politicamente schierati per essere disposti a fare qualcosa…
- La necessità di inventare strumenti di espressione e di adesione che siano insieme coinvolgenti per la persona e non troppo complicati o costosi.
Penso ai *fazzoletti bianchi* dell’annoscorso, ma anche alle bandiere della pace che vedo sporgere da tante finestre della mia città, penso all’iniziativa di attac e di rete lilliput che fa inviare ai rappresentanti al WTO dei pacchetti natalizi con contenuto simbolico (a chi potremmo inviarli noi?), penso alle proteste telematiche e alle raccolte di firme, penso alla possibilità di proporre ai collegi docenti di metà anno la discussione di un documento – in parte uguale o in parte da adattare, penso a forme di protesta dei dirigenti scolastici e anche dei dsga di reti di scuole rispetto al funzionamento amministrativo, ad alberi di Natale e presepi *particolari* nelle piazze, penso anche – dopo ciò che è sucesso oggi – davvero a forme di protesta sui lbri di testo, insomma a mille cose anche piccole che possiamo inventare,che devono essere soprattutto occasioni di dialogo e occasioni per il singolo per sentirti protagonista e insieme riconoscersi, rispecchiarsi negli altri …
C’ è però una cosa da aggiungere, ed è che tutte queste cose,se lasciate alla spontaneità e promosse da piccoli gruppi, sono comunque importanti ma sarebero molto diverse se sostenute dalla forza di grandi organizzazioni.
Lo sciopero, che spero ci sia e grande,è un momento di dimostrazione di forza, ma se fosse sostenuto e preparato non solo dalle solite assemblee in cui prevalentemente si ascolta, ma da azioni diverse, visibili, da momenti in cui a ciascuno sia chiesto di rispondere a una specie di appello,di schierarsi, quella forza sarà decuplicata e centuplicata,sarà non solo la forza dei grandi numeri ma qualcosa di ancor più importante.
Riporto a commento finale una breve favola trovata in rete:
Durante un incendio nella foresta, mentre tutti gli animali fuggivano, un colibrì volava in senso contrario con una goccia d'acqua nel becco.
"Cosa credi di fare!" Gli chiese il leone.
"Vado a spegnere l'incendio!" Rispose il piccolo volatile.
"Con una goccia d'acqua?" Disse il leone con un sogghigno di irrisione.
Ed il colibrì, proseguendo il volo, rispose: "Io faccio la mia parte!"
Siccome le favole hanno un lieto fine, nel finale che io immagino gli abitanti della foresta che seguiranno l’esempio del colibrì saranno tanti da salvare la foresta.
Raffaele Ciuffreda - 15-12-2002
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Condivido il senso dell'articolo.
Nelle scuole è alta l'aspettativa per uno sciopero della scuola per la scuola con la partecipazione di tutti i sindacati.
Carino l'estratto della favola. |