Un docente - 11-12-2014 |
Io sono andato oltre: a causa del fatto che l'euro ha prodotto un dimezzamento del potere d'acquisto dello stipendio percepito, oltre al mancato riconoscimento della progressione degli scatti di anzianità e all'effettivo aumento del carico di lavoro dovuto al taglio del personale (sotto forma di riduzione delle ore d'insegnamento per diverse discipline) e alla formazione di "SCUOLE POLLAIO" e non le cosiddette classi, dicevo alla luce di questo ed altro mi sono ridotto il carico di lavoro autonomamente: quello che prima facevo in una settimana ora lo faccio in un mese. A che serve seminare sull'asfalto se poi non crescerà niente? Il futuro della nazione e' un popolo di dementi, perché ai politici interessa rubare e non governare. Allora devo minimizzare le perdite. |
Maria Luisa Loche - 14-12-2014 |
Non facile davvero, e già se ne vedono i frutti: da che scuola escono Renzi e la nuova generazione al potere? (e Barracciu ...)? Quale altra "buona" scuola potevano immaginare? Quando ho visto i cuoricini nella consultazione ho visto rosso. Ma è questione vecchia in fondo che ha come padri "nobili" vecchi invecchiati inutilmente (per sé, e dannosamente per gli altri)come L.Berlinguer, che presenta la scuola dell'"innovazione"del PD. Ma da che scuola usciva un figuro come Berlinguer? Qui la faccenda si complica parecchio ... |
Ambra Prearo - 15-12-2014 |
Insegno lettere nel primo ciclo (scuola media) e anno dopo anno mi ritrovo ragazzi ai limiti dell'analfabetismo. Tutto quello che dico va preventivamente tradotto in sub-italiano. Se mi distraggo, e parlo normalmente, non mi capiscono. Di imparare il lessico se ne fregano, loro e le loro famiglie. Mi sono convinta già da tempo che l'unico lavoro sensato da fare a scuola è l'alfabetizzazione (italiano L2) per i ragazzi stranieri. Loro hanno voglia di imparare, e infatti apprendono presto e bene. Le famiglie italiane hanno smesso di trasmettere curiosità, e non è possibile delegare alla scuola il riempimento di un simile vuoto. |
Emilio - 15-12-2014 |
E' esattamente quello che si dice anche nella mia scuola. Io ho capito che insegnare (nel senso tecnico e limitato del termine) è il più grande atto politico che ci sia concesso. E ho capito anche che non c'è nemmeno un piano organico contro la scuola (quale visione culturale si trova nella proposta del governo?), c'è soltanto la logica dei tagli (la scuola è un bancomat perfetto) e quella di presidi (e colleghi) beceri che in questo pantano vedono solo la necessità di salvarsi il posto aumentando gli iscritti. Infine ho capito che la lotta contro i contenuti dell'insegnamento, la pressione per fare meno e alzare i voti corrisponde all'interiorizzazione da parte di molti di noi, del disprezzo verso tutto ciò che non è immediatamente acquistabile/spendibile sul mercato; solo un forte senso della politicità del nostro ruolo può fare da antidoto, ma la corrente tira dalla parte opposta. |