Gli ex ministri Luigi Berlinguer e Tullio De Mauro, che si avvicendarono all'Istruzione qualche anno fa (precisamente alla fine del millennio scorso), commentando i risultati dell'indagine Talis (
Teaching and learning international survey) si soffermano sul fatto che la scuola italiana, a differenza di altre, è scarsamente innovativa. Si collabora meno tra colleghi nel preparare percorsi didattici comuni e c'è meno formazione in servizio, questo forse il dato più evidente. Inoltre, si lavora ancora poco per piccoli gruppi (ad esempio, nel cercare soluzioni a problemi) e l'interrogazione orale individuale è una pratica comune all'80% degli insegnanti italiani (altrove la percentuale arriva al 49%). Insomma l'innovazione, che è fatta di una serie di piccole e grandi cose (all'interno del contesto) capaci di superare pratiche pedagogicamente antiquate e di arrivare ad una didattica più adeguata ai tempi, dalle nostre parti fa acqua.
Lo stesso rapporto Talis, però, sempre dalle notizie riportate, ci fornisce qualche indicazione in merito alla mancata innovazione. Ebbene, uno dei dati che emerge dalle tabelle commentate dice che nella nostra scuola secondaria superiore, meno dell'1 % degli insegnanti di ruolo ha un'età inferiore ai 30 anni. Che è una percentuale irrisoria se confrontata con quella delle altre nazioni. E che il 40% dei nostri insegnanti ha un'età compresa tra i 51 e i 59 anni. Tale percentuale è la più alta tra i paesi Ocse. Con la piccola aggiunta che quando sarà portata a termine la riforma Fornero, la percentuale di anzianità nella scuola aumenterà ancora di più. Come dire, ci attende una spirale di prospettive per niente rassicurante.
Naturalmente ognuno è libero di interpretare le cose e i fatti come meglio crede, però, far finta che non ci sia un nesso tra i dati anagrafici degli insegnanti italiani e la mancata innovazione lamentata, è troppo una presa in giro, è non voler vedere come realmente stanno le cose.
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Per il resto, le notizie di questa estate strana ci descrivono una scuola come sempre alla ricerca di se stessa, ma con risultati scarsi ed insoddisfacenti.
C'è il ministro Giannini che rispondendo ad una segnalazione che in una classe sono presenti ben quattro alunni con handicap su un totale di 22, non sa o non ricorda, che il limite massimo in questi casi è di venti alunni; c'è la questione dei contributi volontari che gli studenti delle scuole superiori regolarmente versano su di un bollettino postale, dove non è mai specificato che si tratta di un contributo volontario (tali contributi arrivano alla cifra di 200milioni di euro che gli italiani sborsano 'volontariamente' a loro insaputa); c'è che nonostante tutti i proclami, per il prossimo anno scolastico i vecchi organi collegiali non si toccheranno; c'è che ci sono in corso trattative tra Miur e Cgil-scuola sull'orario di lavoro a scapito dei precari (sperando che la notizia non sia vera, che se fosse vera, è la fine); c'è altro, ma c'è anche e soprattutto che il cambiamento promesso, nella scuola come in altri settori, non c'è stato, che gli uomini e le loro politiche sono in continuità spaventosa con il passato, che tra i proclami e i fatti c'è un mare di niente, c'è che quello in cui malgrado tutto si era sperato, è stata una pia illusione.