Martedì 6 maggio e mercoledì 7 nelle scuole primarie di tutta Italia si terranno le prove "Invalsi": in sintesi si tratta di una serie di test, per la maggior parte a risposta chiusa (volgarmente si dice "a crocette"), predisposte da questo "Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione", in sigla Invalsi. Le prove si fanno ormai da una decina di anni.
Le domande sono proposte alle classi seconde e quinte della scuola primaria con un meccanismo differenziato: alcune scuole sono "campionate", cioè eseguono le prove con osservatori esterni, allo scopo di definire dati certi; altre scuole, la maggior parte, concorrono semplicemente alla definizione di un dato statistico per grandi numeri, che è quello che poi appare sui giornali.
La prova arriva alle scuole in plichi chiusi, le risposte sono - così si dice - non riconducibili al singolo alunno. Ovvio che così non è.
Cosa si valuta? "Gli studenti del nord est danno risultati migliori della media nazionale", "In matematica prevalgono le regioni del centro nord" e così via. La prova si estende a livello internazionale, confrontata fra nazioni diverse. Così i finlandesi primeggiano in tutto, gli asiatici in matematica, e via generalizzando. La scuola italiana ne esce così così, il Veneto, il Friuli, il Trentino, la Lombardia appaiono però ai livelli del nord Europa.
Chi è contrario ? La contrarietà è a molti livelli. C'è chi dice no in assoluto: le prove non misurano reali capacità, e meno ancora le capacità più importanti, quelle che mettono in gioco gli aspetti relazionali, oppure il pensiero originale. I detrattori "totali" mettono in luce il fatto che questo sistema, nato in America, proprio in America viene ora ridiscusso.
Ancora: le prove non misurano (nonostante dei correttivi) il livello raggiunto in relazione al livello di partenza. La scuola migliore è quella che arriva a 100, o quella che arriva a 80 perché è partita da meno trenta? La scuola di un quartiere di basso livello culturale, che si sforza di creare occasioni per i ragazzini di quel quartiere, vale meno della scuola di un quartiere "bene"?
Ma c'è un'altra contrarietà, meno ideologica e spinta da altre motivazioni: abbiamo scuole che cadono a pezzi, non si chiamano più i supplenti, i computer nelle scuole invecchiano a vista d'occhio, non c'è un minuto di contemporaneità fra insegnanti per fare laboratori, né pratici, né linguistici, né informatici: e spendiamo denaro pubblico per l'Invalsi? E' questa la priorità della scuola italiana? Vale la pena di spendere, in questo momento, i molti milioni di euro che queste prove costano?