Commentando gli indirizzi programmatici del Miur mi sono chiesto: perché la volontà del legislatore non ha prodotto i risultati attesi?
Le difficoltà che gli studenti incontrano nello studio della matematica, identificate da Domenico Lenzi, forniscono un'appropriata chiave di lettura del mondo della scuola: "Uno dei principali inconvenienti del crescere e diventare adulti è quello di rinchiudersi in schemi mentali che spesso sono difficili da
scardinare. La tensione verso nuove conoscenze - tipica dei primi anni di vita - finisce con l'affievolirsi, rendendo difficili ulteriori apprendimenti e l'adattamento a situazioni che non rientrino negli schemi che ci si è precostituiti. In definitiva, nell'essere umano scatta una comprensibile forma di difesa psicologica verso il
nuovo, in alcuni casi necessaria, dato che non tutte le
novità sono degne d'attenzione; una difesa che rientra nel principio della ricerca del
minor dispendio. Tuttavia, quand'anche situazioni nuove e nuovi concetti riescano a superare le prime linee difensive dell'individuo, questi corrono il rischio di essere fraintesi a causa dell'incapacità di condurre analisi efficaci, che quasi sempre si accompagna alla mancanza di apertura mentale."
Una situazione che si sovrappone alla perfezione a quella relativa all'innovazione scolastica: la fissità mentale, ovvero l'incapacità d'attribuire agli oggetti funzioni diverse da quella svolte tradizionalmente, è all'origine delle resistenze che sono e che sono state frapposte a tutte le riforme che il legislatore ha elaborato e introdotto.
Quale itinerario percorrerebbe una personase si cimentasse razionalmente con l'ammodernamento della gestione di una scuola?
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