Molteplici sono i motivi che spingono allo scontro i Romani e i Cartaginesi tra il III e il II secolo a.C.
I Romani sono ormai i padroni incontrastati dell'Italia peninsulare, sono la massima potenza territoriale dell'Occidente europeo. Essi raccolgono l'eredità storica delle città greche della Magna Graecia e della Grecia stessa, eredità che consiste nel continuare la tradizionale conflittualità e concorrenzialità commerciale greca nei confronti del mondo fenicio e poi cartaginese. Non meno interessati alla partita in corso tra Romani e Cartaginesi sono gli Etruschi anch'essi in qualche modo desiderosi di pareggiare i conti con la città punica dell'Africa settentrionale. Le città etrusche tra il III e il II secolo a.C. continuano a gestire un grosso traffico commerciale nel Tirreno, producono ancora gran parte delle forniture metallurgiche più richieste e pregiate che finiscono ormai per essere acquistate dall'occupante romano e non dimenticano gli ostacoli frapposti al commercio etrusco nel Tirreno dalla flotta militare e commerciale cartaginese. Le stesse polis greche dell'Italia meridionale sono ancora intralciate e ostacolate dai Cartaginesi che nel Mediterraneo occidentale monopolizzano sempre di più non solo le rotte commerciali, ma anche quelle strategiche e militari. Etruschi e Magno-Greci forniscono volentieri tutta l'assistenza militare e tecnica richiesta dai Romani per la guerra mediterranea contro Cartagine. La stessa espansione territoriale romana trova ormai l'unico limite nella potenza navale e commerciale punica.
L'Italia Meridionale, la Sicilia e l'Africa settentrionale cartaginese rappresentano l'area geografica e strategica più importante del Mediterraneo sia per la "coalizione" etrusco-greco-romana che per Cartagine. La Sicilia, al centro del Mediterraneo, è contesa dall'una e dall'altra parte. Lo Stretto di Messina e il Canale di Sicilia sono le due uniche vie di comunicazione tra il bacino occidentale e orientale del Mediterraneo. Chi possiede la Sicilia controlla tutte le rotte strategiche, militari e commerciali fondamentali del Mediterraneo. Inoltre l'isola è come una portaerei naturale in mezzo al Mediterraneo, da essa si può partire facilmente e rapidamente per intervenire militarmente là dove si richiede la presenza armata; la Sicilia è anche uno dei granai del Mediterraneo dove i Greci sperimentano la coltivazione granaria, istituendo il latifondo schiavistico.
Le guerre puniche pongono a confronto anche due diverse economie e due mentalità diverse: da una parte l'economia agraria romana, impostata sulla piccola e media proprietà fondiaria a conduzione familiare, dall'altra l'economia mercantilistica cartaginese. I piccoli e medi proprietari contadini italici sono anche l'elemento chiave dell'esercito romano che è quindi un esercito contadino. I piccoli e medi proprietari contadini difendono la Repubblica romana , ma anche i loro campi e il loro lavoro. Cartagine, al contrario, è essenzialmente uno Stato di trafficanti, armatori, esportatori e commercianti che nel Mediterraneo ha il suo centro vitale. Una struttura economica alternativa è pure presente a Cartagine, ma non è valutata grandemente, si tratta della "lobby" dei grandi proprietari latifondisti che vorrebbero l'espansione cartaginese rivolta verso l'entroterra africano al fine di sviluppare l'economia agricola.
La classe dirigente mercantile cartaginese, pur avvalendosi di abili generali come Asdrubale ed Annibale, non consente la formazione di un esercito "nazionale" e mette le sue fortune militari nelle mani di eserciti mercenari. Dopo aspre battaglie navali e terrestri, l'impero cartaginese viene sgretolato da Roma e dai suoi alleati.
Ma Annibale, sopraffatto militarmente, ottiene la rivincita dopo la morte: le guerre puniche disgregano l'economia romana e porgono le basi per l'introduzione di istituzioni orientalizzanti nel sistema economico romano. I piccoli proprietari contadini italici, impegnati nelle guerre puniche, non possono più coltivare i loro campi che rimangono abbandonati e facile preda dei grandi proprietari latifondisti romani che ne approfittano per impossessarsene. Contemporaneamente l'economia agraria italica e romana subisce una radicale trasformazione: la concorrenza del latifondo schiavistico schiaccia la piccola e media proprietà contadina. Il mercato richiede sempre di più una produzione di massa: la mobilitazione di ingenti masse di soldati trasforma l'economia romana; non più l'orizzonte limitato della piccola e media proprietà contadina a conduzione familiare, serrata nell'autarchia della produzione per il consumo familiare, ma gli orizzonti "sconfinati" del mercato mediterraneo che impone un'economia latifondistico-schiavista e, allo stesso tempo, un sistema di colture altamente specializzato e concentrato capitalisticamente, cioè l'introduzione massiccia della coltivazione intensiva della vigna e dell'olivo per un'agricoltura che è ormai a tutti gli effetti mercantile.
Le guerre puniche aprono ai Romani il vasto e variegato mondo mediterraneo e orientale: Annibale si vendica nel momento in cui la cultura ellenica si introduce a Roma, scardinando l'ottica comunitaria romana e insinuando i germi dell'individualismo greco e le tendenze monarchico-teocratiche dell'Oriente.
Lo sfruttamento coloniale dei territori recentemente acquisiti consente la formazione di tutta una nuova classe di appaltatori pubblici, gabellieri, speculatori e fornitori militari che rapidamente si inseriscono nel complesso gioco politico-istituzionale della Repubblica, affiancandosi alla vecchia classe dirigente e possidente del Senato romano.