breve di cronaca
Niente scuola per due bambini autistici
Il Tirreno - 27-11-2002

Chiusi in un'auletta ricavata da un bagno, nascosti come una vergogna

di Candida Virgone

PISA. Marco e Sandro hanno 11 anni. Dovrebbero giocare e vivere come tutti i bambini della loro età. Purtroppo un male di cui si sa ancora troppo poco li ha chiusi nel silenzio. La scuola invece, come una vergogna da nascondere o una difficoltà insormontabile, li chiude in uno stanzino, uno stanzino che una volta era un bagno (tant'è che ci sono ancora le docce dentro), con l'insegnate di sostegno e gli stessi giocattoli, poche cose, da cinque anni. Così non danno noia ai compagni. Ma la scuola inserisce l'handicap e - a parte i tagli alla finanziaria e le difficoltà che chi ha a che fare con le malattie in genere conosce fin troppo bene - dovrebbe aiutare a combatterlo. Molte volte però, troppe, non è così. Progetti, formazione, solidarietà, integrazione, rispetto restano solo belle parole. Parole, sulla carta, che nei fatti stentano a concretizzarsi. Un ritornello che si ripete, sempre lo stesso. Lo stesso, triste, che raccontano due mamme venute a trovarci nella nostra redazione.
Una storia incredibile. Matteo e Sandro sono affetti da autismo. Una malattia che di per sè emargina fino a chiudere gli esseri umani in un silenzio ed un distacco che, con il passare del tempo, diventano sempre più impenetrabili. Chi sa qualcosa di autismo, una malattia sulle cui cause soprattutto ancora molto si indaga, sa che il tentativo di un rapporto, di integrazione, di calore ed affetto sono fondamentali. E non c'è bisogno che siano i medici a prescrivere solidarietà e sentimento, lo si potrebbe intuire. Antonella e Carla sono due mamme, disperate e sole nella loro battaglia, ma coraggiose. Danno la loro verità, la loro versione dei fatti. Ed è una versione sconcertante. L'ambiente è la scuola elementare di Filettole, frazione del Comune di San Giuliano.
«In cinque anni di elementari - spiega Antonella Bonanni - mio figlio non ha trovato né accoglienza, né integrazione. Abbiamo subìto in tutto questo tempo una situazione di continua emarginazione. Sentivamo che nostro figlio era tollerato come un fastidio inevitabile, ma, consapevoli dell'impegno che questo comporta, speravamo sempre che, con il tempo, qualcuno imparasse ad amarlo e lo insegnasse anche ai bambini che domani saranno adulti. Invece Sandro continua a trascorrere quasi tutte le ore di lezione in una stanzetta ricavata da un bagno dove ancora ci sono le docce e non dotata di vetri infrangibili, tanto che il bambino, più volte, li ha rotti. E non certo perché sia violento. Ma perché lì non ci vuole stare e lo fa capire a modo suo, con gli unici strumenti che conosce. Perché, mi scusi, quale bambino 'normodotato' starebbe cinque ore al giorno in uno stanzino con gli stessi giochi, comprati da me in prima elementare, senza esplodere? Un giorno mi sono rivolta ai carabinieri, dove sono stata accolta con grande attenzione e sensibilità. Hanno fatto un sopralluogo nell'«aula-bagno» dove hanno rinchiuso i nostri figli, il mio e quello di Carla, ed hanno trovato molte cose non a norma. Però non è stato fatto nulla. Cambiare scuola? È vero, potrei farlo, con grande sacrificio, perché dovrei avere la certezza che nella struttura che ho scelto non si ripetano le stesse situazioni che si determinano a Filettole. Ma mi chiedo perché dovrei. È previsto un inserimento nel paese in cui abito, perché devo farne a meno»?
«Non chiediamo la luna - aggiunge Carla - chiediamo che i bambini stiano insieme agli altri, visto che hanno anche una brava maestra di sostegno, in quanto lo stare insieme fa bene a loro e ai compagni, che imparano a convivere con un problema reale qual è l'handicap, perché non è sfuggendolo che lo si cancella o lo si supera. Sensibilizzando gli altri bambini si favorisce la socializzazione. Vorremmo che avessero materiale didattico, perché non è mai esistito. E infine vorremmo che si chiudesse definitivamente questo stanzino». «Gli altri bimbi non conoscono Marco e Sandro - aggiunge Antonella - e non sono abituati ad accoglierli. Gravi sono le responsabilità degli operatori di questa scuola che, per paura, hanno precluso esperienze positive ai nostri figli e agli alti bambini, insegnando la paura del diverso e l'indifferenza ai bisogni dei più deboli, in barba alle leggi sull'integrazione dell'handicap. Mio figlio è cresciuto, manifesta ulteriori bisogni, ma si continua a tenerlo in una stanzetta non sicura, prinva di strumenti didattici adatti a lui. Ora basta! Pretendiamo l'integrazione e l'accoglienza in classe e nella scuola intera e chiediamo l'intervento dell'Asl e del provveditorato».

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 Paola    - 02-12-2002
Sono un'insegnante di scuola elementare che dalla seconda alla quinta, ha vissuto in una classe in cui era inserita una bimba con la stessa difficoltà.
Posso dire che nonostante gli inevitabili momenti di crisi, sono stati anni che ripeterei, perchè io, gli alunni e le colleghe abbiamo dato il massimo e ricevuto dieci volte tanto... da tutti i punti di vista.
C'è però da dire che nessuno di noi, MAI, ha lasciato la piccina con il collega specializzato: siamo sempre stati un gruppo che ha cercato di superare con umlità e buona volontà le piccole e grandi prove di ogni giorno.
Non dico queste cose per falsa modestia, ma perchè sento di dire a quei genitori, insegnanti ed alunni che i bambini con diverse abilità sono una risorsa ed un arricchimento per tutti: basta avere voglia di scoprire come...