Finalmente una novità: la scuola si rinnova partendo dalle mura. Magari ci sarebbe bisogno anche di rinnovare le fondamenta. Ma non esageriamo e soprattutto non generalizziamo, teniamo conto delle differenze. Quindi, per essere seri, cominciamo col dire che nella storia della scuola italiana, non tutto ciò che è stato fatto deve essere buttato via. Ma questo è un altro discorso. Quella che ci sembra una notizia degna di nota, anche se ancora tutta da verificare, è questa: il Miur ha reso note le linee guida per la costruzione degli edifici scolastici del futuro. Secondo queste linee la scuola del futuro non avrà più la sua centralità nell'aula. Avrà spazi aperti, atelier, aree comuni come si utilizzano nelle scuole del nord Europa, o anche americane e australiane. Insomma, Tablet, Lim e connessioni varie, non hanno più bisogno delle cattedre con i banchi contrapposti. Forse da tutto ciò potrebbe nascere, chissà, una dimensione nuova. Forse dovrà nascere per forza qualcosa di nuovo, che porti via almeno una parte del vecchiume in cui siamo invischiati.
Bisogna dire che alcuni modelli di questo tipo in Italia li avevamo già. Le scuole dell'infanzia dell'Emilia Romagna, anche per quanto riguarda gli spazi, hanno precorso i tempi. Ma come si sa, la nostra atavica puzza sotto il naso, ci faceva considerare quelle novità le solite sperimentazioni buone solo per i bambini.
L'importante, però, è che oggi, anche se con ritardo, abbiamo cambiato idea. Tanto più che incominciare subito dagli spazi non sarebbe male, nonostante sembri, viste le condizioni di partenza, un'impresa titanica. Ma speranza e ottimismo non devono mai mancare. Con l'auspicio che il cambiamento dell'involucro esterno, possa condizionare anche l'aggiornamento delle metodologie di insegnamento. Vogliamo crederci.
Ormai con le nuove tecnologie, associate alle forme di comunicazione imperanti, bisogna stare attenti. Nella scuola l'aggiornamento degli studenti da questo punto di vista è stato velocissimo. Del resto, non c'era da dubitare. Naturalmente, oltre al mezzo in sé, è discriminante come tali mezzi vengono usati. Era naturale aspettarsi, ad esempio, che un fenomeno come il bullismo scolastico, trovasse nuova linfa e nuovi spazi con gli smartphone e con i social network. Se prima la violenza verso il più debole avveniva solo nell'orario scolastico, nel chiuso dell'aula o al limite all'interno della scuola, adesso si prolunga anche fuori, con tutto quello che ciò comporta. Ma smartphone, social network e applicazioni varie, trovano spazio anche nella più abusata pratica scolastica: la copia dei compiti. I foglietti e altri armamentari di una volta, ormai sono stati sostituiti dagli schermi anche piccolissimi del telefonino. Siti e applicazioni gratis, passano tutto quello che c'è da passare. E le solite coperture fatte di vocabolari, cartelle e giacche, servono a nascondere, agli occhi del docente, telefonini e tablet, come una volta si nascondevano le cartucciere.
Le proposte per correre ai ripari non sono molte. Sequestro iniziale degli strumenti, come pure vien fatto, oppure? Qualcuno ha già individuato la strada, che però sembra molto lunga da percorrere, e sarebbe quella di ribaltare la situazione: trasferire a casa su video la lezione, e usare l'orario scolastico per approfondimenti ed esercitazioni con l'insegnante. Alla fine costruire prove di verifica individualizzate e graduate per difficoltà. Ma questo basta? E comunque, con il nostro grado di precarietà e di mancanza di svecchiamento, nella nostra bistrattata scuola, una cosa del genere è credibile?