Il 28 novembre 1977 moriva Benedetto Petrone, ucciso, a freddo, da una squadraccia fascista. Egli pagò con la vita il suo impegno sociale e la sua passione politica finalizzata alla realizzazione di un mondo migliore. A commissionare quell'omicidio furono coloro contro i quali Benedetto combatteva ogni giorno: i padroni della città, che con lo squadrismo e la repressione volevano conservare i propri privilegi e soffocare il Movimento, che nelle scuole, nelle università, nelle fabbriche e nei quartieri riaccendeva il conflitto e si riprendeva diritti sociali, spazi e vita.
Diritti che, non a caso, oggi ci stanno togliendo con la scusa della crisi. La risposta che, allora, la città e la Puglia antifascista mise in campo fu esemplare e coerente con la Storia che ha sempre visto il proletariato barese opporsi - fin dalle giornate di agosto del 1922 - ad ogni manifestazione di violenza e prevaricazione fascista e (nel 1922) fu sconfitto solo dal pesante coinvolgimento del Prefetto e delle autorità militari. Anche oggi come allora, a Bari, come in tutta Italia, i fascisti vengono lasciati liberi di agire indisturbati, sempre patrocinati dai partiti e dalle istituzioni che li finanziano e li tutelano.
L'ultima aggressione in ordine di tempo è avvenuta sabato, 3 novembre, ai danni di coloro che stazionavano nel borgo antico quando un nutrito gruppo di fascisti si sentiva autorizzato ad aggredire e bastonare passanti inermi: il risultato di quella notte di violenza è stato riportato dalla cronaca locale in termini di una presunta rissa tra bande e riconducibile nella ormai consunta teoria degli "
opposti estremismi" tanto cara ai giornalisti sempre pronti ad evocare "
fantasmi" inesistenti pur di compiacere il potere. La verità, invece, è un'altra: ed è inquietante.
Se rapportiamo la realtà barese a quella nazionale verifichiamo che, da un lato c'è questo crescendo di episodi e manifestazioni violente quasi quotidiane; dall'altro il fenomeno si espande a macchia d'olio e suscita reazioni troppo modeste o - come ribadito - "travisate" da analisi giornalistiche fasulle e funzionali a chi intende utilizzare questi episodi per inasprire ulteriormente i già inesistenti spazi di agibilità sociale che scaturiscono dal basso. Come interpretare, altrimenti, la sortita del Ministro dell'Interno nel corso del suo intervento al Senato che riportiamo? "
Non possiamo consentire alla piazza di fare delle scelte che deve fare la politica" esclama il ministro Cancellieri, aggiungendo che "sono mesi che ci stiamo preparando a momenti difficili" e "
tutti dobbiamo renderci conto che siamo chiamati a fare sacrifici". Il momento è molto delicato e occorre "
fare quadrato attorno alle istituzioni".
Insomma, senza troppi equilibrismi dialettici, il dipartimento del regime deputato alla repressione fisica di ogni forma di dissenso, avoca alla politica (nella fattispecie rappresentata dal governo dei banchieri che nessuno ha mai votato) il diritto di fare qualsivoglia scelta ritenga congrua, senza che "le piazze" abbiano a lagnarsi. Preconizza l'approssimarsi di momenti difficili sotto il profilo dell'ordine pubblico, causati dalle intemperanze dei molti che non accetteranno di buon grado di venir messi in mutande ed incolonnarsi ordinatamente sotto i ponti e chiama gli italiani "buoni" a sacrificarsi in silenzio, facendo quadrato intorno alle istituzioni bancarie.
Noi crediamo che i veri nemici dei lavoratori e delle lavoratrici, dei precari, dei pensionati e degli studenti, siano i padroni, gli speculatori e tutti quegli apparati statali e sovrastatali che ci stanno facendo pagare con lacrime e sangue una crisi finanziaria di cui hanno l'esclusiva responsabilità, per questo ci siamo dati tre parole d'ordine:
solidarietà, libertà ed equità sociale. Questi sono i nostri valori e, crediamo, siano gli stessi per i quali Benny ha sacrificato la sua giovane vita.
Per questi motivi invitiamo tutti a scendere in Piazza Umberto, mercoledì 28 novembre a partire dalle 18.
UNIONE SINDACALE ITALIANA - AIT PUGLIA