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La quinta libertà
Warnews - 17-11-2002
Complimenti alla casa editrice Elèuthera per aver riproposto, a distanza di
15 anni dalla prima edizione, l'ormai introvabile volume di Noam Chomsky
intitolato "La quinta libertà" (456 pagine, 16 euro): non si sarebbe potuto
trovare un momento più adatto dell'attuale per far tornare sugli scaffali
delle librerie questo importante saggio.

In esso, infatti, oltre a una puntuale e minuziosa ricostruzione degli atti
di aggressione e di controllo perpetrati nel corso degli anni '80 dagli
Stati Uniti ai danni dei paesi del Sud America, si ritrova anche un'analisi
approfondita e sorprendentemente attuale degli elementi costitutivi,
strutturali e permanenti, delle politiche interventiste ed espansioniste
statunitensi.

L'autore sottolinea che individuare questi elementi non è affatto facile,
sia perché chi detiene il potere fa di tutto per non renderli palesi, sia
perché molti cittadini preferiscono non saperne nulla così da vivere
tranquillamente la propria esistenza. Una rete infinita di inganni, spesso
di auto-inganni, avvolge la nostra esistenza.

Basta però guardarsi intorno con un minimo di spirito critico e di onestà
intellettuale per liberarsi di questa rete. Allora compare davanti ai nostri
occhi un mondo alquanto diverso da quello che un sistema ideologico assai
efficiente ama presentarci, un mondo molto più brutto, financo orribile. E
appare evidente il contributo portato dalle nostre stesse azioni, o dalla
nostra acquiescenza passiva, alla miseria e all'oppressione e forse,
perfino, alla futura distruzione del pianeta.

Ecco lo scopo che Chomsky si prefigge di raggiungere con questo saggio:
dimostrare che l'aristocrazia economica americana, allo scopo di mantenere o
estendere la propria posizione di predominio a livello internazionale, non
esita a ricorrere alla forza, alla violenza, persino alle torture più
barbare e all'assassinio di massa, e che, soprattutto, l'uso di questi
riprovevoli sistemi, oltre ad avere una portata rilevante, è pure la
conseguenza prevedibile e sistematica di persistenti concezioni geopolitiche
e di strutture istituzionali.

Per tale dimostrazione la politica adottata dagli Stati Uniti negli anni '80
nei confronti dei paesi dell'America centrale e dei Carabi, che più di altri
hanno lungamente subito l'influenza statunitense, costituisce un ottimo
esempio.

La zona in questione può essere considerata un vero e proprio museo degli
orrori, con fame, schiavitù, tortura, massacri, di cui portano la
responsabilità le clientele locali degli Stati Uniti. I quali si sono sempre
opposti con durezza e violenza a tutti i tentativi di attuare qualche
cambiamento costruttivo messi in atto dalle popolazioni locali.

Per descrivere meglio la situazione l'autore fa proprie le parole usate da
Karl Marx nel suo "La guerra civile in Francia" (1871):i> "La civiltà e la
giustizia della società borghese si mostrano nella loro luce sinistra ogni
volta che gli schiavi e i servi insorgono contro i propri padroni. Allora
tale civiltà e giustizia gettano la maschera e mostrano la loro natura
selvaggia e vendicativa".

Nicaragua, Salvador, Guatemala. Le violente ingerenze nordamericane negli
affari interni di questi paesi vengono analizzate e vagliate con estrema
cura e attenzione da Chomsky. Che porta a sostegno delle sue argomentazioni
una mole impressionante di documenti ufficiali, di rapporti segreti e di
testimonianze dirette. Le prove presentate mettono in risalto le
innumerevoli atrocità commesse in America centrale dai satelliti degli
U.S.A. e dimostrano il ruolo determinante che in esse svolgono gli Stati
Uniti stessi.

I fatti sono tanti e tali che nessuno può negare l'esistenza di una
Washington connection decisiva per la creazione, l'addestramento e il
mantenimento di questo sistema di terrore statale altamente organizzato. Con
grande fastidio del governo americano, degli organi di informazione di massa
e degli intellettuali sedotti dal potere, che invece hanno sempre cercato di
occultare le violenze più efferate e di produrre un flusso costante di
giustificazioni degli eccidi e delle torture.

Nel 1941 il presidente Roosevelt affermava che il compito principale degli
Stati Uniti d'America doveva essere quello di fare il possibile per
difendere e coltivare le "Quattro Libertà" fondamentali: la libertà di
parola, la libertà di culto, la libertà dal bisogno e la libertà dalla
paura. L'attento esame della politica estera americana, però, mostra,
secondo Chomsky, l'esistenza di una Quinta Libertà, che sovrasta per
importanza le altre quattro: la libertà di sostenere gli interessi americani
nel mondo a tutti i costi e con tutti i mezzi, compresi l'omicidio, la
rapina e lo sfruttamento.

Quando in territorio nemico una delle quattro libertà ufficiali viene
violata, - scrive l'autore - subito insorge, addolorata, la nostra
indignazione. Ma questo non vale per i territori sotto il nostro controllo.
Di questi ultimi ci si occupa solamente quando viene minacciata la Quinta
Libertà, l'unica che conti realmente.
Se si studiano gli interventi statunitensi realizzati nelle varie regioni
del mondo ci si accorge che essi in apparenza sono determinati dal sostegno
ai diritti umani violati o alla libertà dei popoli oppressi, mentre in
realtà ciò che li provoca non è altro che la difesa a oltranza degli
interessi dei grandi potentati economici con base in America.
La retorica U.S.A. è spesso nobile e ispirata, ma la politica reale segue un
corso suo proprio assai diverso. Per Chomsky gli svolazzi retorici dei
leader politici, echeggiati attraverso le istituzioni ideologiche, servono a
nascondere al popolo di questa potenza egemonica la realtà delle cose, che,
causa dell'orrore che porta con sé, se venisse completamente a galla non
sarebbe tollerata . Il vero significato dell'appassionata devozione per i
diritti umani mostrata dai presidenti degli Stati Uniti, è ben compreso nel
Salvador, a Timor, nel Laos, e altrove, da centinaia di migliaia di vittime
della tortura, della fame, degli eccidi.

Scrive Noam Chomsky: "L'attenta considerazione della storia, nonché dei
documenti sui piani d'intervento, rivela l'esistenza di una concezione
geopolitica fondamentale: conservare la Quinta Libertà, con qualunque mezzo.
Solamente alla luce di questo principio diventa perfettamente comprensibile
l'operato, a livello mondiale, degli U.S.A.

Ecco un altro punto fondamentale del saggio di Chomsky: Il principio della
Quinta Libertà è un elemento costante, profondamente radicato nelle
istituzioni basilari della società americana. Gli Stati Uniti sono una
potenza globale e la loro concezione geopolitica generale non deriva da
decisioni occasionali o da eventi fortuiti bensì da strutture istituzionali
estremamente restie a modificarsi, fondate appunto sulla Quinta Libertà.

Le direttrici principali della politica estera americana sono dunque
estremamente chiare, e lo sono già da decenni. Abbiamo il 50% circa della
ricchezza mondiale, e solo il 6,3% della popolazione mondiale. In siffatta
situazione non possiamo evitare di essere oggetto di invidia e risentimento.
Nei tempi a venire, il nostro compito sarà di mettere a punto un tipo di
relazioni che ci permetta il mantenimento di tale posizione di disparità
senza che da ciò sia compromessa la nostra sicurezza nazionale. A tal fine,
dovremo abbandonare qualunque sentimentalismo e concentrare ovunque la
nostra attenzione sugli interessi nazionali immediati. E' inutile fingere di
poter concederci il lusso dell'altruismo e della beneficenza a livello
mondiale. Dovremmo smettere di parlare di obiettivi vaghi e irrealistici,
come i diritti umani, l'innalzamento dei livelli di vita, la
democratizzazione. Non è lontano il giorno in cui dovremo occuparci di veri
e propri problemi di potere, e allora sarà bene non avere gli impacci di
certi slogan idealistici.

A scrivere queste frasi estremamente attuali non è qualche falco di
Washington esasperato dalla tragedia dell'11 settembre 2001, bensì, nel
lontano 1948, George Kennan, allora capo del settore pianificazione del
Dipartimento di Stato. Dal dopoguerra ad oggi, dunque, nulla sembra essere
cambiato nella mentalità di chi governa gli Stati Uniti d'America.

E' importante tener presente, afferma Chomsky, che tale comportamento è
sistematico e del tutto razionale, date le concezioni geopolitiche che lo
guidano, concezioni radicate nella struttura istituzionale della società
americana. Ne deriva però che l'attuale situazione non è permanente:
cambiando la struttura istituzionale degli U.S.A. cambieranno anche le sue
concezioni geopolitiche.

Se in America venisse cambiata la distribuzione interna di potere,
ricchezza, proprietà e controllo, il peso della Quinta Libertà per
l'economia americana verrebbe a ridursi.
Dunque non tutto è perduto. Ma perché le cose cambino, e cambino in meglio,
occorre che all'interno degli Stati Uniti avvengano radicali sconvolgimenti.
Dare vita a riforme vaste e profonde non è però cosa facile. Bisogna infatti
che i cittadini imparino a valutare gli accadimenti interni e internazionali
con estrema attenzione, un'attenzione talmente intensa da riuscire strappare
il pesante velo della propaganda ufficiale che tutto avvolge e tutto
mistifica. I cittadini hanno il diritto e il dovere di conoscere con
esattezza le motivazioni e le azioni di coloro che esercitano il potere
perché solo in tal modo l'operato di questi ultimi potrà essere giudicato
correttamente.
E' particolarmente importante - scrive Chomsky - che chi vuole tentare di
influenzare la politica governativa abbia ben chiare queste questioni.

Le argomentazioni dell'autore risalgono a 15 anni fa ma non mostrano certo
la loro età. Piuttosto sembrano scritte pensando alla situazione attuale.
Non a caso in un recentissimo articolo apparso sul quotidiano tedesco
Frankfurter Rundschau lo scrittore di origine inglese John Berger affronta
gli stessi argomenti ed esprime le stesse opinioni dell'autore de "La quinta
libertà". Facendo riferimento in particolare agli U.S.A. egli afferma che
oggi il potere è caduto nelle mani di una cricca di fanatici (decisi a
mettere un limite a tutto tranne che al potere del capitale), ignoranti
(pronti a riconoscere solo la realtà della propria potenza di fuoco),
ipocriti (due misure per tutti i giudizi etici, una per noi e un'altra per
loro) e spietati cospiratori B52. Anche se per funzionare richiede
tecnologie estremamente sofisticate, il meccanismo politico della nuova
tirannide è semplicissimo. Imporre ovunque - a costo di qualsiasi disastro -
il nuovo caos economico che da un lato crea profitto e dall'altro povertà.
Assicurarsi che le frontiere siano in una sola direzione: aperte alla
tirannide, chiuse agli altri. Ed eliminare ogni opposizione chiamandola
terrorismo.

Dunque oltre un decennio fa, come ampiamente documentato da Noam Chomsky nel
suo libro, gli stati che si opponevano alle ingerenze e ai soprusi degli
americani e dei loro alleati venivano considerati nemici mortali in quanto
legati a filo doppio all'Unione Sovietica. Non solo. Coloro che all'interno
del paese si schieravano dalla parte dei popoli che lottavano per
l'autodeterminazione venivano immediatamente accusati di essere comunisti e
quindi traditori. Oggi è lo stesso: basta sostituire l'Unione Sovietica con
gli stati canaglia e il comunismo con il terrorismo e il gioco è fatto.

Coloro che hanno scippato il potere - scrive ancora John Berger nel già
citato articolo - pretendono di salvare il mondo e di offrire alla sua
popolazione l'occasione di diventare loro clienti. Il consumatore mondiale è
sacro. Ciò che non aggiungono è che i consumatori contano solo perché
generano profitto, che è l'unica cosa davvero sacra. Questa astuzia ci porta
al nodo. La pretesa di salvare il mondo maschera l'assunto del cospiratore:
una vasta parte del mondo, inclusi il grosso del continente africano e una
parte considerevole dell'America del Sud, non può essere salvata. Di fatto,
ogni angolo del mondo che non può diventare parte del loro centro è
insalvabile. E tale conclusione è l'inevitabile conseguenza di un dogma: la
sola salvezza è il denaro, e il solo futuro globale è quello delle loro
priorità che, anche se chiamate con altro nome, coincidono con il loro
utile.

Nelle ultime pagine del suo libro Chomsky sembra profetizzare l'attuale
atteggiamento degli U.S.A. nei confronti dell'Iraq di Saddam Hussein e dei
così detti stati canaglia. Non c'è dubbio che i conservatori sperano di
lasciare un segno imperituro nella politica americana. Vogliono dimostrare
che la violenza paga. Il sistema di propaganda ha costruito una serie di
demoni, dinanzi ai quali dobbiamo tremare di paura. Fortunatamente, ci
assicurano i nostri valenti pensatori, l'amministrazione sta cercando di
sbarazzarsi dei gaglioffi. Se si riuscirà a distruggerli per mezzo della
violenza, gli effetti a lungo termine sulla politica degli Stati Uniti
potrebbero essere rilevanti. Non ci sarà più posto per i pusillanimi nel
sistema politico; per coloro che si trastullano con trattati e negoziati,
con soluzioni politiche, con il diritto internazionale e altre quisquilie
del genere. Ci sarà posto soltanto per delinquenti criminali che godono
nell'inviare le loro truppe e le loro squadre di sicari a torturare e ad
ammazzare chi è troppo debole per reagire e difendersi.

A tutto questo però ci si può opporre, ci si deve opporre. E in questa lotta
per l'affermazione di una visione o una speranza diverse per il mondo, per
usare ancora le parole di John Berger, già nei lontani anni '80, di nuovo
con incredibile lungimiranza, Chomsky assegna un ruolo fondamentale
all'Europa. L'Europa dovrà fare le sue scelte. La via più facile consiste
nel mantenersi fedele e obbediente agli ordini del padrone, evitando di
offrire aiuti alle vittime del terrore statunitense, lasciando gli Stati
Uniti liberi di esercitare il proprio volere. Ma potrebbe anche imboccare la
via dell'indipendenza, prendendo sul serio la retorica
sull'autodeterminazione e sui diritti umani, che viene sfoderata con grande
indignazione quando un nemico ufficiale può essere accusato di
maltrattamenti e crimini. E agendo di conseguenza.

Quindici anni fa, dunque, Chomsky ha caricato l'Europa di una grande
responsabilità: quella di fermare il dilagante strapotere economico e
militare degli U.S.A. Ma se fino ad ora i paesi europei hanno potuto evitare
di affrontare la questione, oggi una chiara scelta di campo non può più
essere rinviata: ne va della salvezza del mondo intero.

Massimo Virgilio

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