Che cosa sei diventata
Emanuela Cerutti - 04-05-2012
Rubo. Lo diceva anche Picasso: le opere d'arte non basta copiarle. bisogna rubarle se si vuole creare. Se si vuole provare a continuare un percorso e a far crescere l'albero infinito. Dario Fo pare saperlo, quando, nel 2011, dipinge i respingimenti e gli annegamenti di migranti nel Mediterraneo con forme e colori fiamminghi. Forme e colori che, forse perchè vengono da tanto lontano, agitano il pensiero e ti fanno chiedere: che cosa sei diventata Italia? O che cosa non hai saputo diventare?

Così mi viene in mente di rubare una canzone, trovata per caso cercando notizie dell'ultimo Galileo, dopo Caparezza, il Galileo che Paolini ha messo in scena lo scorso 25 aprile nel tunnel del Gran Sasso, tra neutrini plaudenti e ricercatori dvertìti. Non sono riuscita a vederlo per intero, lo spettacolo, ma ho sorriso alla richiesta d'apertura:"un minuto di rivoluzione". I rumoreggiamenti, presi un po' alla sprovvista, durano una cinquantina di secondi e la voce del comico induce a riflettere: qualsiasi cosa gli italiani comincino finisce prima....

Insomma, non trovando la fine, trovo una canzone. Musica e testo sono dei Mercanti di Liquori, che con Paolini ci lavorano; le parole sono per una donna dalle molte storie e dai molti volti e sono tristissime, ma di sicuro raccontano profondi angoli di verità, se vere sono le cose che ci circondano e che tutti i giorni possiamo toccare con mano.


Comunque sia, questa canzone mi fa talmente arrabbiare. Perchè sono donna e perchè so che non sempre le cose che ci circondano sono esattamente quelle che appaiono. E perchè, all'improvviso, mi è venuta in mente un'altra realtà, di genere femminile e di numero collettivo, che potrebbe starci con il testo. All'improvviso non è corretto, però: qualche giorno fa un genitore, straniero e ben integrato, riferendomi di episodi di bullismo locale in una classe di scuola media superaffollata, mi chiede se la scuola italiana è sempre stata così. Ecco, tutto si tiene. Domande e risposte si affollano come gli studenti tra i banchi e faticano a mettersi d'accordo. Però si muovono e cambiano interlocutore.

Allora: che cosa sei diventata scuola? O che cosa ti hanno fatto diventare? Ho provato a giocare con il testo, a rubarlo e a tessere tra dritti e rovesci un'immagine plausibile. Un'immagine che parli soprattutto a chi nella scuola decide, fingendo spesso coinvolgimento e raramente compiacimento. E che, forse, usa le stesse domande per altri scopi.

"Tu mi chiedi che cosa è diventata questa scuola chiusa nei suoi uffici, nelle sue confuse carte e nelle burocrazie. Le tue.
Questa scuola che spesso non bada ad orari o a vincoli impossibili, e non stabilisce differenze di casta per impedire amicizie tra gente di cattedra e gente di pulizia.

Tu mi chiedi che cosa è diventata questa scuola delle mense litigiose e complicate, dove la varietà alimentare benedetta da slow food non sempre coincide con la varietà dei colori di pelle, feste, maquillages.
Questa scuola che quando arriva a casa si porta la fretta del tempo che manca e l'umanità che bussa fin lì.

Tu mi chiedi che cosa è diventata questa scuola che combatte tra tecnologia e vita, tra programmi di poca utilità e richieste inevase di alfabeti possibili.
Questa scuola che la sera, in classe, si addormenta con ancora addosso le ore di una catena di montaggio che la doccia non cancella e non alleggerisce.

Tu mi chiedi che cosa è diventata questa scuola dove ogni giorno c'è una novità da scoprire, un test a cui rispondere, un risultato da raggiungere che altri hanno deciso per lei.
Questa scuola degli storici due mesi di vacanza, che ben nascondono le lunghe ore dovute che nessun cartellino timbra e nessun cliente riconosce.

Tu mi chiedi che cosa è diventata questa scuola rispolverata durante le emergenze, senza regole e senza soldi, perchè i bandi imbandiscono altre tavole.
Questa scuola dove nessuno è capo ma molti pontificano, giudicano, autoritariamente indorano, chiudendoli, i cancelli dell'autonomia.

Tu mi chiedi che cosa è diventata questa scuola della formazione da Autogrill, dei concorsi truccati, del merito disonorevole e disonorato.
Questa scuola che nel bilancio entrata-uscita perde sempre, soldi, titoli, risorse, ma che farebbe carte false per non perdere nemmeno un bambino.

Tu mi chiedi che cosa è diventata questa scuola.
Io ti chiedo che cosa l'hanno fatta diventare le molte miserabili, volute, miopie che nemmeno un cannocchiale correggerebbe.
Ti chiedo cosa possiamo fare per difenderla dalle troppe scelte miserabili di cui ormai tutti abbiamo capito l'antifona.

Rispondimi, senza miserabili e vuoti discorsi. Almeno provaci, prima di stabilire un tempo massimo per la parola fine."


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