Scuola, interesse comune
Lorenzo Picunio - 06-04-2012
I bambini che oggi sono in classe quarta della scuola primaria - classe 2002 - saranno i diciottenni del 2020. Per quella data gli Obiettivi di Lisbona dell'Unione Europea prevedono l'80% di giovani diplomati. Oggi la percentuale, italiana ed europea, è molto più bassa. Una scuola, quindi, sulla quale si deve investire, in tecnologia, in qualità, in servizi, anche in edilizia: esattamente il contrario di quello che si sta facendo nell'Italia di oggi.

Si dice:"C'è la crisi": ma dalla crisi non si esce tagliando i servizi e i redditi. Dalla crisi si esce favorendo la produzione di ricchezza, e questo comprende anche quella ricchezza spostata avanti nel tempo che è rappresentata dalla cultura, dall'istruzione, dall'aggiornamento sulle nuove conoscenze. Non sarà nel 2020 la nostra un'Europa manifatturiera: avremo bisogno di persone colte, capaci di parlare bene le lingue, utilizzare appieno l'informatica, gestire relazioni fra persone, assimilare per tutta la vita competenze nuove. Cosa si fa, invece?

Da quest'anno le scuole primarie non hanno più contemporaneità orarie, e quindi si perde ogni possibilità di attività di laboratorio. L'edilizia, in edifici scolastici che ormai sono in gran parte arrivati a 50-60 anni di vita è pressochè un disastro. I servizi che i comuni assicurano alle scuole (mense, trasporti, Itinerari Educativi) sono tagliati dalle finanziarie dei vari governi. Lo stesso accade per i servizi psico-pedagogici delle Asl. Non si chiamano le supplenti, e i bambini vengono divisi per le classi. Non è una richiesta ideologica chiedere che alla scuola sia assicurato il necessario per funzionare: è un interesse di tutta la società, compresi gli imprenditori.

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