breve di cronaca
Ragazzi, l´identità si forma nel gruppo
La Stampa - 15-11-2002
TRA INDIVIDUALISMO E AGGREGAZIONE


«EVENTO non solo raro, ma anche unico e tardivo», il bambino è lasciato solo troppo spesso: questo isolamento, accerchiato dagli impegni di lavoro di mamma e papà, da videogiochi e merende in cucine deserte, è stato di recente evocato al XXVI congresso nazionale della Federazione Italiana dei Medici Pediatri (tenutosi a Grado), in previsione di una «Carta dei diritti del bambino assistito dal pediatra». La giornata di bambini e adolescenti sgocciola spesso dentro un senso di abbandono, provvisorio ma non per questo meno angosciante. D'altro canto i momenti di solitudine sono essenziali per crescere, come ricordava qualche tempo fa lo scrittore e insegnante Marco Lodoli. Questo perché la nostra vita sociale è inevitabilmente un insieme di individualismo e aggregazione, anche in un'epoca come la nostra, «segnata da un lato dalla crisi delle appartenenze di gruppo e dalla tendenza alla globalizzazione, dall'altro dalla loro esaltazione e dal proliferare di fondamentalismi di ogni tipo»: siamo insomma un intreccio di «io» e «me», come spiega Giuseppini Speltini nel volume Stare in gruppo. Fare squadra, con gli amici, nello sport, sul lavoro, in politica (Il Mulino). Che sia l'aula di scuola, l'equipaggio di una barca a vela, il branco di intrepidi scout, il gruppo è un modello sociale dalle infinite varianti ma anche con certe dinamiche e caratteristiche che, al di là delle apparenze, si ripetono con costanza. Il bambino che ai giardinetti cerca di introdursi nel gioco collettivo, l'adolescente accolto nel branco violento, il neofita alle prese con i dettami della sua nuova religione, affrontano ciascuno con il proprio armamentario di comportamento e di esperienza il rito dell'iniziazione. Dentro il gruppo, poi, esistono gerarchie, ruoli fissi - come il capro espiatorio o il buffone -, segni espliciti di riconoscimento e codici di appartenenza: ogni forma dello stare insieme richiede infatti una misura di conformismo, insieme alla capacità di innovare. Di fronte alle scelte collettive, l'individuo può manifestare una convinzione autentica, ma anche compiacenza o autoconvincimento, necessari a volte per «restare». L'appartenenza al gruppo dovrebbe essere dunque un equilibrio consapevole fra l'adesione alle regole e l'esercizio dello spirito critico: un antidoto alla solitudine dei nostri figli è insomma la capacità di distinguere il momento in cui si ha da camminare in composta fila indiana, da quello in cui si deve alzare la mano e prendere la parola. Al di là del fenomeno sociale e di come esso si rifletta nella realtà di oggi, la capacità di stare in gruppo chiama in causa la questione cruciale dell'identità, o meglio del fatto che l'identità è immancabilmente un fatto plurale, perché ogni individuo si ritrova sempre in più appartenenze: nazionalità, fede, vocazione, passione, sport. Solo la coscienza di questa complessità che è il tratto comune di ogni persona, mette al riparo dal fondamentalismo, cioè dal principio dell'identità per esclusione, sia essa religiosa, nazionale, culturale. Elena Loewenthal
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