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Difendiamo l'articolo 18 perchè è giusto, perchè è necessario
Sinistra svegliati - 20-12-2011
L'impervio passaggio d'epoca che stiamo attraversando rischia di essere caratterizzato da un segno recessivo e regressivo, tanto nelle dinamiche economiche e sociali quanto, più in generale, sui temi dei diritti e delle libertà.

In Italia - anche più che altrove - tali connotati di iniquità e cinismo sociale vengono esaltati dall'apparente messa in mora della politica, o almeno della sua funzione regolatrice di interessi contrastanti e di tutela di quelli generali.

In questo quadro, così come era facile immaginare che la crisi venisse fatta pagare di più - e più facilmente - ai più deboli, era quasi scontato che si riproponesse l'attacco ai diritti del lavoro, in nome di una falsa idea di solidarietà al ribasso, per cui i "più garantiti" cederebbero quota parte delle loro tutele per dare spazio ai precari e, segnatamente, ai più giovani.

E' quasi sconfortante dover fare osservare che la cessione di diritti non andrebbe nella direzione di un vantaggio per giovani e precari - ché di precari ce ne sono ormai anche molti non più giovani - ma nella direzione di un vantaggio esclusivo del datore di lavoro, che consoliderebbe il suo ruolo di "padrone" di un rapporto per sua natura non paritario e sempre meno bilanciato da regole e controlli.

Perché mai entrare in un mercato del lavoro con condizioni peggiori dovrebbe essere un vantaggio?

Perché rinunciare ai diritti dei padri dovrebbe essere un beneficio per i figli?
Perché propinarci ancora la storiella che in questo Paese non si può licenziare? Lo vadano a raccontare a Pomigliano, a Termini Imerese, agli 800 lavoratori dei wagon- lit messi fuori da un giorno all'altro per una sciagurata decisione unilaterale dei vertici aziendali.

Difendere il principio che non si può licenziare senza giusta causa non è un veto ideologico né un pretesto per mascherare l'indisponibilità al confronto, è - al contrario - una necessità tanto più impellente in un momento di crisi drammatica e di grave difficoltà economica.


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