breve di cronaca
Studiare Garibaldi? Meglio cominciare dall'atomica
Corriere della Sera - 13-11-2002
DISCUSSIONI Antiseri, Arfé, Canfora, De Mauro e Sabbatucci intervengono
sulla riforma delle scuole medie inferiori

Il ministro Moratti vuole valorizzare l'Ottocento, ma il partito del
Novecento si ribella

C'era una volta il Novecento, ed era tutta la nostra vita. Ma oggi che il
secolo è concluso, possiamo considerarlo alla stregua degli altri?
Archiviarlo, magari, accanto al Decimo, quello delle paure epocali per l'
anno Mille, o al Sedicesimo delle guerre di religione? Non lo credono né gli storici né i filosofi, classicisti o contemporaneisti che siano, attenti ai
programmi scolastici. Che bocciano, o almeno considerano con diffidenza, le ultime intenzioni di riforma per le medie attribuite al ministro Moratti.
Passino, concedono, certe buone intenzioni dal sapore piacevolmente retrò, ad esempio il ritorno, alle elementari, delle poesie imparate a memoria. Si facciano pure avanti i restauratori del latino, già ridotto a un'ombra negli anni precedenti l'inizio del liceo. Si rinfreschino materie come grammatica, mitologia e persino l'odiatissima (dai ragazzi) analisi logica. Si ridia spazio, come è giusto, al ruolo storico della famiglia e dei costumi locali.
Ma, per favore, non si tolga il Novecento dalle cartelle dei dodicenni, non
lo si ridimensioni per fare spazio alle gesta di Pietro Micca o alle sassate
antiaustriache dell'eroico Balilla.
Insomma, l'idea di restringere il tempo di studio dedicato alla storia
prossima, incluse la bomba atomica e la rivoluzione elettronica, ottiene in anticipo un effetto paradossale: unire nel fronte del «no» studiosi ed
esperti di formazione e scuola politica diverse. Non piace a nessuno la
prospettiva di allargare il Risorgimento a spese del secolo XX (valorizzato
invece dal precedente ministro Berlinguer). Non convince neppure la nuova scansione temporale degli studi che dovrebbe prepararla, e che prevede per la terza classe una galoppata dal congresso di Vienna alla fine dei regimi comunisti.
Miracolo, dunque: la difesa del Novecento unisce tutti, anche se poi ognuno ritorna al gusto dei distinguo quando si tratta di indicare le linee
generali della riforma.
Il più radicale nel capovolgere il criterio adottato dalla Moratti (e ispirato, a quanto pare, da Alleanza Nazionale) è l'ex ministro alla Pubblica istruzione Tullio De Mauro. È vero che il linguista si riserva di commentare il progetto soltanto dopo aver esaminato i documenti, però la sua ricetta per la storia - ammette lui stesso - farebbe «rischiare il
linciaggio» all'audace che proponesse di adottarla. Si tratta di questo:
rovesciare tutto, partire dal presente per arrivare al passato. Così, ad
esempio, in terza elementare i bambini comincerebbero con le cose di tutti i giorni per arrivare a Romolo e Remo. «Niente di veramente nuovo - avverte De Mauro - dato che la proposta risale agli anni Venti e porta la firma di illustri studiosi come Giorgio Pasquali e Giovanni Gentile. Entrambi sostenevano che la pretesa di partire da Adamo fosse un errore, meglio cominciare con la filosofia contemporanea per approdare alla Grecia classica». Dunque: «Occorre rispettare il Novecento se si vuole capire il mondo, e dare più spazio alla contemporaneità. Altrimenti, si rischia che la storia delle spedizioni romane in Illiria venga presa dagli studenti per quella delle vacanze in Dalmazia con pacchetto turistico».
Più cauto nella difesa del Novecento è il filosofo Dario Antiseri, che
spesso ha criticato l'uso ideologico dei libri di testo. «Ma una cosa è
usare certe precauzioni, un'altra negare la necessità che i giovani
conoscano il passato prossimo, le grandi tragedie illustrate da Primo Levi ( Se questo è un uomo ) o da Varlam Salamov ( I racconti della Kolyma ), o la nascita e lo sviluppo dell'Unione Europea». E' deluso, Antiseri, e non solo in materia di storia: non gli piacciono la riforma degli esami di maturità (che vorrebbe collegati all'università con criteri selettivi), la scelta della formazione professionale a tredici anni («prematura»), soprattutto la mancata introduzione del buono-scuola «che avrebbe intaccato il quasi monopolio statale dell'istruzione». Ora, la faccenda del Novecento peggiora le cose: «E' vero che la comprensione dei fatti recenti è difficile, come insegna la "storia degli effetti" di Gadamer, perché un biologo di oggi comprende il significato dell'opera di Darwin meglio di Darwin stesso. Tuttavia, visto che si vive oggi e non nel basso medioevo, è necessario che i giovani conoscano quanto è successo di rilevante dopo la seconda guerra mondiale».
Moderata ma non troppo anche l'accoglienza dello storico Giovanni Sabbatucci al progetto Moratti: «Ero favorevole alla riforma Berlinguer che aumentava lo spazio per il Novecento alle superiori, posso comprendere ora l'esigenza di porre un argine, nelle medie, a un eccesso di contemporaneità. In generale, però, trovo inquietante l'alternanza delle riforme, l'idea che un cambio di governo debba portare con sè anche quello dei programmi, come se la scuola fosse un'aliquota fiscale. Qui si cerca di lasciare un segno politico a tutti i costi, e con argomentazioni di tipo ideologico. E poi, diciamolo, è bene non esagerare con il risorgimento italiano, ne abbiamo studiato fin troppo...».
Già, l'ideologia è una parola che non manca di irritare. Lo storico Gaetano Arfè è seccato per l'ostracismo alla parola «imperialismo», definita «marxista»: «In realtà risale alla politica economica inglese di fine Ottocento, a Hobson». Polemica a parte, Arfè è convinto che «il Novecento debba essere studiato per un anno intero: troppo importanti i suoi avvenimenti per farsi spaventare dal rischio di discuterne in classe». O anche delle polemiche: «Sono manifestazioni di vitalità. E poi, rispetto a trent'anni fa, le passioni politiche si sono alquanto indebolite».
Resta il problema del che fare. Allungare lo studio dell'Ottocento a danno
del Novecento, oppure viceversa? O lasciare le cose come stanno? Ci vorrebbe ben altro, per lo storico Luciano Canfora: «Si dovrebbero allungare di un anno i corsi delle medie superiori per dare spazio a letteratura, arte, scienza, filosofia, storia del secolo appena concluso... e farlo senza buttare via Dante». Si dovrebbe, ma il pessimismo della ragione gli suggerisce un'altra verità: «La nostra scuola è ormai, temo, irriformabile. Un edificio si può abbattere e ricostruire, ma il sistema educativo no: vecchio e nuovo vanno insieme. Oggi il personale, diversamente dai principali paesi europei, è poco pagato e poco motivato, e mediocremente preparato dagli studi universitari. Ecco perché la macchina funziona male».
Parole amare, appena corrette da una goccia d'ironia: «Per metà del
dopoguerra la sinistra ha continuato a chiedere di studiare di più il
Novecento, per dare spazio alla vicenda del fascismo. Con la fine dell'Urss, le parti si sono invertite, e la stessa richiesta è venuta da destra sul comunismo». Un bell'esempio di partigianeria? Certo. Ma a volte, al di là delle intenzioni, anch'essa può portare alla conoscenza.
Dario Fertilio
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