Il programma neodemocristiano di Monti
Lucio Garofalo - 24-11-2011
Una volta i colpi di Stato li organizzavano ufficialmente i colonnelli, non a caso si chiamavano "golpe militari". Oggi li ispirano e li eseguono direttamente i banchieri e i tecnocrati della finanza, affiancati da generali, emissari della Confindustria e referenti del Vaticano, ma ipocritamente si definiscono "governi tecnici". Non si tratta di analisi dietrologiche, ma è la presa d'atto di quanto accade sotto i nostri occhi. Nella migliore delle ipotesi, in Parlamento si osa discutere di "sospensione della democrazia". Ad insinuare simili accuse, che si preferisce liquidare comodamente come "farneticazioni", non sono pericolosi sovversivi, ma giornalisti prezzolati e burocrati al servizio dell'apparato berlusconiano, nonché alti funzionari di partito organicamente inseriti nei Palazzi del potere che agiscono da anni all'interno delle istituzioni rappresentative.

Viceversa, sorprende (ma non troppo) che esponenti del "centro-sinistra", che fingevano di schierarsi all'opposizione azzardando ingegnosi espedienti dialettici e parlando (non a torto) di "emergenza democratica" per deplorare l'atteggiamento semi-dispotico di Berlusconi, oggi non proferiscono verbo per commentare l'intervento destabilizzante (poiché trattasi di eversione) attuato per rovesciare il "sultanato" di Berlusconi (che non va rimpianto) e insediare un esecutivo che si preannuncia più funesto del precedente.

Anzitutto, la squadra del neonato governo concentra una serie di figure legate a doppio filo con i poteri che da sempre condizionano il destino del nostro Paese: le principali banche (UniCredit, Banca Intesa, Mediobanca e altri grossi istituti), la Confindustria, il Vaticano, i vertici militari e la Nato. Tali poteri sono rappresentati nel governo Monti, in cui figurano vari portavoce della Confindustria, generali, esperti bocconiani e docenti di altre università private, fiduciari delle gerarchie ecclesiastiche e così via. Il loro compito sarà essenzialmente esecutivo, ossia tradurre in provvedimenti immediati le direttive politiche della BCE, la cui linea è sposata dalle più forti istituzioni economiche mondiali, dal Fondo Monetario Internazionale ai centri più o meno occulti dell'establishment finanziario sovranazionale. Si potrebbe azzardare che Mario Monti è l'esecutore di un piano di commissariamento del governo italiano, il cui mandante è Mario Draghi alla guida della BCE. Da un governo composto da fascisti, piduisti, mafiosi e puttanieri, con a capo il satrapo-satiro di Arcore, autodefinitosi "premier a tempo perso", si è passati direttamente ad un esecutivo formato da banchieri, autorità militari, tecnici confindustriali e referenti della curia pontificia. E' arduo scegliere il "meno peggio".

La concretizzazione dei punti politici prescritti al governo del nostro Paese da soggetti che sono l'emanazione diretta delle oligarchie finanziarie di cui la BCE è il vertice istituzionale, comporterà il massacro dei diritti e delle tutele sociali che hanno garantito finora il mondo del lavoro in Italia, o una parte di esso. Parlare di "lacrime e sangue" risulterebbe persino un eufemismo. Monti ha annunciato un piano di "sacrifici" affiancati da elementi di "equità". E' facile presumere che incasseremo solo i sacrifici.

Dalle dichiarazioni programmatiche ancora vaghe e generiche, al punto che Monti è stato definito un "democristiano", si evince un'assenza di discontinuità rispetto alla linea del precedente governo, mentre si coglie un nesso con la politica berlusconiana sul fronte economico e sociale, in particolare sul tema dell'istruzione. Non a caso, nel discorso di insediamento, Monti ha richiamato l'istituto dell'INVALSI, indicato come base di un presunto meccanismo "meritocratico" da introdurre nel mondo della scuola per determinare la carriera economica e professionale degli insegnanti.

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