Roma sabato 15 ottobre
Antonio Limonciello - 17-10-2011
La manifestazione stentava a partire da Piazza dei Cinquecento, troppi gli intervenuti, eppure fin da subito, risalendo il corteo, si poteva intuire quello che sarebbe poi successo, troppi gruppetti di giovani con maschere antigas e caschi alle cintole. Polizia agli incroci inesistente, unica percezione della loro presenza i due elicotteri che volteggiavano nel cielo. La polizia si dice fosse impegnata a difendere i centri istituzionali e i luoghi del potere politico ed economico. Stavano lì perché avevano saputo che era intenzione dei violenti attaccare quei centri, cosicché tutto il percorso era poco protetto. Ma con tutti gli infiltrati dei servizi segreti che hanno nelle formazioni politiche e movimentiste, nei centri sociali, nei black block, ecc..., possibile che loro non sapessero cosa stavano realmente organizzando? Dove stavano ammassando le armi improprie, le bottiglie incendiarie, le bombe carta, i sampietrini,i razzi, i candelotti? Possibile che la polizia non avesse presidiato il percorso già dal giorno prima, visto che l'accaduto era fin troppo annunciato?
Tutto ciò non è credibile.
Ma se delle strategie della polizia, dei servizi segreti e dei ministeri degli interni si sa già dai tempi di Scelba, quello che mi fa molta più rabbia è l'irresponsabilità degli organizzatori. Non vi fate ingannare da nuovi volti o dalle nuove sigle, tutte hanno conosciuto Genova 2001 e Roma 2010, dunque sanno cosa accade, sanno anche come si fa ad evitarlo ma non lo fanno.
Riporto qui alcuni nomi di persone, con a fianco le organizzazioni, che sono stati diramati come riferimenti organizzativi: Andreina Albano (albano@arci.it), Anna D'Ascenzio (dascenzio.anna@gmail.com), Enrico Bernocchi (cobas@cobas.it),), Marica Di Pierri
(maricadipierri@asud.net), Monica Di Sisto (monicadisisto@gmail.com), Rossella Lamina (ufficiostampa@usb.it), Alex Miozzi (mailto:ufficiostampa@cub.it).
Naturalmente sono solo la minima parte dei soggetti che hanno dato vita alla giornata di sabato.
Non è stata la mancanza di esperienza dunque, nè la mancanza di capacità, c'è stata negligenza ideologica, molti degli organizzatori non pensano affatto che quei soggetti sono dei criminali, che agiscono contro i manifestanti, essi non pensano che siano dei nemici da combattere ma dei compagni di cui non si condividono le tattiche e le strategie.
Per questo non c'erano servizi d'ordine, salvo quelli di quei residui storici leninisti e/o stalinisti che si inquadrano ancora come falangi chiuse da quadrilateri di aste di bandiera e mani intrecciate. Tolte queste frange minoritarie, tutto il grosso della manifestazione, e si parla di centinaia di migliaia di persone, è stato lasciato in balia di questi micro gruppi, micro gruppi che, in tempi dati e in zone precise della città, si sono riuniti e hanno menato le danze indisturbati, o quasi. Cosa potevano fare le persone inermi davanti a gente arrivata con spranghe, caschi, giubbotti, maschere e zaini pieni di fionde, biglie, sanpietrini, candelotti, fuochi d'artificio, ... e bottiglie da scolarsi? Questi pseudo rivoluzionari sono solo branchi di vigliacchi mascherati che usano le persone dei cortei per proteggersi dalla polizia, e pensano pure che questo sia un prezzo da pagare per i fini da raggiungere! E la polizia alla fine interviene, e non pagano loro, loro sono allenati e protetti, sono gli altri che pagano il conto per loro. Ciò nonostante tanti ci hanno provato, a discutere, poi cercando di isolarli, infine urlando contro di loro, cos'altro potevano fare?
Intere famiglie, giovani adolescenti, dagli studenti universitari a quelli delle medie, fino ai ragazzini delle medie inferiori, anche tanti adulti e perfino qualche anziano, un mondo che prova a riprendersi i diritti e il futuro che gli sono negati, ebbene, tutto questo lasciato distruggere da un manipolo di individui che o allo stadio, o nelle notte dei fine settimana, o nelle manifestazioni, fa la stessa cosa: beve e si sfoga. Masse di manovra, pochi consapevoli molti ignari, ma massa di manovra soprattutto perché non ha strumenti culturali, non è capace di analisi critica, che si critica il mondo ma anche se stessi.

A me non interessa parlare del potere e della natura di chi sta dalla sua parte, a me interessa parlare di chi mi sta a cuore, di quella parte che per cambiare il potere deve conquistarsi con abnegazione, rigore e tanta fatica la credibilità di portatrice di un mondo migliore. Non è nelle manifestazioni che si può interagire con loro, sono altri i momenti e gli spazi per tessere relazioni. Le manifestazioni da una decina d'anni a questa parte sono diventate una teoria di mucchi di bottiglie vuote, perché per emozionarsi, per stare bene insieme non basta un'idea, una passione, no, la passione è sostituita dall'alcol, da musica mandata ad alto volume, e anche da altre sostanze eccitanti.
Non sono contro il cambiar dei costumi, non si tratta di questo, si tratta della debolezza di questo manifestare. Chi agisce così è fragile, troppo fragile per assumersi le responsabilità storiche che gli competono.
Negli USA il movimento in poche settimana ha conquistato il 54% del consenso nazionale. In Italia quanto? E perché ancora una volta, come nel 68, nel 77, nel 2001, il movimento non è capace di conquistare democraticamente il cuore e la maggioranza del paese?
E' il problema di fondo della proto democrazia italiana, che a parte i momenti epici, rimane una democrazia allo stato intenzionale.
Sarà che sono troppo arrabbiato per la violenza subita sabato pomeriggio, sarà la vena qualunquista e populista che è propria dei movimenti nascenti, sarà il ripetersi di cliché che fermano il tempo, saranno i riti che mi commuovono come riesumazioni da un mondo di morti, sarà tutto questo che non mi fa apprezzare il miracolo di un pensiero antagonista che va gridando quel 99% e quell'1%, quel rise up!, o che invita a occupy wall street.
O forse è solo ansia di proteggere l'innocenza di tante presenze, non ancora distrutte dalla violenza dei tempi, che mi fa temere tanto, perché io vorrei che quella innocenza e quella freschezza arrivassero al potere; dentro di me in fondo questo sogno rimane, e spero sempre che quella che ho davanti sia la volta buona.

Tags: roma 15 ottobre, manifestazione, rise up, 99% contro 1%, occupy wall street, indignati, movimento 2011


interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Da ADL    - 18-10-2011
Dalla newsletter "Avvenire dei lavoratori" proponiamo la lettura dell'editoriale del Direttore, Andrea Ermano. Fuoriregistro

Ragazzini. Criminali. Infiltrati
di Andrea Ermano
Ci scrive un lettore: “La più grande manifestazione mondiale degli Indignati si è tenuta a Roma (150-200 mila persone). . . Ma oggi si parlerà di loro, dei Black Bloc, e dei danni (materiali e d’immagine) provocati da loro. E non delle giuste rivendicazioni che i tanti precari, i giovani, le donne, i lavoratori in genere, ponevano. Perché queste cose accadono in Italia?” (G.F. Tannino, Monaco di Baviera).
La questione è rilevante. Assistiamo alla nascita di un movimento popolare transnazionale che, come e più del Sessantonto, potrebbe rivoluzionare in senso cosmopolita il nostro modo di vivere la cittadinanza. Ma noi italiani rischiamo di vedercene tagliati fuori a causa dei Black Bloc.
Perché ci succedono queste cose? Il ministro degli Interni, Roberto Maroni definisce le violenze accadute sabato “un’opera di criminali infiltrati tra i manifestanti”. È successo, per esempio, che un’autoblindo dei Carabinieri sia stata attaccata, circondata, espugnata e messa a fuoco da una centuria di “regazzini di sedici-diciassette anni”, ha dichiarato un testimone oculare di fronte alle telecamere web.
Pare che i “regazzini” abbiano avuto l’accortezza di lasciare aperta una via di fuga al milite presente sul furgone. Stavano per dare alle fiamme l'automezzo blindato, ricorda Fabio T. che era alla guida: "Non riuscivo più ad andare né avanti né indietro". E aggiunge: "Per fortuna avevo il casco, altrimenti sarei morto". Invece, è riuscito a scappare. Per fortuna.
"L'intento preciso dei ‘neri’", riferisce un altro agente, “era quello di dividerci per aggredirci. . . avvicinandosi alle forze dell'ordine, filmandole e chiamando poi sul cellulare i loro compagni per segnalare i punti deboli. E lì hanno colpito”.
Ora, siccome al giorno d’oggi nel nostro continente i “regazzini” di norma non posseggono queste capacità di coordinamento tattico paramilitare, sorge il dubbio che il sostantivo “criminali” usato da Maroni indichi dei criminali veri, cioè una lievitazione di manovalanza criminale addestrata e mobilitata ad hoc. (Nel frattempo è giunta la notizia che gli addestramenti paramilitari sarebbero avvenuti in Val di Susa).
Resta da comprendere l’attributo “infiltrati”.
Le cronache riferiscono di circa cinquecento "infiltrati" che, tra Piazza San Giovanni e Via Merulana, hanno messo in scena un’orgia di violenza. Si erano “infiltrati” da sé? Erano lì convenuti per autonoma decisione loro? Cercavano distrazione tra una curva sud e l'altra?
Se le parole hanno un senso, dobbiamo ritenere che sabato in Roma gli “infiltrati” puntassero a provocare una situazione nella quale – e qui citiamo di nuovo Maroni – “poteva scapparci il morto”.
Se il bilancio si chiude “solo” con centotrenta all’ospedale e nessuno all’obitorio, lo si deve all’intelligenza delle forze dell’ordine.
Forse, i nostri poliziotti e i loro comandanti si erano preparati con tanta professionalità all’appuntamento, avendo ascoltato alcuni messaggi speciali lanciati da Giuliano Ferrara su “Radio Londra” circa gli Indignados che, parole sue, erano “alla ricerca del morto”.
“Alla ricerca del morto” – che in questo marasma possa ormai "scapparci il morto", l’aveva già diagnosticato anche Antonio Di Pietro, qualche settimana fa. Quindi, riassumendo in ordine cronologico – Di Pietro, Ferrara, Maroni – siamo alla terza evocazione del morto nel giro di breve tempo. Ecco, questo, tutto questo, effettivamente avviene solo in Italia.

È questa per il Belpaese un’epoca di tensione. Non mancano forti contrasti né sul piano politico né su quello economico e nemmeno su quello culturale.
Sul piano culturale, e in modo eminente sul piano religioso, i cattolici appaiono visibilmente spaccati due; d’un lato c’è una Curia vaticana che vorrebbe tenersi questo governo in attesa di gestire il "dopo" conservando il suo potere (ma troppo non è abbastanza), dall’altro lato ci sono settori di episcopato italiano uniti al grosso della "base" che invece vedono il berlusconismo come fumo negli occhi e reputano il Paese maturo per un pluralismo cultuare adulto.
Sul piano economico la situazione non è migliore. Crescono i motivi di conflitto tra potentati, tra Settentrione e Meridione, tra economia reale ed economia finanziaria, tra “grandi” e “piccoli” in competizione per l’accaparramento di risorse sempre più esigue; senza contare la dicotomia tra precari e “garantiti”, tra giovani disoccupati e anziani privilegiati, tra capitale e lavoro.
In questo scenario ha luogo il cozzo frontale tra le opposte fazioni della politica, nelle quali trovano contrastante estrinsecazione i mille interessi, più o meno framelici, più o meno feroci.
Una plastica rappresentazione di tutto ciò si è materializzata dentro il Corriere della Sera, tempio della borghesia lombarda dove il 5 ottobre scorso Ferruccio de Bortoli, direttore parco e moderato, concludeva il suo fondo testualmente così:
“Su questo giornale abbiamo suggerito al premier di fare come è accaduto in Spagna: annunciare che non si ricandiderà, chiedere le elezioni e non trascinare con sé l'intero centrodestra. Nessuna risposta”.
Invece, la “risposta” gli veniva recapitata proprio quello stesso giorno e proprio sul suo giornale da Marina Berlusconi, presidente di Fininvest e figlia del presidente del Consiglio:
“Mio padre non deve assolutamente mollare e non mollerà. Per molte ragioni. Intanto in un momento come questo la stabilità è un bene prezioso, e oggi non mi pare proprio ci siano alternative degne di questo nome all'attuale governo. Ma soprattutto non deve mollare e non mollerà per il rispetto e l'amore che ha verso la democrazia”.
Questo cozzo frontale, tutto inerente all'establishment (ma anche inerente a tutto l'establishment), ha dell’inaudito. Perciò, purtroppo, non possiamo dirci completamente sorpresi se a Roma qualche centinaio di "criminali infiltrati" è sceso in capo “alla ricerca del morto”. Non per la prima volta succedono queste cose, in Italia.
Oggi, comunque, possiamo gioire dello scampato pericolo di ieri. Ma domani? Che fare? La legittima mobilitazione dei cittadini non può cedere al vile ricatto della violenza. Dunque, non possiamo non augurarci che gli Indignados moltiplichino le loro azioni di protesta sociale, pacificamente. E speriamo che prima o poi dal Parlamento nasca un’alternativa politica credibile all'attuale marasma.

 Giuseppe Aragno    - 18-10-2011
Necessariamente anonima, gira sul web con un titolo volutamente fuorviante che non riporto. E' una lettera aperta. Leggerla non farà male a nessuno.

"Indignato, ma non pacifico

Bene. Si è concluso questo weekend dove i giornalisti sentono ancora i postumi della sbronza, ubriaci ingordi pronti ad enfatizzare ogni singola goccia di rum concorrenti in una gara di fantasia. Rimane tanta amarezza tra tutti gli indignati, pacifici e non. Gli unici a festeggiare, coloro che la violenza la vedono come un fine e non un mezzo.
Non vogliamo prendere parola per descrivere il disagio che sicuramente gli indignati “pacifici” hanno subito, non rientrando tra questi, ma pretendiamo di prendere parola per il disagio che abbiamo e stiamo subendo noi, razza mista o bastarda che condivide ideali degli uni e mezzi degli altri.
Mi spiace esplicitare le intenzioni di sabato rubando e restringendo lo spazio a disposizione della fantasia giornalistica ormai divenuta una disciplina candidata al premio Nobel, ma sentire cazzate al telegiornale mi ferisce, e mi ferisce ancor più vedere il popolo dissetarsi con lo stesso rum di cui hanno abusato i giornalisti.
Sabato il corteo doveva dividersi in “via dei Fori imperiali”, lasciando agli antagonisti più decisi l’opportunità di provare ad arrivare al parlamento occupando la piazza antistante per poi dedicarla all’accampamento degli indignati “pacifici”.
Ciò non è stato neanche provato per colpa di quei 15enni teppisti amanti della violenza per la violenza. Con ciò voglio delucidarvi, cari indignati, sul fatto che il fine è sempre stato considerato lo stesso, che siamo vostri compagni e non vostri nemici, che seppur non abbiamo bandiere abbiamo un’identità propria e una dignità personale, la quale sabato ci è stata tolta doppiamente: in primis dai decelebrati fautori del bordello; sucessivamente da voi che ci avete accomunato a loro.
Voglio informare voi cari che chi ha bruciato macchine, spaccato vetrine, distrutto santini, non era tra quelli che il 3 luglio in Val di Susa hanno cercato di riappropriarsi del cantiere né tra quelli che il 14 dicembre a Roma hanno cercato di arrivare al parlamento. E seppur ora siete dominati da odio, incomprensione e sfiducia, vi preghiamo di non generalizzare, di non chiederci “Cosa cazzo avete fatto?!” perchè non abbiamo fatto nulla che abbia mai potuto ledervi e da quelle vandale rappresaglie ci vogliamo dissociare.
Invece si c’eravamo in piazza S.Giovanni, non per odio ne per sete di guerra, ma per semplice difesa di un punto d’arrivo.
Non eravamo in 500, ma in 5.000. E saremo sempre di più contro un sistema che ha solo da togliere.
Per voi invece, cari giornalisti, cara Digos e quant’altro, mi spiace dirvelo ma a differenza di quanto pensiate non eravamo organizzati per niente. Se solo lo fossimo stati non saremmo qui a parlare di macchine bruciate o di vetrine distrutte, ma di occupazione del parlamento, di sabotaggio della Banca d’Italia e di sovversione ad un sistema che rimane mafioso e corrotto.
Per voi altri “pacifisti” che alla prima notizia di macchine bruciate avete accusato i nostri compagni presenti e indignati come voi, che come voi erano nel corteo vi dedichiamo un bel “vaffanculo”.
Un “vaffanculo” per non sapere ma voler giudicare.
Un “vaffanculo” perchè in Val di Susa ci incitavate a non demordere, ringraziandoci di essre venuti.
Un “vaffanculo” perchè sabato quando ne avevate bisogno ci avete chieste aiuto, limoni e malox
E infine per voi luridi teppisti 15enni che avete trasformato Roma in un teatro dove siete stati attori della vostra stessa rabbia repressa, a voi che avete rovinato una grande opportunità, vi diciamo “arrivederci”, “arrivederci” a presto. La prossima volta non ci saranno i Cobas, la CGIL o i viola a urlarvi “VIA, VIA, VIA!”, ma ci saremo noi, e non saremo cosi clementi.
Si, siamo d’accordo con la sfasciatura simbolica delle banche;
si, non neghiamo l’uso della violenza per fini più nobili;
si, c’eravamo in piazza S.Giovanni;
no, i carabinieri sulla camionetta non sono scesi da soli ma li abbiamo fatti scendere;
no, seppur non cattolici non ci saremmo mai permessi di distruggere sampietrini offendendo credenze altrui.
no, ci dissociamo dall’assalto alle macchine di precari come noi;
no, non ci siamo mai permessi di rovinare cortei che non ci appartenessero.

NON GENERALIZZATE!
Cordialmente,
Quello che chiamate “Blocco Nero”
"

 Stefano    - 18-10-2011
L'indignato ma non pacifico ha le idee un po' confuse, ed è anche lecito dopo il trambusto di sabato. A via dei fori imperiali nessuno è andato verso "i palazzi del potere" semplicemente perché c'erano due file di blindati che sbarravano il transito. Neppure il più incosciente black bloc avrebbe tentato di assaltarli.Capito che cosa ha fatto la polizia? Ha costretto tutti - "violenti" e "pacifici" - a stare nello stesso corteo andando per forza verso il Colosseo.Voglio essere buono, o stupido, non mi domando perché ciò sia accaduto, ma è accaduto e, certamente, non per responsabilità degli organizzatori.Tutti possono immaginare come sarebbe evoluta la manifestazione se lì, a largo Corrado Ricci, gli irriducibili fossero andati a destra, verso i "palazzi del potere". Risposta: avremmo strariempito Piazza San Giovanni, contro la BCE, senza avere nulla a che fare con quei pazzi che si sarebbero andati a rompere le corna a piazza venezia.Questa è un'analisi minimale, lo so; ma invito tutti a non sottovalutare l'importanza dei particolari, che, a volte, guidano gli eventi.Chissà se tutto questo lo sapeva pure il questore di Roma.

 Francesco Masala    - 19-10-2011
Claudio Giardullo, del sindacato Cgil della polizia, il Silp, dice che “l’ordine pubblico è stato un fallimento”.
(www.youroportrnews.it)

Diceva anche, a RaiNews24, che è strano proteggere la zona rossa (i palazzi istituzionali del centro) e lasciare indifesa la città e il corteo.

Aggiungeva che è incredibile, per non dire altro, che non si utilizzino tecniche antiguerriglia e si lasci fare a quelli a capo coperto senza problemi.

Temo che tutto sia studiato a tavolino, lì in alto.

E per qualche tempo tutti saranno spaventati, così pensano, se ci fosse stato il morto sarebbero stati più contenti, lì in alto.

 Francesco Masala    - 19-10-2011
LA TESTIMONIANZA (da il manifesto del 19 ottobre 2011)

E il black batte il cinque

All’angolo di via Merulana compaiono di botto una trentina di ragazzi e ragazzini tutti neri e con i caschi in testa. Iniziano a rompere i vetri di una banca. Subito tutte le persone del corteo le prendono a male-parole. A un certo punto un pezzo del corteo viene alle mani con loro. Avevo un forte sentimento di disgusto per la piega che stavano prendendo gli eventi. Tra l’altro in modo repentino. Gli sfasciatori si sono sparsi nel corteo alla spicciolata. Quasi tutti infilandosi nuovamente al suo interno o andando verso San Giovanni. Tranne uno che, ancora con il casco in testa, si è avviato fuori del corteo. Verso S. Maria Maggiore. Cosa che ho fatto anch’io perché lo stupore di gioia iniziale tornava ad essere sostituito dalla voglia di tornarmene a casa. D’un tratto mi sono accorto che lo sfasciatore continuava a fare il mio stesso percorso. Era sull’altro lato del marciapiede. Abbiamo passato due cerchi concentrici di camionette prima di arrivare fuori dalla manifestazione. Io con i miei pensieri in testa. Lui invece sempre con il casco in testa. Dopo il primo livello mi sono detto, ma come è possibile che passa così tranquillo lo sbarramento della polizia con il casco? Tra l’altro dopo aver fatto la sua parte di sfasciatore e ancora vestito di tutto punto? Allora ho guardato con più attenzione. Arrivato al secondo livello di sbarramento si è tolto il casco. Aveva diciotto anni a stento. Il sorriso con cui lo hanno salutato tutti gli agenti del secondo livello di sbarramento era davvero grottesco. Poi ci è passato in mezzo, ha battuto il cinque con uno di loro e ha confabulato per qualche minuto con uno dall’aria di superiore che stava dietro ai due blindati.

Carmelo Albanese – scrittore filmaker

 Oliver    - 25-10-2011
Condivido totalmente la sua analisi, mi chiedo se alle ultime perplessità potremo mai dare una risposta. La nostra storia politica purtroppo ha visto crescere milioni di italiani attraverso il ricatto, la sudditanza e lo scarso acculturamento, questo è succeso ovunque, dal sud al nord, conosco realtà operaie del nord in cui emergono atteggiamenti ricattatori che costringono gli addetti alla totale sudditanza. Questa miscela è terribile, ha rallentato le capacità dialettiche e di relazione tra noi, ha inasprito i conflitti non permettendo ai più fragili di poter uscire da quella zona grigia che non aiuta a migliorarsi, non permette di schierarsi dalla parte di coloro che rivendicano i sacrosanti diritti, i manifestanti vengono visti con fastidio. Altre modalità stanno avanzando e concretizzandosi, valori che si allontanano dalla salvaguardia dei beni comuni e dalle conquiste fatte in anni di lotte. (In Italia la maggior parte dei ginecologi si rifiutano di praticare l'aborto legale e di somministrare la pillola del giorno dopo), parliamo di professionisti che probabilmente sono ricattati da false ideologie. Molti giovani, mettono in campo la loro incapacità di fare gruppo attraverso la discussione, spesso si abbandonano ad atti di puro vandalismo senza rendersi conto che il giorno dopo nulla è cambiato. Il futuro non può essere ripetitivo e inutile, basta con le inutilità, iniziamo a pensare ai tanti disoccupati ed emarginati.