Appuntamento al Salone Murgia - Guspini - Provincia del Medio Campidano
Sabato 8 ottobre 2011 ore 21.00
Questa volta teatro in italiano
Adynaton (plurale
adynata) è una figura retorica il cui nome deriva dal greco
ἀδύνατον e significa "
impossibile". Consiste nel subordinare la possibilità che si verifichi un fatto a un altro ritenuto impossibile.
La storia
Micheleddu è un giovane teppista buono, agile picchiatore, con un debole per le droghe. Attraverso gli occhi del fratello minore si racconta della sua breve vita e del suo ammazzamento. Il ritmo della disperazione sale fino a toccare l'ipotesi della vendetta. Tutto è intervallato da giostre di sogni in cui si cerca di fare cose impossibili: come raccogliere l'ombra del campanile.
Spettacolo di Mauro Tetti
Vincitore del Premio di Drammaturgia "Francesco Masala per i Giovani"
ATTRIBUZIONE PRIMO PREMIO
"Il candidato ha dimostrato sicurezza nell'intercettare una forma fonologica di tipo trenodico di antica memoria (il lamento del lutto), di cui riproduce i ritmi formulari. D'altra parte attinge ad una tradizione narrativo-rappresentativa della letteratura sarda e alla forza di altri codici, come quello cinematografico. Si rileva il tentativo, sul piano dell'elocuzione, di fornire al monologo un ritmo da prosa d'arte, che si avvale della ripetitività e del rilancio, e di trasferire in italiano le movenze della sintassi della lingua sarda."
Note sullo spettacolo
È un monologo crudo, sporco, diretto. Ha dentro tutta la potenza e l'universalità di un grido e come tale le parole non chiedono il permesso di irrompere con la loro crudezza.
Gridano una storia come tante, ai margini della società, dove i protagonisti sono ragazzi anch'essi come tanti, gettati nella voragine tragica dell'ingiustizia, sommersi dall'incapacità di cercare un altro "modo" possibile.
La storia non stupisce, non è spettacolarizzata, non vuole insegnare o suggerire, vuole semmai essere, mostrarsi, anche se sotto la "luce finta" di un tempo teatrale.
Anzi, la forza di Adynaton sta proprio nella sua "innocenza" teatrale: cercare nella finzione scenica il luogo di un possibile compianto, l'elaborazione di un lutto. Allora, metterne a nudo questa finzione, scarnificando la scena e l'apparato teatrale, significa ricondurre il gioco mimetico al suo più intimo campo di battaglia: il corpo dell'attore, con la sua verità "esposta".
Questo in Adynaton si chiede allo spettatore: riconoscere nel timbro della voce, nel tendine del piede, nello sputo e nella contrazione muscolare del performer l'adynaton di un'impossibile commozione empatica.
Tutta l'opera mira a questo: condividere con il "giusto" attore un "giusto" percorso drammaturgico e costruire attorno al suo "giusto" corpo, una possibile immaginaria motivazione di "giustizia" estetica.