Gianni Mereghetti - 09-11-2002 |
La questione della poesia sollevata non so se dal ministro Moratti o se dai quotidiani mi pare comunque significativa della realtà scolastica di oggi. Io non insegno letteratura, ma storia e filosofia, per cui non leggo poesie in classe durante le ore di lezione, tanto meno le faccio studuriare: non avrei quindi né la competenza né gli elementi per affrontare la questione, però, siccome amo la poesia vorrei dire la mia a proposito, mi perdonino i colleghi! Che oggi si stenti a leggere in classe la poesia, che i giovani se ne allontanino sempre più, mi pare un segno negativo mi pare segnali una crisi profonda, quella della parola. Lo aveva già segnalato Schlier, affermando che “oggi la parola non è più colta, intesa, considerata, espressa, in prima linea come pronunciamento in cui la realtà trova espressione; è, invece, strumento di mediazione e di comunicazione. Oggi il linguaggio tocca il dato e la realtà che nella parola s'interpreta, soltanto di sfuggita, per così dire di tutta fretta e dedica tutta la sua energia alla comunicazione. Ma in questo modo diventa un linguaggio appiattito, impreciso, poichè la realtà viene toccata solo in fretta; diventa evanescente e soprattutto arbitrariamente ridotto, asservito alla routine, meccanizzato; diventa linguaggio d'uso, fatto di simboli e di cifre, utile alla pianificazione e amministrazione del mondo futuro e a ciò orientato e funzionalizzato". La poesia è in crisi perché il linguaggio è ridotto a pura informazione, non è più il segno che introduce nell’avventura del senso. Per questo, che si faccia fatica a leggere poesia, e che vi siano insegnanti che abbiano abbandonato l’impresa, non è un caso, ma il segnale di una decadenza educativa, tant’è vero che al posto di introdurre al bello e al vero, ci si limita a dare quattro istruzioni d’uso per vivere socialmente bene, e, siccome dobbiamo stare con gli altri, che almeno possediamo i termini per darci le informazioni che necessitano al vivere. La poesia nella sua intensità, nella sua allusività, nella sua capacità di intendere all’infinito rappresenta una sfida a questa riduzione della parola a puro strumento informativo. Per questo che un insegnante oggi entri in classe e legga una poesia ( legga, non spezzetti nei minimi termini un testo!) rappresenta una provocazione a questo appiattimento consensuale, e tiene vivo il valore della parola, come segno del mistero della vita. Così, se mi si permette, nella scuola non si affronta la crisi della poesia con la poesia, ma quando un insegnante o un uomo comunica con le sue parole e i suoi gesti la sua tensione al bello e al vero. Del resto perché mai si dovrebbe leggere una poesia se non perché apre lo sguardo alla realtà? |
claudia fanti - 09-11-2002 |
L'uovo di colombo! Finora che cosa credono che si sia fatto oltre a tante altre cose e con attività di ogni tipo ?! A volte penso che la gente abbia voglia di scherzare! Ma la scuola reale è conosciuta?! E i programmi dell' 85?! Ci vogliono schiere di esperti per scoprire l'acqua calda? Stai a vedere che d'ora in poi si discuterà se sia di destra o di sinistra fare grammatica, imparare le poesie a memoria e affrontare miti e leggenda! Mi auguro proprio di no. Mi auguro che si lasci cadere l'argomento volando un po' più alto del solito. Con affetto, saluti a tutte le maestre e a tutti i maestri che sorrideranno di gusto nel leggere le "novità". Claudia |
roberta - 10-11-2002 |
Sono un'insegnante di scuola elementare e sini pienamente d'accordo con la proposta di an. I programmo attuali sono impersonali e senza culturaCio' che ho imparato io durante gli anni delle elementari (ho 39 anni) e' cementificato nel mio sapere e mi ha aiutato negli altri anni di scuola- |
Melusina Gatti - 10-11-2002 |
A dire il vero non era necessaria An per parlare di grammatica, sintassi e poesie a memoria nella scuola elementare. Lo si fa già. Preoccupante la manipolazone della storia, ma sappiamo che ogni regime tende a imporre la sua storia e a modificarne o occultare fatti e valutazioni. E noi siamo in un regime fascista, anche se le modalità sono meno brutali di quelle del ventennio tragico passato. |
Alessandra Licenziati - 10-11-2002 |
Mi sembra che spesso la Moratti scopra l'acqua calda. Mi riferisco all'articolo di risposta a Galli della Loggia pubblicato dal Corriere della Sera del 5 novembre, in cui la scuola è accusata di aver sviluppato negli ultimi tempi soprattutto il sapere nozionistico. Riporto fedelmente: ".....Le missioni affidate dall’Unesco al sistema di educazione e formazione sono tre: sapere, saper essere, saper fare. La scuola ha sviluppato negli ultimi tempi soprattutto il sapere nozionistico. Vanno quindi recuperate le altre due missioni della scuola. ..." Non c'è contraddizione? Forse lei le missioni dell'Unesco le ha scoperte adesso, ma noi ci lavoriamo da venti anni. Poi arrivano i tagli dei progetti e le poesie a memoria diventano un problema urgente! Ma questa signora saprà con chi ha a che fare? Invito comunque tutti a leggere l'articolo sopra menzionato ( Le radici e il futuro) e sono a disposizione per una lettera di risposta collettiva. |
Luigi Piccioni - 12-11-2002 |
Ahimè, se le richieste del senatore Valditara dovessero essere accettate io dovrei prendere tutti i miei manuali universitari di storia economica e farne un bel rogo in quanto in nessuno di essi viene "bandito" il termine "imperialismo" che il senatore, preso da impeto palingenetico, dichiara essere "di derivazione marxista". Io non ho competenze di didattica nelle scuole elementari e medie né me le arrogo, a differenza del mio collega Valditara, docente di diritto romano all'università di Torino. Quello che però so è che il termine imperialismo viene utilizzato indifferentemente da tutti gli storici dell'economia per definire un preciso fenomeno e un preciso periodo della storia mondiale, quello che va dal 1875 al 1914. Lo trovo correttamente e ampiamente trattato, ad esempio, nel manuale di tendenza liberale e filocapitalista dello statunitense Rondo Cameron, edito dal Mulino, forse il più largamente adottato nelle università italiane. Temo insomma che ancora una volta nel nome del "pluralismo" e dell'"obiettività" proposte come quelle di Valditara e dei suoi colleghi di partito costituiscano un tentativo pericoloso e assai volgare di imbrigliare la libertà di insegnamento e di politicizzare fortemente l'insegnamento stesso. Si potrebbero fare ulteriori e interessanti considerazioni sui motivi profondi che spingono un erede del regime che volle fortemente un impero anche per l'Italia a voler cancellare un termine come imperialismo, ma non mi sembra questa la sede più adatta. |
Francesco Paolo Catanzaro - 25-11-2002 |
La poesia a memoria apre nuovi percorsi cerebrali all'alunno,intossicato dalla conoscenza visiva e lo proietta verso mondi inesplorati e a volte, sconosciuti a lui. Poi gli permette di ricordare la scuola negli anni a venire e di citare quei versi che gli ripropongono la sua esperienza di vita e di rapporti scolastici. |