Giavazzi: è stata una buona giornata per il capitalismo...
Parlando di lavoro in anni non sospetti, Pietro Ichino l'ha scritto con onestà che va riconosciuta: "
la sicurezza è un bene della vita". Subito dopo, però, chiamato all'ordine dal feticcio che adora - dio ci scampi dall'integralismo degli economisti! - e sentendo sulla coscienza l'intollerabile peso dell'eresia, come ogni credente peccatore, cosparso il capo di cenere, s'è presentato a Canossa, precisando: "
Ma costa, come costano tutte le polizze assicurative. I giovani italiani devono valutare questo costo; e rifiutarsi di pagarlo se è troppo alto".
Proprio così: rifiutarsi. Come se al giorno d'oggi,
cococorizzati, flessibili e precari, come li han voluti la scienza di Treu e di Biagi e il singolare concerto di padroni, politici e grandi sindacati, i giovani potessero dire un sì o un no ed essere ascoltati. Ichino, Giavazzi, Alesino e compagni, presi da ben altri pensieri, non se ne sono accorti, ma i giovani i loro no li dicono da tempo; ovunque, tuttavia, a Roma come a Madrid, a Tunisi come in Siria, ognuno a suo modo, con le nobili forme liberali e quelle ignobili delle dittature che i liberali tengono in piedi, ovunque la sapienza politica del mercato ha dato l'unica risposta che conosce, quando le formule fanno bancarotta e la fame si fa sentire: repressione. Di questo Ichino non si occupa. Altri hanno il compito di por rimedio ai danni prodotti dalle sue teorie e, a seconda dei casi, o un maialino sazio e ben pasciuto, s'ammanta di legalità borghese e chiama a raccolta i benpensanti, gridando al teppismo, o lo scherano del capitale si difende a cannonate perché si sa: chi protesta è di norma un...
terrorista.
Il fatto è che più gli economisti borghesi fanno le loro analisi, più il loro "
mercato" si rivela un tragico "
Monopoli", in cui le previsioni puntualmente sbagliate di Giavazzi e le correzioni rovinose di Alesino mettono in gioco la vita della gente. E' vero. Tutto può avere logica economica - ce l'aveva persino la pelle d'ebreo, usata per costruire paralumi - ma non ci sono dubbi: se non la governano una filosofia della storia e un sistema di riferimento fondato sui diritti e sulla solidarietà, la legge del mercato ha esiti aberranti. Gli studi di Gotz Aly e Susanne Heim l'hanno dimostrato: anche l'olocausto ebbe ragioni economiche. Ichino certamente non ha torto: "
La sicurezza è un bene della vita". E' disumano, però, fa dubitare della buona fede e chiama alla mente i paralume degli ebrei, quando, correggendo se stesso, riprende la solfa del mercato e sostiene che il "
problema è come conciliarla con la flessibilità del sistema produttivo".
Nel lucido delirio delle formule su cui si fonda l'analisi di mercato, non esistono uomini e costi umani. Il pianeta è un deserto. C'è un mercato senza mercanti, c'è un prodotto e non ci sono i produttori. Tutto si sacrifica a un astratto fine economico e per il resto vada come vada. E' la logica di Mussolini che il 10 giungo del '40 delirava: occorrono alcune migliaia di morti per sedersi da vincitori al tavolo della pace. Preso da quest'idea religiosa del mercato, come Ichino parla di lavoro e ignora i lavoratori, cosi Giavazzi, in
trance, vede davanti a sé uno scenario astratto, tutto banche, Tesoro, e Federal Reserve. Questo vede e non s'accorge del macello di sogni, di speranze e vite umane travolte e spente. Tre anni fa, nel settembre 2008, quando i media prezzolati ridussero la tragedia di Lehman Brothers a un via vai di tranquilli impiegati che portavano a casa scatoloni di carta e un licenziamento, Giavazzi scrisse un'apologia del fallimento deciso dall'infallibile mercato: Ieri, sostenne, preso da irrefrenabili contrazioni di piacere "
è stata una buona giornata per il capitalismo". Così: una buona giornata. E si lanciò in un elogio adornate del Tesoro USA che, a suo modo di vedere "
con grande coraggio [...] ha detto basta. Il costo è stato elevato, il fallimento della terza/quarta banca d'investimento al mondo, ma il mercato ha impiegato meno di cinque minuti a capire". Il mercato per Giavazzi aveva capito tutto e subito. Lo Stato non era intervenuto più di tanto, liquidi in circolazione ce n'erano
ad abudantiam, e di che preoccuparsi? Quando c'è un problema, ci pensa il mercato. E' come dire la provvidenza divina. Per Giavazzi il settembre del 2008 era "
una svolta importante, la vittoria del mercato. Con buona pace di chi ripete che ciò che accade negli Stati Uniti è la prova che il capitalismo è finito". Oggi sappiamo come sono andate effettivamente le cose: "
E' stata una buona giornata per il capitalismo". ma le giovani generazioni non hanno futuro e l'intero pianeta s'è imbarbarito.