Con questo titolo (sottotitolo: "saggio sull'americanizzazione del mondo")
esce nelle librerie un nuovo libro di Serge Latouche edito da Elèuthera. Una forte denuncia dei mali del capitalismo globale.
La mondializzazione o globalisation, come dicono gli anglosassoni è un concetto di moda. Imposto dalle recenti evoluzioni, fa parte dello spirito dell'epoca. In qualche anno, se non in qualche mese, tutti i problemi sono diventati globali: sicuramente la finanza e gli scambi economici, ma anche l'ambiente, la tecnologia, la comunicazione, la pubblicità, la cultura e perfino la politica. Specialmente negli Stati Uniti, l'aggettivo globale si è ritrovato accostato a tutti questi settori. Si parla di inquinamenti globali, di televisione globale, di globalizzazione dello spazio politico, di società civile globale, di giurisdizione globale, di tecnoglobalizzazione, ecc. Certamente, il fenomeno che si nasconde dietro a questi termini non è così nuovo. Da parecchi decenni, voci profetiche annunciavano l'avvento di un "villaggio planetario", taluni specialisti parlavano di occidentalizzazione, uniformazione o modernizzazione del mondo, e alcuni storici ne svelavano tutti i sintomi nelle evoluzioni di lunga durata. La mondializzazione, sotto un'apparenza d'imparziale constatazione di fatto, è anche uno slogan che spinge ad agire nella prospettiva di una trasformazione augurabile per tutti. La parola d'ordine è stata lanciata dalle aziende transnazionali e dal governo americano. Il termine è lungi dall'essere neutro; esso lascia intendere che si sarebbe di fronte a un processo anonimo e universale, benefico per l'umanità e non determinato da un'impresa perseguita da alcuni a loro vantaggio e gravata da enormi rischi e considerevoli pericoli. La mondializzazione significa certamente mondializzazione dei mercati. Tuttavia, essa affonda le sue radici nel progetto stesso della modernità teso a edificare una società razionale. Non vi sono solo forme economiche, e queste non sono, forse, le più decisive. La mondializzazione tecnologica e quella culturale sono almeno altrettanto importanti. Tutti gli aspetti sono complementari e interdipendenti. Niente interconnessioni tra borse valori, e quindi niente mercato finanziario mondiale, senza satelliti di telecomunicazione; niente rete mondiale di trasporti senza un sistema di controlli computerizzati. Il progetto Gii (Global Information Infrastructure), sorto sotto la spinta degli Stati Uniti e che consiste nello sviluppo di "autostrade informatiche" (una "rete delle reti"), mira esplicitamente alla creazione di un mercato mondiale più generalizzato e immediato. Niente mondializzazione economica, infine, senza mondializzazione tecnologica e senza una "cultura" mondializzata (i computer, per esempio, funzionano in un inglese internazionale...). Tutti questi fenomeni concorrono alla messa in orbita di un'organizzazione tecnoeconomica di marca occidentale.
Continua...