Tendenze anomale
Francesco Di Lorenzo - 18-05-2011
Dallo Speciale Notizie dal fronte



La sfiducia avanza inesorabile. Alla domanda - "Ritieni che l'istruzione universitaria sia un'opzione attraente per i giovani nel tuo paese?" - ha risposto di sì il 57 % degli intervistati italiani. Per capire se è poco o molto, dobbiamo confrontare i dati con le risposte che si sono avute negli altri paesi europei. Facendo così il confronto, si capirà la china su cui ci siamo incamminati.

Da premettere che la ricerca è stata condotta da un organismo della Commissione europea, per analizzare le tendenze dell'opinione pubblica in merito all'istruzione. La domanda ( insieme ad altre) è stata posta ai giovani dai 15 ai 34 anni.

I paesi nordici come Danimarca, Islanda e Norvegia, fanno registrare il 90% di fiducia nel loro sistema universitario. Pensano, cioè, che con una laurea ci siano più possibilità di lavorare e di lavorare meglio. Noi veniamo, tanto per gradire, dopo la Grecia, la Francia e la Lituania. Ma è solo un dettaglio. Il fatto doloroso è che - proprio tra gli studenti - la laurea ormai non è più appetibile. È un po' come dire, più conosci la nostra università, più, se non la eviti, non la consideri importante. E comunque, alla prova dei fatti, la laurea nel nostro paese non è utile per lavorare, né presto né meglio.

Questo modo di ragionare, a rigor di logica, è una sconfitta abbastanza dolorosa per un paese che vorrebbe presentarsi con le carte in regola sulla scena europea. Se poi si mettono a confronto tali dati con le parole scritte da Tullio De Mauro proprio su questo argomento, un po' di chiarezza si riesce a fare. E si comprende anche di più la contraddizione. Ecco cosa dice il prof De Mauro:

"Col sostegno finanziario della Banca asiatica dello sviluppo hanno analizzato il variare del reddito in rapporto al variare dei livelli di istruzione in centoventi Paesi del mondo tra 1950 e 2010. La... conclusione dovrebbe togliere ogni dubbio: dai Paesi più poveri ai più ricchi la crescita della scolarità e dei livelli di istruzione è stata un fattore decisivo degli incrementi di reddito dei diversi Paesi. L'istruzione è una chiave dello sviluppo, anche di quello economico".

Collegate a questa notizia, ci sono le parole del direttore del Censis, Giuseppe Roma. Egli ammonisce che proprio i giovani compresi tra i 15 e i 34 anni in Italia, secondo le ricerche del loro istituto, si perdono per strada. In breve, una percentuale altissima - in questa fascia di età - non studia e non lavora. Sono l'11%, e sono quantificabili in più di due milioni. Questa è considerata, sempre dal Censis, un'anomalia tutta italiana.

Anomalia che va di pari passo con un'altra anomalia nostrana. I tagli e i risparmi proprio nel settore specifico: istruzione e formazione.


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