breve di cronaca
La valutazione è uno strumento, non un'ideologia
www.bastico.eu/ - 12-05-2011
Ritengo che il boicottaggio delle prove Invalsi, promosso dai Cobas, sia controproducente, perché impedisce una discussione vera sulla valutazione, determinando schieramenti precostituiti che valorizzano le posizioni di chi, come il Ministro Gelmini, fa della valutazione una sorta di ideologia.
La valutazione è, invece, semplicemente uno strumento, in sé né buono né cattivo, le cui caratteristiche sono definite dagli obiettivi che si intendono perseguire. E qui c'è la prima incongruenza della Gelmini, che non chiarisce le finalità dei test Invalsi: servono per premiare gli insegnanti che conseguono i risultati migliori? Per sapere che le varie scuole producono risultati molto differenti? Lo sappiamo già dai dati Ocse-Pisa. Servono per premiare le scuole migliori? O per sostenere quelle più in difficoltà?
È necessaria una approfondita discussione nelle commissioni parlamentari competenti, sempre negata dal Ministro, perché la valutazione è strettamente interconnessa all'idea di scuola che si vuole realizzare.
A mio avviso, occorre in questa fase scindere la valutazione dalla premialità; il fine prioritario della valutazione, infatti, deve essere quello di evidenziare quali siano i fattori che nelle varie scuole producono i migliori risultati in termini di apprendimento dei ragazzi, al fine di riprodurli e di portare tutte le scuole - tutte e non una di meno - a conseguire quei risultati.
Temo, invece, che il Ministro Gelmini persegua l'obiettivo, da un lato, di mettere la "medaglietta" alle scuole migliori e, dall'altro, di utilizzare i risultati Invalsi come ulteriore occasione per denigrare e indebolire la scuola pubblica, già fortemente impoverita dai pesantissimi tagli e già troppe volte vituperata da chi ne ha la prima responsabilità.
Nel merito individuo nelle prove Invalsi alcuni limiti evidenti che dovranno essere corretti. Innanzitutto i risultati di apprendimento dei ragazzi vengono misurati come tali e non in termini di crescita relativa; e sappiamo bene quanto il contesto familiare, culturale e sociale condizioni il rendimento scolastico dei ragazzi, indipendentemente dalla qualità della scuola in cui studiano. In questo modo risulterebbero danneggiati proprio le scuole e i docenti più meritori, che operano nei contesti sociali più difficili.
In secondo luogo, i test, di cui si è preannunciata una parziale correzione, misurano le competenze dei ragazzi, cioè il saper fare e il saper risolvere i problemi, mentre la nostra scuola insegna prevalentemente conoscenze. Viene, quindi, usato un metro improprio: sarebbe come misurare un liquido con un metro lineare.
Quello che manca - e spetta al Ministro farlo - è la definizione degli obiettivi di apprendimento, cioè che cosa devono sapere e saper fare i ragazzi al termine della scuola elementare, della scuola dell'obbligo e di quella superiore. La scuola, infatti, opera ancora sulla base di programmi. Come è possibile valutare se gli obiettivi sono conseguiti o no, se questi non sono stati definiti?
Credo, inoltre, che sia reale il rischio evidenziato da diversi docenti di insegnare sempre più a rispondere ai test piuttosto che a svolgere la complessità di un ragionamento, mettendone in luce gli elementi di forza e di criticità. In una parola i test possono aumentare pericolosamente la tendenza, già evidente, a eccessi di banalizzazione e di semplificazione, sia del linguaggio, sia del ragionamento.
Nonostante i forti limiti evidenziati, sono convinta che la valutazione sia elemento positivo per la scuola, intesa come luogo dell'educazione e della crescita, non come il luogo di una corsa ad ostacoli, in cui premiare i vincenti ed escludere coloro che cadono.
Per una buona valutazione occorre una grande alleanza con la scuola, un profondo rapporto di fiducia che difficilmente può esistere con un governo ed un ministro che sembrano utilizzare la valutazione come uno strumento per dividere gli studenti tra loro, gli insegnanti tra loro, non comprendendo che la scuola è una comunità educante e che i suoi risultati non sono mai solo il frutto di un impegno individuale.

Mariangela Bastico

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 Stefano De Stefano    - 12-05-2011
Non so se sono abilitato a prendere in considerazione il contributo dell’on. Bastico, perché sono iscritto ai cobas, e, quindi, “ideologicamente predeterminato”. Non sono abilitato neppure ad esprimere un parere sull’idea di scuola in cui poter insegnare, perché questo, benché io sia – o creda di essere? – un insegnante, spetta alle “commissioni parlamentari”. Che la valutazione debba essere scissa dalla premialità, ohibo’, l’ho sempre pensato; ma quando ti trovi davanti un governo che usa la valutazione come clava, neppure tanto surrettizia, per dividere scuole e insegnanti e premiare i fedeli, beh, come si fa ad opporsi? Non potrebbe accadere che l’on. Bastico utilizzi l’efficace opposizione dei cobas – che poi non è dei cobas, si badi, ma di insegnanti e studenti! – proprio per dare argomenti alle sue posizioni, per sostenere, a chiare lettere, che sono bisognose di interventi - cioè investimenti - proprio quelle scuole con i rendimenti più critici? Ma no, sarebbe troppo bello! Eppure gli insegnanti e gli studenti – basta con i cobas cara on. Bastico! – che si sono opposti a queste prove, lo hanno fatto proprio perché le “commissioni parlamentari” fanno acqua da tutte le parti, non se ne è accorta? Questa opposizione alle prove Invalsi non è “ideologica” ma molto pragmatica: i giornali che hanno dedicato attenzione alle prove Invalsi, lo hanno fatto proprio in virtù di questa pragmaticità. E’ proprio triste constatare che una rappresentante dell’ “opposizione parlamentare” sia ancora legata a schemi di lettura della realtà dell’epoca, diceva mia madre, di “checco e nina”.

 Genitori di Padova    - 12-05-2011
PERCHE’ NON MANDEREMO I NOSTRI FIGLI A SVOLGERE LE PROVE INVALSI

Noi genitori dei bambini e delle bambine della V A della scuola primaria “D. Manin” di Padova abbiamo deciso che non faremo fare le prove Invalsi ai nostri figli.

I test INVALSI sono prove standardizzate di italiano e matematica (con risposta a crocette) da svolgersi secondo modalità e tempi rigidamente prestabiliti. A cosa servono? Il ministero afferma che servono a migliorare la qualità delle scuole, molti dicono che in realtà serviranno a tutt’altre finalità, tra cui fare una classifica delle scuole e degli insegnanti.

DICIAMO NO COME GENITORI

- perché c’è un’assoluta mancanza d’informazione alle famiglie: al contrario di quanto avviene normalmente per tutte le attività programmate dalla scuola, dei test non ci sono mai stati comunicati il contenuto, le modalità esecutive e le finalità e anche le insegnanti si sono presentate come esecutrici di compiti prescritti dall’esterno;

-perché le prove non sono anonime: ogni prova è contrassegnata da un codice, che sarà conservato dalla scuola, che identifica l’alunno; tali codici dunque permettono una tracciabilità nel tempo delle prove dei nostri figli;

- perché, oltre ai test, viene chiesto ai nostri figli di compilare un questionario in cui si chiedono informazioni sia sulle risorse disponibili in famiglia (numerosità di libri, disponibilità di un aiuto nei compiti per casa, lingua parlata a casa, ecc.) sia su questioni anche delicate (se hanno subito episodi di bullismo, se vivono più spesso con mamma o papà, ecc.). E’ davvero incredibile che ci venga chiesta l’autorizzazione per qualsiasi tipo di attività proposta dalla scuola (anche una foto di classe) e poi, nel giorno delle prove invalsi gli alunni siano sottoposti a questionari sulla loro vita familiare senza che i genitori ne siano preventivamente informati

- perché questi test creano ansia: i tempi per le prove sono rigidamente prefissati; gli alunni devono fare bene e in fretta. L’ambiente diventa quello da concorso pubblico.

- perché i nostri figli dislessici, portatori di handicap, immigrati, insomma tutti coloro che presentano una qualche difficoltà, diventano invisibili e vengono esclusi dalla rilevazione (i loro risultati non verranno, di norma, conteggiati)

DICIAMO NO COME CITTADINI

- perché questi quiz non hanno nulla a che vedere con la didattica della scuola che conosciamo;

- perché queste prove non possono registrare le capacità creative, le capacità critiche, i pensieri non standardizzati; se i quiz acquistano centralità, finiranno per farla assumere anche alla didattica delle crocette;

- perché i quiz di fatto serviranno a creare una classifica delle scuole e degli insegnanti eperciò spingeranno sempre di più i docenti a modificare la propria programmazione, elaborata sulla realtà concreta della classe e dei singoli alunni, piegandola invece all’addestramento ai quiz;

- perché non è questa la scuola che vogliamo per i nostri figli;

- perché vogliamo una scuola che coltivi l’unicità dei nostri figli, che si faccia carico delle loro difficoltà e delle loro conquiste, una scuola che aumenti davvero la propria qualità e che non finga un sistema di qualità quando nelle classi manca il minimo indispensabile.
Per tutto questo faremo uscire da scuola i nostri bambini alle 10,45 (ora di inizio delle prove) e li faremo rientrare alle 12,00 (ora di chiusura delle prove) nei giorni 11 e 13 maggio 2011.

Alcuni genitori della classe V A della scuola primaria “D. Manin” di Padova

Seguono firme



 Francesco Martino    - 15-05-2011
Due considerazioni veloci: da anni si discute sulle valutazioni o dei docenti o delle scuole (ricordarsi di Berlinguer) ed è difficile distinguere l'ideologia sottesa alla premialità dalle buone intenzioni, perchè sono legate.
Ogni scelta che viene fatta nella scuola è politica e sottende delle ideologie.
Non è un caso che ogni volta che si discute di scuola si sposta l'obbiettivo, in quanto non si parla mai di investimenti e si propone sempre di "premiare i migliori", di valutare le scuole.
Una banale proposta, a costo zero, ma cercare di mettere in relazione le scuole, quelle che hanno fatto le migliori esperienze in termini didattici con quelle che vogliono confrontarsi e capire come sia possibile trasferire le esperienze da una situazione all'altra, quali sono le condizioni che hanno permesso questo e come collegarsi in rete invece di discutere sempre di valutazioni, che hanno sempre dimostrato che servono a classificare e mai a essere riferimento per migliorare la scuola.
Insegno da molti anni in una scuola che è stata sempre considerata un riferimento a livello nazionale per le esperienze che ha portato avanti e ho passato un anno, per mia scelta, in una scuola del Sud.
Mettere a confronto due scuole una del Nord (Torino), con laboratori efficienti e sempre rinnovati, per merito dei dirigenti che hanno sempre trovato il modo di far arrivare finanziamenti, con dei docenti sempre pronti a sperimentare e a proporre soluzioni didattiche, anche grazie alla tecnologia, indistintamente sia le materie tecniche che quelle umanistiche, con una scuola del SUD in cui nell'aula si entrava a malapena in 16 studenti, riscaldate con stufe a rischio di incendio, ma con docenti che ci mettevano lo stesso impegno e la stessa determinazione di quelli di Torino, che senso ha?
Ho trovato colleghi eccezionali in tutte e due le scuole, molti avevano fatto esperienze al Nord prima di tornare al Sud, continuo a lavorare con colleghi che ci mettono il cuore, il sudore per portare avanti una scuola che al Ministero fanno di tutto per distruggerla, per fare scuole di serie A e serie B, ecco vorrei fare una domanda, la scuola è stato l'anello di collegamento tra Nord e Sud, continua ad essere l'unico punto comune del Paese, cosa c'entra il Test dell'Invalsi con una scuola migliore?
Occorre un test per sapere delle differenze tra scuole nello stesso territorio, parlo anche solo di Torino, per sapere che ci sono differenze sul territorio locale e nazionale?
PIccola proposta, anche se demagogica per qualcuno,
ma se i soldi destinati all'Invalsi e a questi test fossero stati destinati alle scuole che non hanno laboratori adatti e continuano a tenere unito questo paese, non ci si guadagnerebbe tutti?
E per finire la Bastico sa che dove ci sono esperienze simili non è che la scuola abbia fatto passi avanti rispetto a quelli che non le hanno.
Forse i test non sono il modo migliore per capire lo stato della scuola, a me sembra di vedere la TV quotidiana trasferita a scuola.
I docenti avrebbero la necessità di essere ascoltati e non di essere giudicati con prove discutibili.
Se certe proposte come queste dell'Invalsi trovano tanti contrari è perchè i docenti sono conservatori e difendono i loro privilegi, oppure sono capaci anche di capire che questi metodi non sono validi?Siamo tutti docenti "incapaci" di valutare quello che ci viene proposto, oppure siamo anche "intelligenti" da capire che quello che ci viene proposto è pura ideologia di "mercato".
Per corretteza, sono un docente Cobas.