Risposta a Caelli Dario** al quale “la sinistra faceva schifo”
Caro Caelli,
le confesso che ho fatto fatica a comprendere quale sia il suo ruolo nella scuola. Che ruolo ha, mi chiedevo, uno che rivolto ad insegnanti dice “voi che operate nella scuola”? E’ Uno che non c’entra? Uno che ti dice: sono altro da voi? La confusione è legittima – mi consentirà - perché poi, Saulo folgorato sulla via di Damasco, lei si include e se ne viene fuori con un familiare “noi insegnanti” che ci fa tutt’assieme colleghi. Lo scrive chiaramente e sgombra il campo da un dubbio. Uno dei tanti, in verità, perché altri ce ne sono sulla posizione che lei assume nei confronti degli insegnanti: non tocca alla scuola “per fortuna”, le scelte corporative, il masochismo, le guerre al cambiamento, il rifiuto di impegno e qualità.
Non c’è che dire. Deve essere davvero frustrante per lei questa sventura che le è accaduta chissà come: lei insegna. Non le chiedo cosa.
Mi chiama in causa, direttamente mi pare e perciò replico, per una considerazione di cui coglie la conclusione ed ignora, temo strumentalmente, la premessa. Posso ripetere.
Io dico: a) ci tolgono la libertà; b) difendiamola; c) se necessario con le armi.
Lei che fa? Mi fa la paternale e sputa il principio etico che le torna più comodo: “Le armi bruciamole, le armi sono solo portatrici di morte. Bell’affare davvero. Ora lei è Gino Strada ed io sono il cacciabombardiere che ammazza la gente.
Bravo Caelli. E però, mi scusi, ma glielo devo dire, lei non ha votato a destra perché - come dice e forse crede – “la sinistra le faceva schifo”. No, lei lo ha fatto perché è di destra. Sic et simpliciter.
Come faccio a dirlo ?
Vuole proprio che glielo spieghi?
E’ questione di valori.
Io sono convinto che la libertà vada difesa in ogni modo, anche con le armi. Lei della libertà non s’interessa, ci passa per sopra e si ferma alle armi.
Valori signor “destro”, valori. Quelli che hanno unito Prodi, Cofferati, Rutelli e, perché no, anche Moretti.
Lei, signor Caelli, imbroglia le carte in tavola, come il suo profeta, il presidente operaio, e poi mi fa la morale. E non si fa. D’altro canto non serve. Che la libertà, lei, prodiano mancato, la ponga sugli scalini inferiori della sua scala di valori, balza in luce meridiana; lei bestemmia e non se ne avvede: "cazzabubbole giornalistiche” le chiama, malaccorto e irridente, le vicende di Biagi e Santoro, che non sono personali, come le andrebbe di far credere, ma emblematiche e collettive. Riguardano la libertà di stampa. Un altro valore che si pone assai in basso nella suo patrimonio di valori.
Non le chiederò, come pure dovrei e potrei, come faccia a conciliare il suo dichiarato pacifismo con le posizioni ufficialmente assunte dai suoi rappresentanti in Parlamento in tema di virtù terapeutiche delle armi che si apprestano ad usare per restituire la libertà ai bambini iracheni.
A quelli – si capisce - che sopravvivranno agli errori delle bombe “intelligenti”. Non glielo chiederò, ma sarebbe bello fosse lei a chiederselo prima d’entrare in classe a parlare coi suoi ragazzi. E sarebbe ancora più bello se lei suggerisse al suo profeta, presidente onorario, amico personale del capitalista Bush e dell’ex sovietico Putin, un bel sondaggio – a lui che di sondaggi s’intende – su ciò che pensano del dono angloamericano (e suo personale, caro Caelli) i bambini iracheni, quelli che languono senza medicine, che muoiono di fame per gli embargo, bambini cattivi che hanno votato in massa per il dittatore Saddam e per giunta sono maomettani e perciò terroristi. Lo suggerisca al suo profeta, presidente operaio. Vedrà che consensi. Un plebiscito.
Valori, amico mio, sulla linea dei valori si attestano contrapposte le nostre armate. Là, su quella linea ormai si combatte. Voi battete in breccia gli avamposti dei diritti. Noi li difendiamo.
La mia strada si è separata da quella del PCI nel 1968, quando carri fascisti con la stella rossa entrarono a Praga. Ma non ho cambiato idea. Credo che nella storia del lavoro e dei lavoratori si possano trovare i cromosomi, il DNA dei “destri” e dei “sinistri”; si tratta di una storia che lei conoscerà certamente meglio di me, ma ne ripercorro ugualmente alcune delle tappe per il suo profeta, presidente operaio, compagno di craxiani e socio di Bossi e Fini, il diavolo e l’acqua santa uniti dalla sete del potere.
In sintesi.
Nell’Italia postunitaria si lavorava per 365 giorni all’anno. Dodici ore ogni giorno per tutta la vita dai sei, sette anni. Così andava bene alla destra. Furono quei maledetti internazionalisti, anarchici e socialisti, a chiedere che si cambiasse. A causa di simili mascalzoni, quei poveracci di Crispi, Rudinì e Pelloux - i presidenti operai dell’età liberale – furono costretti a regalare secoli di galera e di domicilio coatto, e razioni abbondanti di piombo nelle piazze ai lavoratori che protestavano (c’era anche allora un problema di no global ed anche allora la gente pensava che un mondo diverso fosse possibile).
Incontentabili, quei gaglioffi di riformisti – allora la linea era assai netta e la destra “tornava allo Statuto”, mentre la sinistra voleva le riforme – cominciarono a chiedere leggi sociali ed il suffragio universale. Anche in questo caso i no della destra (siete pazzi? la gente è ignorante, ci affidiamo alla teppa e far votare le donne sarebbe un sacrilegio) furono decisivi e si giunse al compromesso: assieme alla destra dei galantuomini votarono anche quei pezzenti dei lavoratori maschi. Le donne rimasero fuori. Bastarono poche consultazioni elettorali e fu la fine: poiché la teppa otteneva sempre più deputati in Parlamento – fu necessario un correttivo. Dovendo scegliere tra i rischi che correva il profitto e le libertà striminzite dello statuto albertino, la destra non ebbe dubbi: meglio il profitto. E ci regalò Mussolini. La sinistra si oppose: Matteotti fu accoltellato e mio nonno - che non era Matteotti – morì all’estero dov’era fuggito, per sfuggita di gas, ma i fascisti non seppero mai dire dov’era stato sepolto.
Venti anni sono lunghi ma passarono. Gli angloamericani, che avevano conti da regolare, ci riempirono di bombe – bombardamenti terroristici si disse all’epoca – e ci regalarono la libertà (la mia Napoli in verità ce l’aveva gia fatta da sola, prendendo a pedate nel sedere fascisti e nazisti). Una libertà condizionata, s’intende: disarmare i partigiani, cacciare dal governo la sinistra, entrare nella NATO, dire sempre di sì agli americani ed altre sciocchezze del genere. Così ci salvammo da Stalin: giurando di ubbidire ciecamente alla bandiera a stelle e strisce. La destra esultò, i fascisti uscirono dalle fogne e si riciclarono e i banditi della sinistra furono messi alla porta.
Il resto è storia di ieri e sta sotto gli occhi di tutti: oggi la destra trionfa e si accinge a consentire il licenziamento senza giusta ragione.
E’ vero. C’è chi a sinistra ha rinunciato a pensare, ha svenduto idee, storia e valori.
Bocchi, che lei tanto critica per il suo articolo, Emanuela Cerutti che glielo ha fatto passare, io, che l’ho commentato favorevolmente, e tanti altri come noi, ricordiamo alla sinistra cosa è e cosa rischia di diventare. Pensiamo e critichiamo. Lo facciamo con tutti: con la destra e con la sinistra. Forse questo nelle sua scala dei valori sta all’ultimo posto. A noi invece sembra una ricchezza cui non è possibile rinunciare.
Ecco la differenza tra noi. Lei che rappresenta alla perfezione – e forse non lo sa – il suo profeta e presidente operaio.
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(Dario Caelli ha commentato l'articolo I Vandali)
Antonio Condorelli - 08-11-2002
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A questa destra che sgoverna mancano valori di rifìerimento. E quello che dice di avere negano i valori degli altri o ne prendono in prestito.
Io non sono questo e non sono quest'altro. Quando prova a presentare finalmente una carta dei valori ecco apparire Bossi col suo razzismo padano, Buttiglione col suo Stato clericale, Fini con la spocchia saccente dell'ultimo arrivato che non sa che vuole: non sa che dire, ma usa parole ponderate, per mostrarsi uomo di Stato. Ma quale Stato? Questo non dice: euro fascista.
Sono d'accordo con Aragno, che oppone valori. E' questa la sinistra. Dica la destra chi, ma senza nascondere il nulla dietro lo "schifo" della sinistra. |
Caelli Dario - 01-02-2003
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Rimango sconcertato. Comunque se la sinistra è per le armi e per la guerra civile e pensa di essere in un regime uguale a quello del ventennio fascista, che faccia la resistenza.
Io penso che le libertà fondamentali non siano oggi più violate di quanto non siano se nella scorsa legislatura.
Se poi il presidente operaio o più semplicemente Berlusconi alle prossime lezioni verrà battuto o non si presenterà per problemi giudiziari non ne farò certo un dramma. Anzi lo considero un passaggio necessario per l'attuale centrodestra, se questo vuole diventare un vero partito politico e non solo un movimento alla ruota di un personaggio pubblico, potente e ricco.
La sinistra poteva diventare una forza progressita e più orientata verso il centro, ma lo sforzo mi pare sia fallito, prima con la bocciatura di Prodi, operata da Bertinotti e avvallata dai DS, poi con le polemiche e la mancanza di sintonia con Rutelli.
La sinistra che cede alle sirene di Cofferati, Moretti, Bertinotti, non ha davanti un futuro interessante.
L'Ulivo è un progetto che io ho amato, votato e visto morire, soffocato da nuove tendenze e dalla nascita della Margherita. L'Ulivo diviso da chi doveva operare per l'unione.
Quanto all'uso delle armi io lo considero sbagliato per principio. Non ero avorevole alla guerra in Afghanistan, anche se la liberazione dai talebani può essere l'inizio per un processo di liberazione del popolo afgano. Sono contro la guerra contro l'Iraq perché non ha alcuna motivazione etica. La guerra preventiva per me non è motivabile, mai!!! La guerra civile, il terrorismo, le guerriglie sono delle piaghe gravi che purtroppo affliggono già molti paesi, soprattutto in Africa e che ogni anno uccidono milioni di persone. Io non me la auguro!
Quanto al mio ruolo nella scuola. Sono insegnante come lei, come coloro che ci leggono. Non ho paura delle mie opinioni anche se vanno contro le opinioni di altri. Le esprimo, liberamente, come voi. Se non mi è concesso, se su questo spazio di democratica aprtecipazione non c'è più posto per me... allora me ne torno nel silenzio. Leggo, penso... e mi tengo per me le mie considerazioni. Io avevo un idea diversa di democrazia... |