Tra i banchi si costruisce l'unità
Gianfranco Pignatelli - 16-03-2011
La scuola è la trincea intorno all'unità nazionale. È il solo ed ultimo baluardo del comune senso d'appartenenza.
Non a caso è assediata da chi vuole disgregare il Paese. Da chi all'idea di comunità e al valore della solidarietà contrappone quelli della astiosità settoriale e della avidità personale.
In tal senso il disegno strategico dell'attuale governo è chiaro e mirato. Attaccare la scuola pubblica, quella di tutti e per tutti, uguale dovunque e, per questo, collante nazionale.
Denigrarla, delegittimarla e ghettizzarla, come istituzione.
Tagliare le risorse umane, strumentali, funzionali ed economiche. Linciare i docenti, limitarne la liberta d'insegnamento, precarizzarli, inibire la mobilità territoriale di ciascuno.

In sintesi, destabilizzare la scuola statale, eterogenea e plurale, equivale a neutralizzare il solo istituto in grado di contrapporsi all'educazione dell'egoismo e dell'ingordigia, della prevaricazione e delle diseguaglianze, quelle basate sui privilegi sociali, sulle disparità di censo, casta, razza, religione e provenienza.

Questo governo, non a caso, adotta per la scuola statale una politica punitiva e nasconde dietro l'ammiccante neologismo della sussidiarietà l'intento di subappaltare l'istruzione pubblica ai privati.
Così l'istruzione smetterebbe di essere servizio sociale, emblema di unità, per diventare un costo individuale per alunni e famiglie, ma anche un business e uno strumento di addomesticamento educativo.
Una scuola riservata a pochi e non a tutti, a chi sa e ha di più e, definitivamente, preclusa a chi sperava di progredire ed integrarsi. In sintesi, si trasformerà in una scuola classista e razzista di un Paese disunito e diminuito.

Un esempio? La chiusura delle scuole di base nei piccoli centri, quelle che rappresentavano i soli avamposti d'identità e legalità presenti sul territorio, le uniche istituzioni di uno stato davvero unitario.


interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf