Gatti e topi
Giuseppe Aragno - 12-03-2011
Si dice - e l'attenzione va alle prove Invalsi - che "il test è uno strumento di indagine finalizzato a rilevare dati oggettivi". Si aggiunge, con rivelatrice "prudenza difensiva" - che è vero, sì sono strumenti "poveri" e ce ne sono di più "ricchi". I "reattivi, le conversazioni mirate, certi tipi di questionari, gli elaborati scritti. Nasce così il paradosso di un riconoscimento che afferma e nega: ci sono strumenti "ricchi" ma scegliamo quelli "poveri". Perché? Anacronistica passione proletaria? Evidentemente no. Nobile o ignobile, sono punti di vista, la ragione è un'altra. E' che la Costituzione, sputacchiata in tema di privatizzazione del sistema formativo, guerra, uguaglianza di fronte alla legge, libertà di stampa, opinione, ricerca, diritto allo studio e chi più ne ha più ne metta, la Costituzione formalmente c'è, esiste ancora e, se qualcuno ne ha bisogno, la tira in ballo per sostenere tesi peregrine, allinearsi al potere e far la guardia armata del "pensiero unico". Quel pensiero che sottende il sedicente "mondo globalizzato" e tiene insieme, di volta in volta, senza problemi di comune senso del pudore, Gheddafi e Berlusconi, la "democrazia" di Obama e il cinese disprezzo dei diritti umani.

La Costituzione, quindi. Ecco la colpevole del paradosso! I test Invalsi non hanno grandi pretese, ma c'è un obbligo: "verificare". Cosa? Se si sono raggiunti finalità e obiettivi prescritti da Indicazioni nazionali e norme generali pubblicate dal Miur, il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, non più pubbliche, ormai, ma qui siamo permissivi e della Costituzione antifascista ... ce ne freghiamo. Lo prescrive e fa comodo stavolta rispettarla.
Si sussurra anche, ma puntuali piovono smentite, di utilizzazioni politiche improprie, che starebbero a cuore alla tecnocrazia: valutare scuole e docenti come fossero aziende e "quadri", a fini retributivi, dividere i fedeli dagli infedeli al verbo del Capitale, "orientare" l'insegnamento verso "obiettivi formativi" cari a Confindustria e in linea con la mercificazione del sapere che impazza nel letamaio nobilmente etichettato come "Unione Europea". Che dire? Sarebbe auspicabile, anzitutto, una verifica della competenza del Ministero, ma qui la docimologia fa posto alla politica e conta solo il consenso, che, tuttavia, non è sinonimo di competenza.

Certo, una verifica nazionale delle competenze, che non sia decontestualizzata, che punti ad accertare, in primo luogo, se stiamo tirando su intelligenze critiche e cittadini che non si rivelino poi "bestiame votante", che investa più risorse, dove più si registrano insuccessi e problemi, una verifica nazionale di questo genere sarebbe non solo necessaria, ma auspicata da tutti gli insegnanti degni di questo nome. E sono la maggioranza, checché ne pensino Gelmini, Brunetta e Berlusconi. La resistenza non nasce dalla volontà di chiudersi in classe e fare da riferimento di se stessi. Si chiedono, piuttosto, verifiche che non abbiano fini aziendalistici, non accertino semplicemente il numero di chi sa quanto fa due più due, ma mostrino anche quanti hanno capito che la somma di due asini e due gatti non fa quattro. Verifiche che riconoscano il valore "relativo" di un risultato, perché, teorie a parte, che due più due faccia o no quattro, una cosa è che risponda bene il figlio d'un analfabeta, in una classe piena zeppa d'immigrati abbandonati a se stessi, in una scuola fatiscente che non ha un soldo da spendere, un'altra che risponda - o non risponda - chi alle spalle ha famiglia colta e benestante, in una classe "equilibrata", con un "numero di problemi" e un rapporto numerico docenti-studenti accettabile, in una scuola attrezzata che ha risorse da investire.

A Scampia, terra di camorra, il gatto non esiste, c'è la "iatta", femminile che comincia per i, e il topo si chiama "zoccola" maschile che comincia con zeta. I maestri, meglio se non "unici, "creeranno" gatti e topi in un percorso che non si misura coi parametri della "Milano bene". Se l'Ispettore o l'Invalsi di turno si presentano a metà del percorso, coi loro test sul gatto e sul topo e, come accade talvolta, con le domande "à la page" sui colori dei pois della cravatta di papà, il risultato è uno e già noto e la domanda antica: chi custodirà i custodi?. Tra ragazzi e docenti, a Scampia, ci sono intelligenze lucide e valorose. E' mancato sinora lo Stato. Se ora, si presenta per "verificare", benvenuto. Nessuno ricordava più che esistesse, ma va bene. Per favore, però, prudenza e umiltà. Non sono i gradi a fare i buoni generali.
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 Marco Tutema    - 13-03-2011
Molto condivisibile.

 Paolo Buccheri    - 14-03-2011
Piuttosto ardita e molto fuori posto la metafora "bestiame votante", che, se capisco bene, indicherebbe tutti quelli che non hanno votato a sinistra con noi. (Lasciamo da parte che non sappiamo definire un programma che sia credibile bandiera elettorale... troppo lungo il discorso).
Una verifica attenta ai risultati veri della scuola sarebbe condivisibile da tutti i docenti," degni di questo nome": ti sei, con abile prudenza, costretto a restringere il corpus...
In effetti la gran parte dei docenti non costituiscono tuttora "Le vestali della classe media", come recita il titolo di un famoso libro di Guido Calogero? E quindi , ad essere generosi, non diffondono conformismo, non educano a questo più che all'intelligenza critica come, a ragione, ci si deve attendere?
Che la ministra abbia scelto mezzi poveri per realtà povere?(Ci si può, comunque, attendere un sussulto
di intelligenza?!)

 Giuseppe Aragno    - 15-03-2011
La metafora “piuttosto ardita e molto fuoriposto” non è mia. Ho preso in prestito parole di Antonio Labriola, un grande filosofo. Le scrisse a fine Ottocento. Non si riferivano - e non si riferiscono – a “quelli che non hanno votato a sinistra con noi”, ma ai tanti, tantissimi elettori che una sedicente “democrazia” disinforma, inganna e riduce a “massa di manovra”.
Di “vestali della classe media” si parlava, e giustamente, negli anni Sessanta del secolo scorso. E’ trascorso più di mezzo secolo. Il mondo è cambiato più volte. Cambiata è la gente, cambiate le categorie, le funzioni sociali. Nel bene come nel male, questa non è l’Italia di Calogero. In quanto alla “ministra”, non ha scelto nulla. Non avrebbe potuto: non sa di che si parla e non ha strumenti culturali per capirlo. Firma carte.

 Paolo Buccheri    - 15-03-2011
Pur condividendo le tue analisi su sedicente "democrazia" e su elettori ridotti a "massa di manovra", contesto l'uso del "bestiame votante"(anche se nobilitato dalla esplicitazione delle sue origini). Mi pare serva più a dividere che unire...
Malgrado i tanti cambiamenti di cui parli, posso testimoniare che è, tuttora, molto difficile incontrare docenti tesi demiurgicamente a creare
intelligenze critiche.

 Marco Tutema    - 15-03-2011
Si vede Buccheri, che ce l'hai con gli insegnati, ma con questi tuoi commenti da provocatore, testimoni solo una cosa: i tuoi docenti non hanno fatto nulla per creare intelligenze critiche e se poi ci hanno provato, erano davvero degli incapaci!