Il precario itinerante
Francesco Paolo Catanzaro - 25-10-2002
Fra gli operatori scolastici una species in continua proliferazione è quella del “praecarius disillusus”. E’ presente in ogni istituzione scolastica e, molto spesso, anima l’anno scolastico con la sua fantasia e spontaneità. Ogni anno riceve il suo bell’incarico dal C.S. A. e comincia a viaggiare nella provincia, sballottato da un posto all’altro,e quando la sua cattedra è orario figura in due o più scuole, abituandosi a scoprire due o più facce della sua personalità con l’adattamento ai diversi tipi di ambiente e contesti sociali.
Bazzica spesso nelle paninerie occasionali perché non ha mai la possibilità di ritornare a casa, vista l’enorme distanza della sua sede di servizio, dovendo svolgere i suoi impegni extrascolastici, di tempo prolungato, consigli, collegi e ricevimenti vari.
E se gli va bene si becca una gastrite quando i panini che gli rifilano sono fatti con insaccati non sempre freschi o al limite un’intossicazione che gli scatena un mal di testa, ma un terribile mal di testa, che può durare anche parecchi giorni.
Ma lui non demorde!
Si accampa nella sala professori quando collassa momentaneamente nella pennichella post- pranzo. E sogna, sogna una migliore qualità di vita in servizio. Sogna, docente, sogna…
Si muove solitamente in branco per acquistare il pranzo e si conforta con i colleghi, socializzando le sue avventure del passato, le sue esperienze pregresse, riscoprendo le stesse paure , ansie e preoccupazioni nei pensieri e negli occhi dei propri simili.
Fa collezione di abilitazioni all’insegnamento, si aggiorna continuamente ed ammortizza il suo spirito di conquista, accogliendo speranzoso anche l’ultima abilitazione che in realtà gli manca, promessa da assessori e ministri di turno: trasformarsi da docente della propria materia in docente specializzato per il sostegno della sua eterna condizione .
Intanto gli anni passano e qualcuno gli fa notare che i suoi capelli hanno cambiato colore, il suo sorriso si è quasi spento. Ma tutt’ad un tratto un lampo, un bagliore illumina i suoi occhi. Se tanti anni di precariato sono passati , forse il tanto agognato passaggio in ruolo sta per arrivare. Si ripromette di acquistare un nuovo abito con il prossimo stipendio. Hai visto mai!
E’ dunque finito il tempo di rimanere in affitto in una casa stretta e poco confortevole? Finalmente quel tanto odiato direttore di banca gli potrà concedere un mutuo per acquistare una casa, la casa dei suoi sogni, per il benessere di sé e dei suoi familiari?
Ma l’arrivo di nuovi e giovani colleghi con un’abilitazione superpremio, una specializzazione nuova, frantumano i sogni del precario storico.
Un nuovo ministro, a dispetto di quello precedente che aveva un’altra confessione politica, ha regalato un premio in più ai precari di nuova generazione e con ciò lo hanno scavalcato in graduatoria.
Invece di raggiungere la sudata sistemazione del suo status, rischia ora di non vedersi affidare neanche l’incarico per il prossimo anno scolastico. E cade in uno stato depressivo. Cosa sono serviti tutti i suoi sacrifici? Cosa è servita una vita di precario se poi ti puoi ritrovare disoccupato?
L’esperienza non vale secondo il nuovo ministro. Ed invece di portar uno stato di Letizia s’aggrava la condizione di precarietà come in una trincea della scuola contemporanea.
“ Si sta come d’autunno le foglie”.
Precario sei e per tutta la vita lo sarai, sembra dirci il Ministero!
Anche se la tua collezione di abilitazioni si è completata, se l’album delle specializzazioni ti accompagna nella tua carriera ora tutto è messo da parte da un provvedimento ministeriale che dà più valore ad una specializzazione ottenuta versando delle tasse universitarie che a quella ottenuta con il sudore e la fatica dell’esperienza sul campo.
Non vale un bonus di 30 punti in più che deve essere aggiunto agli anni di servizio prestati contemporaneamente al periodo di specializzazione. O almeno che venga computato allo stregua di tutte le altre abilitazioni cioè 3 punti.
Forse così si accontenterebbero tutti ed anche i colleghi più giovani riconoscerebbero l’importanza del servizio prestato in campo dai colleghi più anziani.
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 Rossi Giusseppina    - 28-10-2002
Il punteggio che viene assegnato agli abilitati al SISS è una vera presa in giro per noi della "vecchia" generazione. Nessuno fa niente?