Cara TV, quanto sei cara
Gianfranco Pignatelli - 05-10-2010
C'è Cassano e Cassano. Il primo, tonico e spettacolare, l'altro obeso e inguardabile. Così come c'è un Cambiasso serio ed un altro faceto. E questo vale anche per Legrottaglie e Pato. E così via, di spot in spot. Quelli che hanno imperversato per tutta l'estate cercando di conquistare i patiti di calcio e cinema. La pubblicità era chiara: c'è una pay tv completa e di maggiore qualità e una che non lo è. E allora quest'ultima che fa? Semplice. Promette uno pseudo sconto. Sì, ma in buona parte azzerato da una incomprensibile quota di attivazione che la reclame non dichiara. E così, in tempi di crisi, c'è chi mette da parte furore ideologico e livore politico e, turandosi il naso, sottoscrive il contratto Premium per un costo complessivo, decoder compreso, pari al triplo di quello Rai. In tal modo, ci si ritrova a pagare un doppio canone per le due tv berlusconiane: quella privata e quella, cosiddetta, pubblica. Quest'ultima, si sa, è incettata, quasi in toto, da giornalisti scendiletto e soubrette sopraletto. Su tutto impera una perenne reclame di questo o quel ministero e, naturalmente, del premier. A questa pseudo tv se ne accosta, per concessione usurpata, un'altra privata fatta in prevalenza di pubblicità, interrotta, sporadicamente, da spettacoli d'intrattenimento di varia specie e bassa qualità. Per giustificare quest'eccesso di interruzioni pubblicitarie, il gestore privato obietta che la Rai conta su un canone che la sostiene mentre la tv privata deve autofinanziarsi con la propaganda. Insopportabile ma ineccepibile, non c'è dubbio. Ma allora, perché mai una pay tv, con un canone triplo, manda in onda pubblicità prima, durante e dopo ciascun evento?

In sintesi: la qualità non è alta, il prezzo non è modico, la pubblicità è comunque invasiva, le partite non ci sono tutte e i film sono assai datati. Dunque, è proprio vero. Stavolta, la pubblicità dice la verità: c'è Cassano e Cassano. Tasche e furbi, invece, restano sempre gli stessi.

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