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Kichwamaji
Nino Vessella - 19-10-2002
Uscito nel 1974, è il secondo romanzo di Euphrase Kezilahabi, uno dei più giovani e più importanti scrittori contemporanei swahili , e rivela già la piena maturità artistica dell'autore. Vi è evidente una forte componente autobiografica: si ricordi, fra l'altro che il titolo ed epiteto del protagonista è stato un suo pseudonimo.
Il protagonista Kazimoto, studente universitario e futuro insegnante, è un intellettuale che ha perso il contatto con la sua società d'origine: il villaggio nativo, in cui si sviluppa la maggior parte del libro durante alcuni suoi mesi di vacanza. Il villaggio è un miscuglio di ostilità fra famiglie, spiriti, pettegolezzi, problemi familiari, faccende amorose, morti misteriose, ecc. ed è difficile riassumere il libro in poche frasi.
Arrivato a casa per le vacanze Kazimoto deve soddisfare le attese della sua famiglia. deve discolpare sua sorella (Rukia) dall'accusa di amoralità, deve proteggere la casa contro strani spiriti notturni, deve amoreggiare con la figlia della vicina (Vumilia e Tegemea), deve essere da modello a suo fratello (Kalia). È sconfitto in ogni cosa, non appartiene più al modo di vita tradizionale del villaggio. I suoi piuttosto rozzi e irresponsabili tentativi di mettere le cose a posto sfociano tutti in disastri.
La tragica morte della sorella Rukia - sedotta e abbandonata dal suo amico d'infanzia Manase - e la conseguente morte della madre suscitano in lui sentimenti di vendetta. Egli si vendica dapprima bruciando la capanna di kabenga (il padre di manase), poi seducendo la sorella di lui, Sabina.
Il fratello di Kazimoto, kalia, trovatosi fra la tradizione e la vita moderna, fra lo stile di vita dei suoi genitori e quello di Kazimoto, può prendere solo quest'ultimo come suo ideale, visto che i genitori non possono educarlo in ambedue i modi di vita. Ma Kazimoto non riesce a prendere seriamente questo compito e le conseguenze sono disastrose per il fratello.
Alla fine Kazimoto si rende conto di appartenere alla sradicata ed istruita "èlite". Si riconcilia con il suo antico nemico, il Commissario Distrettuale Manase, sposa sua sorella Sabina che è un'insegnante e di cui scopre di essersi innamorato, e lascia il villaggio a se stesso.
Dopo il matrimonio la felicità di kazimoto e Sabina s'infrange bruscamente quando il loro figlio, atteso con molta trepidazione, muore alla nascita. Kazimoto viene a sapere da Manase che la colpa è della sua relazione con una prostituta (Pili) la quale gli aveva trasmesso una malattia venerea. Malattia che anche a Manase e Salima aveva portato un figlio dalla testa sproporzionatamente grande e che viene presentata come un simbolo della decadenza del loro stile di vita risultante dall'influsso 'occidentale’.
Già depresso e tormentato dai rimorsi per la morte del fratello che aveva rovinato con il suo cattivo esempio, kazimoto non sopporta quest'altra sua colpa e con uno sparo pone fine alla sua vita, che giudicava inutile, anzi dannosa.
Il libro è violento e cruento. Tuttavia, spesso è molto divertente ed è facile per un alienato identificarsi con kazimoto in molte scene. Le parti più simpatiche del libro sono le vivide immagini: la bevuta di alcolici nella notte, le vecchie donne (Tegemea e Tuza) che lasciano il villaggio e vanno in città per vedere se tutto va secondo le regole quando il primo figlio di Kazimoto e Sabina sta per nascere, la fila delle persone in attesa fuori dell'ufficio del Commissario Distrettuale.
Il racconto pacatamente delinea di pagina in pagina il profilo e il dramma dell'emblematico protagonista il quale esprime dubbi ed ansie dei molti giovani africani che hanno assorbito la 'cultura occidentale’ al punto di non riconoscere più come propri i valori tradizionali.
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