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Viterbo: apologia di fascismo e disprezzo per le donne in via Saffi
Silvio Antonini - 04-08-2010
Passando per la centralissima via Aurelio Saffi, per la precisione dinanzi al n. civico 98, non si può non notare la vetrina di un negozio di souvenir e oggettistica di recente apertura: Stazione giovani. Vi fa bella mostra, con tanto di manichino, un grembiule con un Mussolini in posa aggressiva e la didascalia "Statista, 1883-1945". Sullo sfondo t-shirt e altro abbigliamento inneggiante al ventennio e alla repubblica di Salò. Certo, gli esercenti in questione non hanno mancato di esporre, in un angolo, la paccottiglia con il ritratto di Che Guevara, come se il problema, eventualmente, fosse di par condicio.

Che dei commercianti, con la scusa del collezionismo e con la foglia di fico dell'ironia, si arricchiscano esponendo mercanzie inneggianti al nazifascismo per cui dovrebbero essere perseguiti alla sola esposizione, non è cosa nuova, soprattutto a Viterbo. Ma in questo caso non ci si limita alla mera, per quanto ostentata, apologia di fascismo. La vetrina si completa, infatti, con altre t-shirt con motti ripugnanti quanto insensati, tipo "Donna + lavatrice = danno il meglio a 90°" e una targhetta a ventosa recante la scritta "Che abbia tette o ruote, darà gli stessi problemi".

Il negozio, in una strada di intenso traffico pedonale, non può essere passato inosservato, per mesi, agli occhi delle forze dell'ordine e soprattutto agli amministratori di un Comune che, tra l'altro, ha aderito al codice di autoregolamentazione contro la pubblicità offensiva nei confronti delle donne. Forse questo codice non include le merci?

Ad ogni modo, la presenza di una vetrina così allestita, in una via per giunta intestata al triunviro della Repubblica romana - esperienza fondamentale per il progresso democratico dell'Italia - non si addice ad una città che ambisce a definirsi civile.

Silvio Antonini
Segretario e Portabandiera
Anpi Cp Viterbo


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