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La scuola è finita
Nazione Indiana - 03-06-2010
Cari Amici e Amiche di Nazione Indiana,

Vi mando queste poche righe che ho pubblicato ... [il] 30 aprile, sulla Stampa di Torino. Sono scritte per il lettori di quel giornale, e in poco spazio. Ma credo che il tema del degrado della scuola causato dal ministro Gelmini e da questo governo sia molto grave. Tutti quelli che hanno figli a scuola lo toccano con mano ogni giorno.
Il mio articolo è davvero poca cosa, ma dice una cosa concreta, a partire dal caso del Liceo Keplero di Roma.
L'opposizione fa qualcosa per questo?
Mi pare di no. O se sì, non abbastanza.
Perché non usare il web per lanciare una proposta di mobilitazione, scuola per scuola, di fronte a questa situazione?
Nazione Indiana può fare qualcosa?
Tocca a noi reagire e non accettare passivamente quello che accade Come un destino ineluttabile: non ci sono soldi...

Un caro saluto
Marco Belpoliti

La qualità costa. Lo sanno i produttori di automobili e come quelli di vino, i centri di ricerca sul cancro come le scuole. Il preside Antonio Panaccione del liceo Keplero di Roma ha scritto al ministro Gelmini per rappresentarle una verità elementare: per avere dei buoni risultati bisogna investire tempo e denaro. La scuola non è un'azienda, ma qualcosa di più complesso; se le si tolgono investimenti, i risultati non arrivano. Panaccione lo spiega cifre alla mano: un tempo riceveva dallo Stato 600 mila euro l'anno, ora gliene arrivano 130 mila. Non c'è un euro per i corsi di recupero di cui avranno bisogno la metà dei suoi studenti. Che fare? Dice il preside: o tutti bocciati o tutti promossi.
La riforma Gelmini appare perciò come una controriforma: a diminuire; e in prospettiva, a perdere, là dove invece in tutti i paesi del mondo industrializzato, in Europa come in Asia, oggi s'investe sulla scuola. O forse il ministro punta in questo modo a spostare il problema sulle famiglie? Al posto di corsi di recupero, lezioni private, magari pagate in nero. Per chi può; gli altri amen. La scuola italiana rischia sempre più il collasso e la riforma ci fa tornare alla caricatura del Sessantotto, a quel detestabile sei politico che tutti rifiutano come livellamento verso il basso di ogni possibile eccellenza. Il preside Panaccione lo preannuncia come unica, provocatoria soluzione per i ragazzi del Keplero. Andate promossi, i soldi non ci sono più. Ite missa est.


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 Fuoriregistro    - 03-06-2010
Qui si fa quel che si può per non reagire passivamente...certo, lo dice bene Oliver in un commento...siamo sicuri che agli insegnanti interessi davvero qualcosa? O l'importante è tirare a campare, arrivare al 27, magari sperare di smenarci il meno possibile o sognare i pochi paradisi a disposizione (distacchi, incarichi, dottorati, estero, ...), comunque non perdere troppo tempo sulle questioni di principio? Perchè questo è il punto: siamo sicuri che davvero sarebbero arrivati a far fuori la scuola, pubblica, s'intende, se tutti, ma tutti, ne avessimo difeso proprio i principi prima che la perdita del portafoglio fornisse alibi e ragioni? Grazie comunque per lo stimolo...la speranza è l'ultima a morire...