Nelle banche, sulle quali marciano - per ora, si direbbe, disarmate - le bande in divisa verde guidate da Bossi e Cota, vige la regola aurea del "
contributo spese" che - ignobile scialacquo! - consente all'impiegato di trovar casa senza svenarsi per tener dietro al principio dell'efficienza. Mai nessuno, per ora, in nome della "
qualità", s'è mai sognato di lasciare a casa chi abbia esperienza e "
numeri" professionali in omaggio alla colta dottrina leghista che, detta così, alla buona, nell'Europa senza confini, si riduce paradossalmente al classico e un po'
demodé "
mogli e buoi dei paesi tuoi".
"
Principessa del merito", l'efficientista Gelmini, avvocato padano targato Calabria, per ottenere la "
qualità" nelle scuole della Repubblica, ha invertito il principio: a decidere del merito, in tema di formazione, non è più il valore del lavoratore ma, incredibile a dirsi, la sua residenza! Lo scopo è chiaro. Poiché è dal Sud che si sale a Nord in cerca di lavoro, a partire dal 2011, un mediocre
indigeno leghista" avrà precedenza assoluta sul migliore dei docenti delle colonie meridionali, col risultato che la celtica Padania realizza l'evangelico principio per cui "
gli ultimi saranno i primi". E, vivaddio, beati i poveri di spirito.
Se l'opposizione continua a dormire non c'è più a che santo votarsi e il "miracolo", se così può chiamarsi, può venire solo dal campo del "nemico". Può darsi che sia vero. Il "
comunista" Fini, cha ha mille colpe e infinite resposabilità, non fa una battaglia puramente personale e, in ogni caso, agli ex camerati glielo spiega da tempo con la chiarezza dell'abbecedario: a tutto c'è un limite. Il paragone sembrerà azzardato, ma ha un suo fondamento. Passato nel campo liberale, l'ex delfino di Giorgio Almirante ragiona come Giolitti faceva con Crispi, Pelluox e Rudinì: se la politica non sa far altro che scatenare guerre tra i poveri e utilizzare la forza dello Stato a difesa esclusiva dei privilegi d'una minoranza contro i diritti della stragrande maggioranza dei lavoratori, non si va lontano. Ed è facile capirlo, sembra dire: dietro la crisi economica c'è lo spettro di quella istituzionale e, peggio ancora, di uno scontro sociale dalle dimensioni e dagli esiti imprevedibili. Sia come sia, checché pensi Fini, la politica muore di tatticismo se un miliardario che governa e può comprare tutto facilmente, trova immediatamente chi si vende; la politica muore se milioni di cittadini si riducono a stupidi serpentelli intorpiditi da un pifferaio e il paese naviga nella burrasca, macchine avanti tutta, la prua verso gli scogli.
La scuola che la Gelmini costruisce è quella di Adro: abbandona al suo destino i bambini poveri di ogni sud, marocchini e sudici terroni, e chiarisce il principio etico cui s'ispira l'avvocato più o meno calabrese, eseguendo ordini di cui non ha i mezzi per cogliere l'obiettivo: "
divide et impera". E' in nome di questo ethos che si tagliano al Sud il doppio dei posti di lavoro del nord e del centro messi assieme e, con la crescente miseria prodotta nel Mezzogiorno, si pensa di affrontare la crisi del "
miracolo padano". scatenando un'ennesima guerra tra i poveri. Ma c'è di più. C'è un assaggio di "
federalismo" e si capisce bene ciò che accade: da minaccia armata, il secessionismo diventa rapina legalizzata.
Chi ha memoria ricorda: barbari di questa pasta ci condussero al 25 aprile.